Siamo arrivati alla terza ed ultima parte della Masterclass di Gianfranco Rosi al BIF&ST 2021. Dopo aver parlato del suo documentario forse di maggior successo Notturno e della sua carriera in quest’ultima parte parla del documentario in Italia e delle nuove generazioni di registi.
Gianfranco Rosi: l’esperienza estrema di El Sicario
Il regista racconta la genesi del film El Sicario, un’altra esperienza estrema che è nato dal rapporto con Charles Bowden e dalla lettura di un’intervista con un sicario che è diventato un film girato in soli 3 giorni
La nuova generazione di registi di documentari
Gianfranco Rosi ha un po’ fatto scuola e molti registi come Roberto Minervini, con il quale ha un bel rapporto, o Pietro Marcello seguono le sue orme
Io vorrei che ci fossero tantissimi registi come me perché più ce ne sono più questo cinema viene accettato. Io credo che in Italia ci siano tanti registi che stanno facendo questo tipo di lavoro, molto più che in altri paesi.
Il documentario è cinema. Mi ricordo quando vinsi il Leone d’Oro a Venezia che ci fu una catastrofe. Si può dare un Leone a chi non ha mai diretto un attore o scritto una sceneggiatura? Lo stesso capitò quando si candidò il film agli Oscar. Ultimamente invece vengono candidati tanti documentari. Per me non ha senso questa divisione tra finzione e documentario.
Ben vengano i registi che fanno documentari, solo così si può contrastare il ‘mondo Netflix’. Con il documentario lo sguardo d’autore si impone a quello da piattaforma. Il mio film è uscito in Francia con grande fatica ma resiste.
Andate al cinema e vedete questi film, solo così il cinema può sopravvivere all’avvento delle piattaforme, è veramente un atto di resistenza alla pigrizia del divano.
In Francia che è la mecca del cinema c’è il 60% in meno di spettatori. Non so se è perché il pubblico si è abituato a vedere i film a casa o perché si è abituato a vedere un certo tipo di film. In questo la responsabilità è anche dei distributori che devono spingere all’uscita al cinema
Gianfranco Rosi
Come arriva l’informazione in Italia
In questo video il regista racconta come l’informazione arrivi in Italia in modo frammentario. Si parla di un luogo solo quando c’è attenzione mediatica e poi c’è silenzio.
Il suono, protagonista del film in Notturno
L’audio per sottrazione in Notturno colpisce molto. Per il regista il suono così come il silenzio sono protagonisti del film. A volte il suono non è in presa diretta ma è stato ricreato come nei film di finzione proprio perché è parte fondamentale del film
Le domande del pubblico a Gianfranco Rosi
Che rapporto ha con il cibo dei luoghi che ha esplorato?
Dove vado mi adatto sono abituato a mangiare un po’ di tutto
Gianfranco Rosi
Come mai ha voluto raccontare l’ospedale psichiatrico in Notturno?
E’ stato un altro assoluto nella mia ricerca delle storie, è fuori Baghdad e negli anni è diventato luogo di rifugio di gente che ha subito traumi, che non ha più vita. E’ un luogo di altissimo livello, gestito da persone fantastiche.
E’ stato difficile avere i permessi per girare lì che ho ottenuto grazie al produttore locale solo mesi dopo. Peccato che potevo girare tutto ma non i pazienti.
Ho provato ad oppormi e continuare a rimanere lì. Avevo creato un bellissimo rapporto con il medico e un giorno, l’ultimo ormai senza speranze, torno, salutiamo il medico e per caso vedo una porta e dietro c’era un piccolo teatro e un gruppo di pazienti che stavano vedendo il video di una rappresentazione teatrale e ridevano.
Il medico mi dice che fa parte della terapia e il video si chiamava Homeland. Mi prendo il copione e cerchiamo di fare una sintesi della storia (inizialmente volevo chiamare il film Homeland ma mi hanno detto che c’è una serie con lo stesso nome ride n.d.r.), la porto al medico e chiedo di fare un’edizione ridotta.
Riprendo le prove e ne viene fuori il fil rouge del film perché racconta il Medio Oriente dal Colonialismo alla Rivoluzione e finisce con una frase ‘Anche tu patria mia un giorno avrai un Dio’ che è una frase fortissima in un luogo dove le guerre sono state fondamentalmente religiose.
Il film con le riprese a teatro ha preso tutto un altro senso e questo è avvenuto grazie all’ostinazione nel voler riprendere quel luogo perché ci sarà una storia da filmare.
Quello che amo del mio film è che nulla in tutto questo è scritto e recitato e la cosa bella di lavorare così è che ci sono delle storie che nessuno scrittore può scrivere e che nessun attore può interpretare.
Gianfranco rosi
Gianfranco Rosi ed il complesso rapporto con i sottotitoli
C’è una versione del film per l’Italia in cui appariva la scritta ‘Confine’ che dava un minimo di traccia narrativa al pubblico e io pensavo che questa dicitura peggiorasse la situazione. Forse all’inizio poteva essere utile ma ho sempre creduto che il pubblico dopo un inizio di spaesamento sarebbe riuscito a cogliere il fatto che il film non vuole raccontare le differenze tra un popolo e l’altro ma storie universali che non sono più geografiche.
Raccontare questa storia senza confini poteva essere una sfida immensa ma è arrivata al pubblico
Termina qui la terza ed ultima parte dell’approfondimento dedicato alla Masterclass del regista Gianfranco Rosi. Hai già letto il focus sull’attore Alessio Boni?