Dopo aver scritto l’articolo sul film Vincere di Bellocchio sono stata piacevolmente contattata da un attore che ha fatto parte del cast e cioè Corrado Invernizzi, il Dottor Cappelletti, lo psichiatra realmente esistito che cerca in qualche modo e come può di aiutare Ida Dalser.
Abbiamo così iniziato un piacevole scambio di email e da questa chiacchierata è nata un’ intervista vera e propria che ho deciso di pubblicare all’interno del mio blog per farla gustare anche a tutti lettori di cinemio.it.
Devo dire che mi ha fatto molto piacere parlare con Corrado, una persona davvero molto disponibile che ha subito accettato la mia proposta di intervista, ecco la prima parte.
1. Chi è Corrado Invernizzi? Vuoi parlarmi del tuo percorso formativo e professionale?
Chi è Corrado Invernizzi ?Il panico di cui mi riempie questa domanda contiene in se forse già la risposta…
Sono un attore forse proprio perché non so rispondere con prontezza, adeguatezza e soprattutto rilassatezza a questa « semplicissima » e innocua domanda…Con questa domanda e con la mia non risposta siamo già andati al cuore del problema…
E l’esperienza con Bellocchio non ha fatto altro che evidenziare e dare un nome a sensazioni e intuizioni che mi appartenevano da quando sono adolescente.
Il mio percorso è assai contorto e sofferto.
Una laurea in Economia e Commercio per far piacere ai miei genitori e per proteggermi da un eventuale fallimento (che è già di per sé un atteggiamento rovinoso…) e poi l’entrata e uscita da diverse scuole di recitazione (Accademia a Milano e Stabile a Genova) sempre alla ricerca di qualcosa che (all’epoca non riuscivo a comprendere) non era in una scuola che avrei potuto trovare…
Poi la lunga parentesi col canto lirico.
Cinque anni tra conservatori e insegnanti privati, treni, speranze, illusioni.
Non era la mia strada ma ancora non sono in grado di dire perché ho impiegato cosi tanto tempo per comprenderlo…Ho lavorato in teatro in Italia con Patroni Griffi, Lavia, Scaparro… Ma è in Francia che ho trovato i ruoli più interessanti in teatro, cosi sono rimasto.
2. Come è nata la passione per questo lavoro?
Quando avevo quindici anni mio nonno di fronte alla mia totale confusione tra i lavori (e gli studi) possibili che avrei potuto fare nella vita mi disse « Potresti fare l’attore ».
Ora devi sapere che nella mia famiglia non c’era un amore particolare né per il cinema né per il teatro (per la musica semmai) e quindi quella parola « attore » per me suonava « aliena ».
Ma mi sono sentito attirato misteriosamente da quella « chiamata »…
La passione mi è venuta molto più tardi, direi anzi che mi è venuta recentemente.
La passione, intesa come coscienza dell’importanza del lavoro, è legata all’impegno che dedico a quello che faccio, allo studio.E sicuramente l’esperienza francese e gli studi in Inghilterra sulla voce, la conoscenza del teatro inglese, hanno “formato” e aiutato la mia passione a crescere.
C’è un bellissimo testo, “Conversazione con Bergman”, in cui il grande maestro dice che il talento più è grande più ha bisogno di lavoro.
Un mediocre non ha bisogno di molto lavoro. E’ paradossale ma verissimo.
3. Quali sono i film che preferisci vedere al cinema e ci sono degli attori italiani che apprezzi?
Beh appunto non mi sono mai stancato di vedere e rivedere i film di Bergman… poi adoro Woody Allen.
Sono forse gli unici due che mi piacevano a sedici anno e continuano a emozionarmi ancora oggi.
Senno’ ho avuto passioni più brevi per Rohmer, Truffaut.
Vado comunque moltissimo al cinema. In generale oggi i film che vado a vedere « a scatola chiusa » sono i film inglesi, quelli scandinavi e gli americani “East Cost” indipendenti. Tra gli italiani ho molto amato Moretti… e Bellocchio naturalmente ! Come attori mi piace molto Castellitto ma se devo fare un nome non per forza italiano, un’attrice che trovo formidabile è Kate Winslet.
Termina qui la prima parte di questa interessante chiacchierata con Corrado invernizzi.
Nel prossimo post le successive risposte di questo interessante attore italiano.
Continua a seguire cinemio.it per scoprire altre informazioni utili sul suo profilo professionale.
Ieri sera ho visto Vincere ad una rassegna estiva in Piazza a Marghera (Venezia), platea piena.
E stamane con questo approfondimento sono finalmente arrivata a conoscere il nome del dr. Cappelletti allo psichiatra di San Clemente che ha dato una connotazione umana alla relazione “terapeutica” con Ida Dalser, con saggi consigli, difficili da seguire in se, ma soprattutto in un tempo con figure di potere così importanti.
Soluzioni distanti nella loro concretezza dal pensare femminile che fatica a separare sentire e pensare, con un doppio gioco di unire interiormente e rappresentare esteriormente.
Forse nel caso di Ida avrebbe richiesto un passo ulteriore, un distacco culturale dal fascismo e dal potere, dal ruolo che comunque le ha dato l’amare un uomo così importante.
