Cinemio incontra i registi emergenti: intervista a Michael Zampino

Il regista di oggi è Michael Zampino, la cui opera prima, L’erede, è dallo scorso venerdì nelle nostre sale. Nell’intervista ci racconta la genesi del film, autobiografica, e tanti altri interessanti dettagli.

Di origini italo-francese, laureato in Economia, Michael Zampino ha studiato cinema alla New York University (Tisch School). Ha realizzato 5 cortometraggi e scritto 3 sceneggiature per lungometraggi.  Il suo ultimo cortometraggio Goodbye Antonio è stato proiettato in più di 50 festival all’estero tra i quali Los Angeles, New York e Londra e ha vinto numerosi premi. L’erede è la sua opera prima.

L’erede

Alla morte del padre, Bruno (Alessandro Roja), medico milanese, eredita una vecchia villa immersa nella natura selvaggia degli Appennini. L’eredità però non si rivela per nulla semplice: dopo aver infatti conosciuto i vicini, rozzi agricoltori, Bruno precipita in una spirale di sospetti che cambierà per sempre la sua esistenza…

Le domande al regista

Michael, in una tua precedente intervista hai affermato che l’idea del film, di cui sei anche sceneggiatore, prende spunto da un fatto personale che ti è accaduto. Vuoi parlarcene, raccontandoci anche come hai poi sviluppato la sceneggiatura completa?

Dopo la morte di mio padre nel 2007 ho davvero ereditato una casa a Paganica, in un paesino abruzzese vicino all’Aquila. Una proprietà di cui non conoscevo l’esistenza. Sul posto ho incontrato dei vicini che mi parlavano di mio padre da giovane… Quando ho raccontato questo episodio alla mia amica Doris Toumarkine, critica di cinema al Film Journal International, lei mi ha suggerito di sviluppare l’idea.

Ne ho parlato con Ugo Chiti con il quale avevo già lavorato ad una sceneggiatura e lui era d’accordo per andare avanti. Ed è cosi che è nato L’erede. Passati 8 mesi per una prima bozza, ci sono voluti vari riscritture per arrivare al copione utilizzato sul set a fine 2009.

A principio c’erano più location e più enfasi sul protagonista ma gli impedimenti produttivi (dovevamo girare in 1 mese e non di più), ci hanno costretti a revisionare lo script. Comunque non lo so se il film sarebbe stato migliore con più tempo.

Una scena del film

Oltre ad essere regista e sceneggiatore sei anche produttore del film. E’ stato difficile gestire insieme tutti questi ruoli? Ci sono state particolari difficoltà prima, durante e dopo le riprese?

Il mio ruolo è stato di sviluppare il progetto sul lato artistico (riscritture, storyboard, casting, ricerche di location…). La parte produttiva vera e propria è stata seguita da Frederic Ollier, il mio socio nella società Panoramic Film. E’ fondamentale per un regista aver un interlocutore che fa da contropotere.

Poi ci vogliono delle competenze specifiche per convincere partner ed istituzioni a entrare nel finanziamento di un film. Soprattutto per un’opera prima. Prima delle riprese, l’incognita era il budget: non sapevamo se eravamo in condizione di terminare il film. Infatti la produzione ha detto no. I soldi c’erano solo per le riprese e non per la post produzione. Il progetto poteva rimanere in un cassetto per 3 anni.

Poi, a 10 giorni dal primo ciak, il Ministero per i Beni Culturali ci ha comunicato che avevamo ottenuto il fondo per la produzione. L’erede poteva finalmente essere completato anche se l’edizione nel 2010 è durata oltre 8 mesi.  Volevamo presentare il film in tempo per i festival e mostrarlo a potenziali acquirenti.

Per questo abbiamo in fretta e furia generato un pre montato non completamente sonorizzato. Non era la cosa giusta. Bisogna mostrare il proprio film soltanto quando è finito, quando si è convinto che è al massimo delle sue potenzialità. Infatti, terminato e correttamente mixato, il film ha fatto la sua carriera.

Com’è avvenuta la scelta del cast, in particolar modo del protagonista Alessandro Roja?

Grazie a Beatrice Kruger e Veronika Mancino della FBI Casting, ho potuto provinare molti giovani attori italiani. Scegliere un attore per una parte è una delle cose più difficili ed importanti per un regista, soprattutto alle prime armi. Per fortuna l’esperienza di Beatrice e Veronika è stata cruciale ed era rasserenante vedere che condividevamo tutti le scelte.

Alessandro Roja è salito sul treno all’ultimo. Avevamo già il nostro protagonista ma purtroppo, per legittimi impedimenti, lui non poteva confermare  la sua partecipazione. Alessandro si è subito ben ambientato con il gruppo rendendosi disponibile anche per lunghe sessioni di prove. Un modo per perfezionare le battute, i movimenti scenici ed essere pronti per le riprese. Un processo fondamentale per un film a basso costo.

Il protagonista Alessandro Roja

Com’è stata l’aria sul set? Hai degli aneddoti da raccontarci?

Girare per un mese immersi nella natura selvaggia, è un’esperienza forte! Sembrava un esperimento, un laboratorio. Il vantaggio è che si crea uno spirito di gruppo. La gente non può tornare a casa  la sera quando si gira in trasferta. Quindi si rimane nell’atmosfera del film, ed anche più facile risolvere eventuali problemi (rigirare una scena, cambiare il piano del giorno all’ultimo momento ecc..).

L’aneddoto che mi viene in mente è la scena del coniglio. Una scena molto cruda, complicata da girare e nervosamente difficile per l’animal trainer Claudio Mangini. Claudio se l’è cavata molto bene, senza che Vasco (il coniglio) abbia sofferto minimamente. Tutto questo malgrado l’isteria di alcune ragazze del set che avevano paura per Vasco.

So che hai già un mente un secondo lungometraggio. Vuoi parlarcene?

Sto sviluppando con Ugo Chiti, con il quale ho scritto la mia opera prima, un thriller paranormale. Direi piuttosto un thriller sulla follia umana, senza fantasma.

Il regista Michael Zampino

Termina qui l’intervista a Michael Zampino, al quale faccio un grande in bocca al lupo per il suo film, L’erede, in questi giorni al cinema. Ovviamente invito tutti i lettori di cinemio di andare a vederlo e commentare qui la propria opinione.

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