Nuovo appuntamento con la rubrica Cinema e Libri che stavolta si sofferma per voi su uno dei più fortunati matrimoni tra film e opera letteraria, “Il nome della rosa“.
Il libro, scritto da Umberto Eco ed edito nel 1980, ha avuto un successo straordinario ed è stato ripubblicato diverse volte, diventando un vero e proprio libro “di culto”. Si tratta infatti di un romanzo dallo stile “deduttivo”, costruito su un intricato dedalo di luoghi, personaggi e, soprattutto, misteri. Ambientato nel Medioevo (siamo nel 1327), “Il nome della rosa” racconta le vicende di Guglielmo da Baskerville, monaco francescano, e Adso da Melk, novizio, in un monastero benedettino dell’Italia del nord, impegnati a risolvere il mistero di sette morti avvenute nel monastero stesso; gli indizzi portano tutti alla biblioteca. La trama è intricatissima, avvincente, intrisa di storia e filosofia, e porta dritti fino alla fine; le pagine si chiudono ancora una volta con un interrogativo.
Il lavoro di Eco è davvero ben scritto; l’autore delinea personaggi e luoghi con una precisione maniacale, accompagna il lettore in un viaggio nel tempo e nello spazio per poi catapultarlo in un oscuro monastero pieno di misteri e suggestioni.
E’ proprio qui che il film pecca. Almeno a chi ha letto il libro il film non risulta fedele al romanzo, sia per quanto riguarda la descrizione dei due personaggi principali che in quella dei luoghi. Sebbene i due protagonisti principali, Sean Connery e Christian Slater sono bravissimi nei rispettivi ruoli di Guglielmo e Adso.
La pellicola, diretta da Jean-Jacques Annaud e uscita nelle sale nel 1986, risulta comunque piacevole; se non avete letto il libro, “Il nome della rosa” in versione cinematografica sarà sicuramente di vostro gradimento anche se dopo averlo visto vi sembrerà che il regista abbia tralasciato qualcosa. Ciò cje manca sta a voi scoprirlo, in un doveroso confronto con l’opera letteraria.