Un ruolo che non le permesso di essere libera prima di tutto interiormente, rifuggendo dal rivolgersi “alle autorità”, quelle stesse che la tenevano prigioniera, probabilmente credendovi, come per molto tempo ha creduto di essere al centro dei pensieri del duce (mi sta mettendo alla prova).
Separare i mondi non è una pratica dove le donne trovano equilibrio e lei che avrebbe dovuto farlo forse non l’ha nemmeno creduto utile (come nella scena col teschio).
Il dr. Cappelletti e la sua intepretazione è molto calzante fra professione-adesione umana e goliardia.. tipica dei medici e dei maschi.
E’ la figura del film che mi ha più interessato perché la psichiatria si è manifestata per quella che è, una possente struttura di potere, come la chiesa (sono cattolica, ma il potere e l’abuso poco c’entrano con una fede asservita al potere di turno alle ragioni economiche).
Psichiatria e Chiesa riescono a diventare istituzioni totali, a dare continuità a forme vecchie e crudeli di privazione di libertà, anche oggi nei tanti istituti ecclesiali dove si detengono anziani, disabili e bambini, moltissimi nel Veneto.
Magistrale l’interpretazione di Corrado Invernizzi, nel suo caratterizzare il personaggio dello psichiatra, molto umano, pragmatico, ovviamente prigioniero della rete di potere, ma garantendo il massimo spazio di libertà ai “pazienti”.
Mi piacerebbe saperne di più su questo psichiatra, chissà se l’attore o il regista hanno approfondito l’ambito, le figure professionali dell’epoca.
Forse qualcosa potrebbe saperne il dr. Lorenzo Torresini che sul manicomio a Venezia ha scritto un bel librissino: Psichiatria e Nazismo, sulla capacità anche protettiva delle figure mediche dell’epoca.
Grazie dell’approfondimento, Leda Cossu
@ Leda Cossu: ciao Leda do anche a te il benvenuto su cinemio.it.
Mi fa piacere che hai trovato interessante l’approfondimento e ti ringrazio per il tuo lunghissimo e profondissimo commento.
Condivido pienamente tutto ciò che dici, anzi sei riuscita ad esprimere con parole sicuramente più appropriate delle mie dei concetti che avevo cercato di trasmettere (svelami una curiosità, ma sei per caso una psichiatra?).
Più che altro trovo molto interessante l’accostamento che hai fatto tra Chiesa e psichiatria, come due poteri forti e totalizzanti, effettivamente non ci avevo pensato, o meglio avevo affrontato il problema da un punto di vista differente. Credo che il regime abbia utilizzato come meglio credeva o l’uno o l’altro per raggiungere i soui obiettivi.
Penso prorpio che leggerò il libro che hai consigliato e ti ringrazio ancora per il commento, Paola.
Ciao Paola, non sono una psichiatra, sono un’infermiera e la psichiatria non è il mio specifico professionale, Lo sono anziani e diversamente abili. La sofferenza mentale è il vissuto di tutti, anche il mio famigliare l’ha toccata, abbiamo perso e vinto. Graziee ad una prima sconfitta famigliare abbiamo imparato e superato brillantemente una seconda difficile prova alla generazione successiva, non c’è generazione nelle famiglie che non abbia vissuto questa particolare totalizzante esperienza.. alla quale si tende a dare risposte totalizzanti: esclusione, ricovero, contenzione fisica e farmacologica. Tutte risposte date dalla paura di chi guarda alla sofferenza mentale, risposte per difendersi dall’angoscia di trovarsi davanti a questo dolore più che per dare guarigione, speranza, ripresa di vita.
Ma cos’è la sofferenza se non un’eccezionale scuola di vita.. se si riesce ad affrontarla, anche la follia che convive con la ragione e separarle non è possibile senza distruggere. Sono innumerevoli le battaglie vinte, le prove superate grazie a quella prima sconfitta con la mia cara sorella morta a 41 anni grazie agli esiti delle cure manicomiali di San Servolo.
Per questo mi ha incuriosito cercare chi fosse questo dr. Cappelletti, psichiatra di San Clemente.
Tre curiose coincidenze stamane. Ho dapprima incontrato un ex infermiere psichiatrico che mi diceva come a San Clemente fossero ricoverati i veneziani e a San Servolo i residenti di terraferma (io abito infatti a Mestre). La Psichiatria prima della Legge Basaglia dipendeva dalle Prefetture e chi lo sa come arrivò Ida Dalser a Venezia, dove sicuramente stette meglio che a Pergine. La Prefettura veneziana è a Venezia arrivò tramite Prefetture, non tramite un circuito medico.
Sempre stamane parlando di questo film con una coppia di amici veneziani, Franco il marito mi diceva di sua madre e di una storia che si raccontava a Venezia su di una nobildonna ricoverata a San Clemente e di un figlio ricoverato anche lui in manicomio. La storia fece scalpore anche a Venezia, dove fra le veneziane circolava il nome del dr. Cappelletti che era amato e stimato, quando usciva dal manicomio diceva: ed ora vado in manicomio.. come dire che ci sono più matti fuori che dentro. Era riuscito a passare attraverso il fascismo senza soccombere, sicuramente mediando e concedendo (questo lo dico io), ma questa coppia di amici mi dicevano che era voluto bene dalle veneziane che gli riconoscevano una grande apertura mentale.
