Parigi a piedi nudi, la magia poetica del duo Abel & Gordon

Esce il 17 maggio nei cinema italiani la nuova deliziosa commedia del duo Abel & Gordon, Parigi a piedi nudiDominique Abel, di origine belga, e Fiona Gordon, canadese nata in Australia, ne sono anche due degli interpreti principali, insieme a Pierre Richard e ad Emmanuelle Riva, nota per il suo ruolo in Hiroshima, mon amour e, più recentemente, in Amour (2012) di Haneke. Parigi a piedi nudi è stato anche l’ultimo film girato da questa grande attrice, morta nel 2017.

Parigi a piedi nudi

Parigi a piedi nudi – locandina

Parigi a piedi nudi

Una tempesta di neve in Canada. Una zia che saluta la nipote, bambina, dicendole che si trasferisce a Parigi. Passano una trentina d’anni (e rotti), e la nipote, rimasta in Canada, riceve una lettera – che per consegnargliela devono aprire la porta, e quando aprono la porta entra sempre la tempesta di neve, in Canada.

La nipote è Fiona (Fiona Gordon): alta, allampanata, buffa, col fisico della ballerina e una vaga somiglianza con l’Olivia di Braccio di Ferro interpretata da Shelley Duvall, solo coi capelli rossi e molto più maldestra.

La zia è Martha (Emmanuelle Riva), un’arzilla libertina ottantottenne che non ha nessuna intenzione di finire i suoi giorni in una casa di riposo e che cerca di seminare per tutta Parigi le infermiere che vorrebbero riportarla in clinica.

Fiona decide di correre in suo aiuto, e parte per la Francia, zaino (rosso ed enorme) in spalla, bandierina del Canada ben in evidenza in punta, conoscenza della lingua francese piuttosto approssimata, senso di orientamento nullo, capacità di mettersi nei pasticci decisamente elevata.

A Parigi si ritroverà svariate volte a cadere nella Senna, perdendo l’ingombrante zaino con tutti i suoi averi; troverà, in compenso, un vagabondo di nome Dom (Dominique Abel) che inizierà a seguirla, dopo aver ritrovato, a sua volta, lo zaino perduto ed i suoi diversi averi. Continuerà a cercare, a lungo senza trovarla, la zia Martha, il suo compagno di una vita, Norman (Pierre Richard), o anche semplicemente un modo per entrare in casa (della zia) e smettere di dormire per strada (o sui banconi delle lavanderie automatiche, sotto le pile di vestiti da piegare). Sullo sfondo Parigi, una serie di gag da film muto, qualche passo di danza e la musica affascinante dei Gotan Project a rendere ancora più magico il tutto, se mai ce ne fosse bisogno.

L’arte del burlesque e lo stile alla Charlie Chaplin, Buster Keaton, Jacques Tati

La poesia di Parigi a piedi nudi è quella delle fiabe, dei movimenti sospesi, delle espressioni da clown di Fiona e di Dom, di risate scaturite da momenti che ricordano da vicino le scene alla Charlie Chaplin, alla Buster Keaton, alla Jacques Tati. Non a caso, il duo Abel & Gordon vi si ispira per tutti i suoi spettacoli, portati in scena da quando, trent’anni fa, si sono conosciuti ed innamorati a – giustappunto – Parigi.

Il loro è un burlesque come lo era il genere in origine, con una forte connotazione comica e parodistica, un varietà leggero in cui sono inclusi numeri di danza e canzoni – non certo, come lo si intende generalmente oggi, come in massima parte composto da spogliarelli e pin-up.

Parigi a piedi nudi

Parigi a piedi nudi – Fiona e Dom con Emmanuelle Riva

Abel & Gordon sottolineano molto l’aspetto un po’ clownesco e surreale, ma di un surrealismo simile a quello proprio dei bambini. E in effetti loro due paiono spesso dei bambini, quando si nascondono dando le spalle agli altri e la fronte al muro per non farsi vedere (e magicamente non vengono visti), quando si lanciano in dichiarazione estreme ed entusiastiche dopo aver incontrato da qualche minuto una persona (e magicamente sono ricambiati), quando compiono azioni discutibili, solo perché in quel momento “possono” farlo, e, scoperti, fanno la faccia triste come se bastasse quella per venir perdonati (e, magicamente, alla fine riescono comunque a far breccia nel tuo cuore).

Come Dom quando si scopre che si è appropriato di zaino e soldi di Fiona, giusto perché erano lì, li ha trovati in una Senna quanto mai foriera di regali (in seguito gli porterà anche tre bottiglie di champagne, per servirla). E, pur avendo capito infine che sono di Fiona, invece di restituirglieli e scusarsi per averli già in parte sperperati, la accusa di essere lei, la ladra, e scappa sempre con soldi e zaino in mano. Solo il giorno dopo tornerà sui suoi passi e, come un bambino, penserà basti un sorriso ed un fiore colto al volo per strada per cancellare il passato.

Parigi a piedi nudi

Parigi a piedi nudi – Dom e Fiona

L’atmosfera da fiaba si mantiene per tutto il film, anche quando sfiora tematiche sociali estremamente attuali, a Parigi, in particolare, ma non solo – come ad esempio i senzatetto che dormono nelle tende per strada, gli anziani che non possono più restare soli e devono essere ospedalizzati, anche contro la loro volontà.

Ma il sociale è solo accennato, Parigi a piedi nudi mantiene per tutta la narrazione un tono poetico, alto, da favola moderna. Alcuni critici lo hanno paragonato a La La Land, in particolare per la scena del balletto dei soli piedi di Pierre Richard e Emmanuelle Riva, seduti su di una panchina al cimitero Père Lachaise. In realtà, c’è molta più poesia, i due anziani ballerini e amanti sono molto più struggenti, e c’è anche tanta tantissima gioia, voglia di vita e di vivere ancora, che commuove ancora di più sapendo che la Riva era già malata all’epoca delle riprese e sarebbe morta poco dopo averle terminate.

Parigi a piedi nudi

Parigi a piedi nudi – la scena a Père Lachaise

Bilancio finale di Parigi a piedi nudi

Abel & Gordon sono artisti non particolarmente prolifici, questo è il loro quarto lungometraggio, il primo senza la collaborazione consueta con Bruno Romy. Ciononostante o forse proprio per questo, le loro opere valgono davvero la pena di essere viste: trasportano in una dimensione altra, un tuffo nel passato ma col colore ed il sapore del presente, un cinema d’arte come raramente se ne incontra. La scena sulla tour Eiffel, giusto per citarne una, è da classico di tutti i tempi.

Un’unica pecca da segnalare: se lo vedrete nella versione doppiata, perderete tutti i doppi sensi linguistici, quel fantastico parlare di Fiona in inglese (e poi in francese “inglesizzato”) cui rispondono i francesi, ed in particolare Dom, con qualche inserto di inglese per farsi capire, e tutti i lati comici che ne conseguono. Se in generale è – sempre – meglio la versione originale, quando – e sono sempre più frequenti – i film utilizzano due lingue e giocano sui suoni e i colori delle stesse (anch’esse parte della poesia dell’insieme) è davvero un peccato guardarli in una versione appiattita dal doppiaggio, che rende tutto lo scambio tra una lingua e l’altra uguale.

One Response

  1. monica corti

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