Styx di Wolfgang Fischer. Allegoria di un paradiso perduto.

Styx è il nome greco di uno dei cinque fiumi presenti negli inferi, lo  Stige, che creava insieme ai suoi affluenti un enorme palude  che ostacolava la strada per arrivare al vestibolo dell’oltretomba. Attraverso questa metafora, il regista austriaco Wolfgang Fischer ha pensato di scrivere un’opera che parlasse del problema dei profughi che muoiono in mare, nel tentativo di arrivare sulla terraferma. Quello che non viene detto attraverso i media, è che il viaggio per molti di loro si ferma già nel deserto.

STYX

Styx di Wolffgang Fischer

Styx – la storia di Rike

Rike, interpretata dalla straordinaria attrice Susanne Wolff, (Miglior attrice al Festival di San Paolo per il film “The Stranger in me“(2008) di Emily Atef), è un medico affermato, specializzata in primo soccorso, ed ha la passione per il mare, dimostrando di essere una esperta skipper. Un giorno decide di partire dallo Stretto di Gibilterra, in solitaria, sulla sua barca, in direzione dell’Isola di Ascensione, una sorta di paradiso in mezzo all’Oceano Atlantico, che sembra sia stato costruito da Charles Darwin, su suggerimento di un suo amico botanico Joseph Hooker,  per ricreare un ecosistema artificiale.

Durante il  viaggio si troverà ad affrontare uno dei dilemmi più profondi della sua vita. Salvare delle vite umane fa parte del primo giuramento di Ippocrate ed anche uno dei primi doveri come capitano di una nave. Ma non sono sempre così semplici queste decisioni, nel momento in cui ti ci trovi coinvolto a livello umano.

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Susanne Wolff la protagonista di STYX

Allegoria del Paradiso perduto

Il raggiungimento del Paradiso è il luogo sperato, sia per chi fugge dalla guerra, e sia per Rike, che non ha paura di affrontare anche i vari umori di un mare imprevedibile.

Il regista ci lascia un punto di domanda “Cosa faresti se ti trovassi nella stessa situazione della protagonista?“. La risposta è molto complessa. Lo spettatore si trova coinvolto nella narrazione, diventando non più semplice spettatore, ma come se fosse  sulla barca. E’  impossibile rimanere indifferenti a ciò che si sta guardando.

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Wolfgang Fischer il regista di STYX

Il prologo ci fa vedere come la nostra società è subito pronta a dare un aiuto ad una persona che fa un incidente, con l’immediato intervento di forze dell’ordine, paramedici e corpo dei vigili del fuoco. Questa immagine si contrappone a quella in mare aperto, dove alla richiesta di aiuto per un peschereccio, pieno di naufraghi, tutti i soccorsi vengono ostacolati, con la conseguenza di molteplici vittime che affogano nel mare. La protagonista, per la prima volta, perde la sua sicurezza, ritrovandosi in un tipo di solitudine differente da quella iniziale. Si sente abbandonata dalla società, che fino a quel momento, per lei, era stato un motivo di stabilità per il suo lavoro.

Le riprese in mare e le sue difficoltà

A livello tecnico per poter affrontare le riprese in mare aperto, il regista ha fatto mesi di prove con le telecamere, per ottenere un bilanciamento nella immagini, molto difficili da ottenere per via del movimento ondulatorio della barca. La troupe era formata da 8 persone, e la cosa più complessa per loro è stata quella di non entrare nel campo delle riprese. Tutto è stato  girato dal vero, senza l’utilizzo degli effetti speciali.  Il film è stato realizzato in due mesi, girando vicino Malta e Gibilterra.

Styx partecipa al Medfilm Festival ed è uno dei tre finalisti del Premio Lux del Parlamento Europeo. Ha ottenuto anche il prestigioso Human Rights Film Award 2018. 

Uscirà nelle sale italiane mercoledì 15  novembre 2018 distribuito da Cineclub Internazionale Distribuzione di Paolo Minuto.

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