Esce domani nelle sale della rete di Distribuzione Indipendente, Inti-Illimani: Dove cantano le nuvole, un interessante documentario dei registi Francesco Cordio e Paolo Pagnoncelli sul famoso gruppo cileno. Io ho avuto la possibilità di vederlo in anteprima e ne sono rimasta piacevolmente colpita.
Quarant’anni di storia, di cui quindici in esilio in Italia: ecco cosa racconta Inti-Illimani: Dove cantano le nuvole. Ma non solo. In poco più di un’ora di filmati e musica questo interessante documentario diretto dai giovani registi Francesco Cordio e Paolo Pagnoncelli, ci porta nel cuore del gruppo e della sua missione, raccontandone la storia e il suo rapporto stretto con l’Italia.
Compostosi nel 1967, questo gruppo vocale e strumentale cileno, ancora oggi molto attivo, ha visto avvicendarsi durante gli anni diversi componenti fino ad arrivare alla composizione odierna, immutata dal 2005. Durante la loro prima tournee in Europa, nel 1973, gli Inti Illimani sono costretti, a causa del golpe di Augusto Pinochet in Cile, a rimanere in esilio in Italia.
Ottenuto il diritto di asilo politico, il gruppo rimarrà in Italia dal 1973 al 1988, diventando portavoce della campagna di restaurazione della democrazia in Cile. Ritornati nel 1988 in Cile gli Inti Illimani sono però rimasti molto legati all’Italia, come dimostra anche questo documentario a loro dedicato.
Girato tra il 2005 e il 2006 Inti-Illimani: Dove cantano le nuvole è la ricostruzione, attraverso interviste, racconti, ricordi e musica, della storia e dei componenti di questo famoso gruppo che ha lasciato un segno indelebile nel cuore di diverse generazioni.
Intervallando momenti musicali dal vivo a dichiarazioni dei protagonisti, Cordio e Pagnoncelli ricostruiscono l’evoluzione musicale del gruppo, dalla sua nascita finalizzata a diffondere e conservare la caratterizzazione tipica della musica andina, alla sua trasformazione in canzone rivoluzionaria dalle mille sfaccettature, grazie anche all’alternarsi di diversi soggetti e all’ingresso di giovani musicisti con una formazione musicale più accademica rispetto ai primi, dichiaratamente autodidatti.
Punto focale e cardine della loro musica rimangono però, nonostante il giusto rinnovarsi e reinventarsi che è riuscito nel tempo ad attrarre sempre nuovo pubblico, soprattutto tra i giovani, le radici culturali ed il valore della vita. Ma anche la missione e l’impegno sociale: portavoci della sofferenza del popolo cileno durante la dittatura di Pinochet, gli Inti-Illimani hanno vissuto la loro musica come mezzo per inviare un messaggio di libertà in tutto il mondo.
Questo quasi senza trarne profitto: nonostante l’enorme successo a livello mondiale, il gruppo ci tiene a precisare che la maggior parte dei guadagni è sempre andato in beneficienza.
Molto legati all’Italia, gli Inti-Illimani continuano a vedere il nostro paese come seconda patria, come dimostra anche la collaborazione con il cantautore Daniele Silvestri il quale, innamoratosi da bambino della loro musica, ne ha utilizzato alcune loro note per uno dei suoi pezzi più importanti ‘Il mio nemico’.
Tanto forte è il legame del cantautore con il gruppo che oltre a comparire nel documentario, ne scrive l’introduzione, accorata testimonianza di come il messaggio degli Inti-Illimani riesca a raggiungere il cuore di chi li ascolta pur non comprendendone appieno le parole.
Con un giusto equilibrio tra momenti musicali (rubati a concerti in Cile ed in Italia) ed interessanti testimonianze dei componenti del gruppo e di molti che li hanno conosciuti e amati, Cordio e Pagnoncelli creano un documentario che tiene legati alla sedia dall’inizio alla fine. O forse no, perchè non è facile resistere a muoversi ascoltando il ritmo sempreverde degli Inti-Illimani.
Prima di concludere voglio quindi lodare l’ottima scelta di Distribuzione Indipendente, di proporre e promuovere al cinema anche il documentario, genere sempre molto bistrattato e difficile da vedere (ora che anche la TV ha smesso di proiettarlo) se non all’interno dei festival.
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