12 anni schiavo: la ricerca della libertà

Alla sua terza pellicola dopo Hunger (2008) e Shame (2011) Steve McQueen, regista di colore londinese che ormai si è fatto conoscere insieme al suo attore-feticcio Michael Fassbender a livello internazionale negli ultimi anni, firma la sua prima storia in costume con protagonista un uomo (di colore) benestante ingiustamente condannato alla schiavitù per i dodici anni del titolo, con un cast all-stars davvero invidiabile e nove nomination ai prossimi Oscar 2014. Dal 20 Febbraio arriva nei cinema italiani 12 anni schiavo.

12 anni schiavo

Nel 1841, pochi anni prima della guerra di successione, Solomon Northup (Chiwetel Ejiofor; 2012, Salt) vive libero con la sua famiglia lavorando come violinista. Ingannato da due falsi agenti di spettacolo, viene venduto sotto l’effetto dell’alcool come schiavo, privato dei documenti, della libertà e della dignità.

Trailer del film:

In un campo di Stelle

La freddezza che si riscontrava nella fotografia, nei primi piani, nel volto di Fassbender e nelle relazioni dei suoi personaggi con gli altri in Hunger e Shame qui assumono una dimensione più ampia (e forse più conosciuta) per quello che è il primo film storico e in costume di Steve McQueen. Grandi panoramiche statiche, una freddezza nella brutalità che risiede nell’uomo quando sa di possedere un potere su un altro essere. Non è una semplice storia di schiavitù, questa di 12 anni schiavo.

McQueen racconta ancora una volta il lato oscuro della nostra anima, ancora una volta con il personaggio di Michael Fassbender (il terzo “proprietario” del protagonista), negli uomini che senza pietà vendono un suo pari come se fosse un qualsiasi animale da macello, nel personaggio interpretato da Paul Dano, brutale e inumano “uomo” che tratta i suoi schiavi da bestie.

Accanto a Solomon sfileranno una serie di personaggi e situazioni, di suoi pari nati con il concetto di schiavitù sulla pelle o finiti tragicamente come lui in quello status che non gli appartiene e che a nessuno dovrebbe appartenere, tra cui la giovane Patsey interpretata da Lupita Nyong’o che vive una delle scene più crude dell’intero film, quando Edwin Epps (Fassbender) per punire la sua schiava per aver chiesto di volersi lavare dopo mesi decide di farla frustare proprio da Solomon.

Questione di spettacolarità

E nell’inserirsi in un contesto storico e sociale più che conosciuto (anche cinematograficamente), McQueen non perde occasione per far muovere la camera, per gettarsi da scene statiche, dall’apparente serenità di un gruppo di schiavi che cantando sfogano la propria ira e la propria rivalsa sulle ingiustizie dei bianchi a piccoli piani sequenza di grande effetto che creano lo stato emotivo e raggiungo il ritmo esatto per colpire a fondo lo spettatore in mondo conscio e inconscio (riuscendo a mantenere nella mente e nel cuore alcune immagini del film anche a distanza di settimane).

Oppressione e isolamento, ancora una volta temi alla base del cinema di Steve McQueen, con le musiche di Hans Zimmer e una costruzione più spettacolare che porta di certo un aspetto drammatico più facilmente veicolabile dalle intenzione del regista all’emotività dello spettatore rispetto ai due precedenti lavori. Detto ciò, 12 anni schiavo resta un lavoro originale e non scontato, ben diretto e interpretato (tra gli altri anche Brad Pitt, Paul Giamatti, Benedict Cumberbatch) che di certo non si può lasciar scappare, che vale assolutamente la visione su grande schermo e che porterà a casa almeno alcune delle statuette per cui è stato nominato alla prossima notte degli Oscar.

Clip e featurette dal film

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