Faccio parte del Forum di Salute Mentale voluto dalla moglie di Franco Basaglia come allenza fra sofferenti e professionisti della salute e mi piacerebbe raccogliere queste testimonianze sul vissuto manicomiale prima che scompaiano i testimoni storici e prima che la storia ci riporti le nuove vittime come sembra dover succedere con le nuove leggi che stanno passando, anche nella regione Veneto. Mi piacerebbe registrarle e filmarle.. chissà che non trovi qualche anima buona che mi aiuta, ciao e buon lavoro, Leda
… dimenticavo la terza scoperta di stamane. Un libro di Lorenzo Torresini e Fontanari di un Convegno del 1998 a San Servolo su Psichiatria e Nazismo (é un altro libro, con molti interventi tematici). C’è una testimonianza su Ida Dalser. Stampato nel maggio 2002 dal Centro di Documentazione I.R.S.E.S.C. (Istituto per le ricerche e gli studi sull’emarginazione sociale e culturale), San Servolo, Venezia
Fa parte della Collana dei Fogli di Informazione n. 27.. non so si trova in circolazione, io l’ho comprato ad un convegno del 2008.
Questo per dire che un fiume può arricchirsi di molte acque, questo è il merito di Vincere di Bellocchio e dei suoi interpreti.. ma anche di chi ne parla.
@Leda Cossu: ciao Leda, mi fa piacere che hai deciso di ritornare su cinemio.it. Guarda è molto interessante l’approfondimento che hai fatto, sei sicuramente più informata di me e, come dici anche tu “un fiume può arricchirsi di molte acque”.
Attraverso cinemio spero che qualcuno possa recepire il messaggio e aiutarti nel tuo bellissimo progetto, fammi sapere come procede…comunque sono contenta che un film come Vincere ti stia già in qualche modo aiutando, perchè già solo il fatto di parlarne, del nazismo, della sofferenza mentale e di come questa veniva e viene affrontata credo possa essere di aiuto a te ma non solo.
Mi farebbe piacere mantenere i contatti con te per sapere come procede il tuo progetto e non indugiare a chiedermi qualsiasi cosa, grazie ancora per la tua esperienza!
ho scoperto che il libro psichiatria e nazismo di Torresini e Lallo si trova in internet
http://books.google.it/books?id=-9XyjoUELCsC&pg=PA42&lpg=PA42&dq=psichiatri+a+venezia+1961&source=bl&ots=PEBiS3WgEA&sig=24THnvJcTin8FQ4lSmy0IABuyaU&hl=it&ei=sJaMSuuPLMyRsAbRktDbDg&sa=X&oi=book_result&ct=result&resnum=3#v=onepage&q=&f=false
Ho visto qualche giorno fa Corrado Invernizzi nella Sponda dell’Utopia di Stoppard all’Argentina di Roma. Avendo lavorato con Lavia e Scaparro avrei dovuto, da amante e frequentatore assiduo delle sale romane, essermi già accorto di questo splendido attore ma, mea culpa, così non è stato. La sua prova nei panni di Bjielinsky (si scrive così??), il critico letterario amico di Bakunin della trilogia sull’Utopia, ha scaraventato davanti ai miei occhi un interprete raffinato, preparato, efficace e misurato, capace di strappare applausi a scena aperta ed ovazioni finali in un cast nel quale, si badi, non era il solo ad eccellere. Veramente una grande scoperta.
Nella sua intervista Corrado Invernizzi dice “Quando avevo quindici anni mio nonno di fronte alla mia totale confusione tra i lavori (e gli studi) possibili che avrei potuto fare nella vita mi disse « Potresti fare l’attore ». Grazie al nonno quindi.
Ci sono persone che sanno intuire i talenti altrui, in questo caso il nonno di Corrado. Una cosa così un giorno me la disse mia sorella guardandomi muovere fra i nostri cari ammalati in casa..”potresti fare l’infermiera”, al momento mi parve una boutade pazzesca, mi arrabbiai anche, poi ci pensai su, mi diplomai ed imparai uno sguardo sul mondo, mettendo insieme un vissuto memore e i nuovi saperi acquisiti. La cosa più bella nelle relazioni umane è guardarsi anche dal punto di vista dei talenti. Se poi il pensiero, il sentire, diventa parola è una bella promozione. Mi piacciono le sottolineature che promuovono le persone, i talenti.
Dal 2009 ad oggi, poichè solo oggi ho scoperto l’attore Invernizzi avendo visto soltanto ieri Vincere, dal 2009 ad oggi dicevo questa intervista e le note nei post successivi sono tornati ad essere importanti (potere del web).
Grazie a chi ha fatto l’intervista, e grazie a chi ha scritto tanto sulla psichiatria e la sofferenza psichica.
Non ho letto però la seconda parte dell’intervista. Dov’è???
Scusate e grazie mille!