Visioni differenti: Los Bastardos

Jesus e Fausto sono due messicani che ce l’hanno fatta, sono passati clandestinamente in USA e vivono da invisibili, lavorando in nero e a cottimo. In cerca di grana facile, si introducono in casa di Karen, madre vedova di figlio balordo e gran consumatrice di hashish, ma un fucile a canne mozze intonerà la sua sinfonia di morte.

Los Bastardos

Maestri che sbagliano

Los Bastardos è un film pluripremiato del 2008 di Amat Escalante, vincitore della Palma d’Oro per la Regia a Cannes 2013 con Heli. Ci era assolutamente ignoto fino a tre giorni fa, poi, in pieno entusiastico fomento per Gomorra La Serie, ci è capitata sotto gli occhi una rece dell’immenso Marco Giusti che lo accostava a Gomorra il Film per stile e tematiche, così ce ne siamo appropriati. Imparando a nostre spese che non sempre i consigli di Marco sono Giusti.

Eyes Wide Shut

Los Bastardos è un film di impronta sperimentale più che autoriale: vive di camera fissa e tempi dilatati fino allo spasimo. E’ la lezione di  Carlos Reygadas (Japon), di cui Amat Escalante è stato assistente per il celeberrimo Batalla En Cielo, ma è anche la lezione di Ulrich Seidl (Canicola, la trilogia Paradies), che ci sembra superiore ai suoi compari messicani per ironia e  consapevolezza dei mezzi espressivi. Come in una cura Ludovico, l’occhio dello spettatore è costretto a guardare la fissità delimitata dell’inquadratura, senza alcuna via di fuga dallo schermo, la staticità del falso movimento è morbosamente disturbante, rasenta il voyeurismo pornografico, non a caso il sesso, meglio, l’esposizione e l’abuso unsimulated del corpo femminile è una costante in tutti i film sopra citati.

Los dicotomicos

Los Bastardos è un classico Wannabe, vorrebbe essere una riflessione provocatoria e dicotomica sull’alienazione umana e sociale del mondo occidentale, finisce con l’essere opera moralistica e difficilmente memorabile. Nessuna emozione, nessuna empatia. Vediamo i poverellii immigrati messicani alienarsi al sole dei sobborghi di Los Angeles, in attesa degli avidi gringos che per pochi penny li costringeranno a spaccarsi la schiena nei cantieri, o a fare marchette. Vediamo altri perfidi gringos, avvinazzati e alienati, prendersi gioco dei poveri immigrati messicani al ritorno dal lavoro. La rabbia verso i gringos bastardos monta sempre più, allora ci sembra naturale che i due amigos si alienino dagli altri miserabili, si procurino un fucile e cerchino una via, non tanto per vendicarsi, quanto per esistere a LA. Esistere come occupare spazio, la villa con piscina di Karen è l’ideale. Ma per esistere devi anche avere, e l’occasione fa gli uomini ladri, anzi bastardos, verso il corpo arrendevole della dead woman walking (and smoking). L’epilogo, imprevisto ed ultraviolento, scaccia il torpore della visione ma non risolve e non rimette le cose a posto.

El bastardo

Il film dura 90 minuti, che onestamente sono anche troppi: l’azione è concentrata nelle esplosioni di sangue e cervella degli ultimi minuti, troppo tardi per dare senso e significato alle velleità di Escalante, che finisce con il filmarsi addosso come il suo conterraneo Inarritu.

dikotomiko

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