The Order - locandina

The Order, la recensione dell’action-thriller con Jude Law dal 6 febbraio su Prime Video

The Order, in arrivo su Prime Video il 6 febbraio, è un action movie tinto di thriller prodotto e interpretato da Jude Law. Diretto da Justin Kurzel, è basato sul libro di Flynn e Gerhardt (The Silent Brotherhood: The Chilling Inside Story of America’s Violent, Anti-Government Militia Movement). Interpretato da Nicholas Hoult e da Tye Sheridan, il film è stato presentato in anteprima all’81 Festival di Venezia lo scorso agosto.

The Order- poster
The Order: locandina

The Order

Siamo all’inizio degli anni ’80 -nel 1983, per l’esattezza. Terry Husk (Jude Law), un agente FBI con 26 anni di carriera e una serie non trascurabile di rimorsi, riapre uno sperduto ufficio dell’agenzia in Idaho. Con la speranza di arrivare alla pensione tranquillo.

I suoi ultimi incarichi, connessi con Ku Klux Klan e Cosa Nostra, gli avevano fatto perdere un collega e causato l’allontanamento di moglie e figlia. La speranza di rallentare il ritmo viene ovviamente delusa. Manco il tempo di arrivare e già si trova coinvolto nella sparizione di una persona, che ben presto si rivela essere un’esecuzione.  

Terry trova nel giovane poliziotto locale, Jamie Bowen (Tye Sheridan), un alleato. Il ragazzo è preoccupato, a ragione, che la morte di questo suo conoscente sia legata a un gruppo neonazista locale, l’Aryan Nations. Seguono una serie di investigazioni. La scoperta del braccio armato fuoriuscito da quella stessa organizzazione e capitanato dal carismatico Bob Mathews (Nicholas Hoult). Il legame tra i loro atti terroristici e il libro The Turner Diaries, scritto dall’attivista neonazista William Luther Pierce.

Il tutto fino all’epilogo nell’assedio della casa in un’isola dello stato di Washington. Rigorosamente aderente al vero, a parte le figure dei due poliziotti protagonisti, inventate e romanzate a fini narrativi.

The Order – official trailer

Un film intenso, crudo, potente, che affronta argomenti pericolosamente attuali

The Order è un bel pugno allo stomaco. Intanto, perché non è fiction, anche se è girato come il classico action movie, thriller politico e d’azione. I fatti sono tutti documentati, anche se credo non particolarmente conosciuti al grande pubblico. Le due cose insieme – l’esser girato come un action thriller e l’essere basato su fatti reali poco noti – provoca un effetto di decisa incredulità nello spettatore. Che non finisce di chiedersi “ma veramente?” dall’inizio alla fine del film.

The Order - azione
The Order – una scena di azione

Ma non solo. Essendo girato come fosse fiction, abbiamo la possibilità di vedere e vivere le vite di quelli che sulla carta dovrebbero essere i “cattivi” (Bob Mathews & co). E ognuno di loro, il grande capo del gruppo terroristico per primo, appare in modo imbarazzante come il vicino della porta accanto. Sarà perché ha il viso da bravo ragazzo un po’ ingenuo di Nicholas Hoult (ma se andate a vedervi le foto del vero Bob Mathews, vi accorgerete che non è molto distante). Ma probabilmente molto e sempre perché, come sapientemente sottolineava Arendt, esprime la “banalità del male”. Quell’aspetto quotidiano, di ogni giorno, che ci si aspetta non abbiano i “cattivi”, così ci sembra più facile riconoscerli. Ma, in questo caso, sono letteralmente persone qualunque. I dirimpettai. I bravi cristiani. Quelli che vanno a messa alla domenica e covano rancore.

The Order - Nicholas Hoult
The Order– Nicholas Hoult

L’altro grande pugno allo stomaco arriva quando Mathews/Hoult declama le ragioni di questo rancore. Quando dice: “so come vi sentite, avete perso il vostro lavoro […] Ho visto mio padre farsi buttare giù un sacco di volte senza mai reagire, e ho visto come è finito. È tempo di combattere”, di riprendersi la “nostra” terra. Di “vincere”.

Le sue parole suonano familiari. Forse perché si sentono sempre più spesso. Forse perché ne riflettono altre. Che poi alla fine sono sempre uguali, e nascono sempre in momenti di profonda crisi (economica) e di profonda rabbia. Non per caso i commenti negli Stati Uniti all’uscita di The Order sono stati riconoscere che spesso, per raccontare senza peli sulla lingua l’America agli Americani è necessario lo sguardo di chi americano non è. Del regista, Justin Kurzel, australiano. Di Jude Law, inglese, che ne è anche il produttore. Oltre che perfetto e inaspettato interprete di un agente FBI di mezz’età, collerico e avventato, ma anche pieno di rimpianti, di dubbi, di fatiche. Ruolo decisamente distante dal suo perenne status di belloccio (o cinquantenne fascinoso).

Jude Law
The Order – Jude Law

Bilancio finale di The Order

Ciò che rende interessante The Order, a parte il riflettere sulla preoccupante somiglianza con il momento attuale, è l’assenza del completamente buono come del completamente cattivo. Fanno tutti sbagli. Fanno tutti fatica. Sono tutti umani, molto umani. E sono tutti sconfitti, sono tutti vinti. Anche i neonazi che gridano, esaltati dal discorso di Mathews, “Defeat never Victory Forever” (Sconfitti mai, Vittoria per sempre). Perdono tutti. Da notare, perché alla fine non si perda anche noi, che il libruncolo cui le gesta di questi fanatici sono ispirate, The Turner Diaries, è lo stesso cui si sono ispirati, tra gli altri, gli assaltatori di Capitol Hill appena rilasciati da Trump. Giusto per sottolineare come le vicende di questo film sono tutto fuori che a noi lontane.

Da guardare anche con figli adolescenti, per discuterne dopo (sapendo che ci sono scene piuttosto crude di violenza, in particolare una morte dopo una sparatoria).

Leave a Reply