Continuo la carrellata di recensioni di film musicali allacciandomi all’augurio a Clint Eastwood per il suo ottantesimo compleanno. Lo faccio consigliando a chi ancora non l’avesse visto “Bird”, pellicola diretta da Eastwood nel 1988 che racconta la travagliata esistenza del genio del jazz Charlie “Bird” Parker. Un film la cui caratteristica principale è quella di voler raccontare l’uomo più che l’artista e che, personalmente, considero un lavoro magistrale.
Con questo biopic Clint Eastwood partecipò alla quarantunesima edizione del Festival di Cannes, dove si aggiudicò il Gran Prix Tecnico per la colonna sonora e dove il protagonista – un brillante Forest Whitaker – ottenne il premio per la miglior interpretazione maschile.
La trama
Costruito su una straordinaria colonna sonora (il film conquistò anche un premio Oscar per il suono), “Bird” racconta la vita del famosissimo sassofonista, che fu anche uno dei pionieri del genere be-bop, Charlie Parker, soprannominato Bird perché durante la sua infanzia, già appassionato di musica, non potendo entrare nei club ascoltava i concerti dal cortile (in inglese yardbird significa proprio “uccello da cortile”).
Nonostante la fama avesse portato Parker in alto, la sua breve esistenza (morì a soli 34 anni) fu disastrosa: alcol, droga, lutti familiari e diversi tentativi di suicidio, infatti, costellarono gli anni in cui tutti cominciavano a conoscere la sua enorme bravura come musicista.
Le mie considerazioni
In questo film Forest Whitaker è meraviglioso nell’interpretare Parker, si immedesima benissimo nel personaggio esaltandone l’umanità; Eastwood – che meritò anche il Golden Globe nel 1989 per la miglior regia – dimostra una straordinaria sensibilità nel ricostruire la vita di un artista che alla storia della musica ha dato moltissimo. Il film, nella sua costruzione tecnica, rispecchia proprio la tragicità della vita di Charlie Parker, con le ambientazioni piovose, fumose, che contribuiscono a rendere “cupo” tutto il lavoro.
