Lezioni di cinema: Sergio Castellitto e i suoi film di maggior successo

Proseguiamo la lezione di cinema del regista ed attore Sergio Castellitto. Dopo aver parlato dei suoi esordi oggi parla dei suoi ruoli di maggior successo e dei film da regista.

I film per la televisione e le biografie: Fausto Coppi, Padre Pio e Don Milani

Sergio Castellitto non ha mai disdegnato le proposte televisive anzi ha interpretato molti ruoli raccontando le vite di personaggi noti ma, contrariamente ad altri attori, non è rimasto legato a quei personaggi. C’è una responsabilità diversa nel momento in cui ci si confronta con un personaggio che gran parte del pubblico conosce ed ha amato? Nel video la risposta dell’attore che parla anche di uno dei suoi ruoli più importanti: Padre Pio

In questo video invece parla di un altro sacerdote, Don Milani, con un tipo di religiosità completamente diverso da quella del frate. Esiste un metodo per avvicinarsi ad un personaggio?

L’uomo delle stelle di Giuseppe Tornatore

Come si è avvicinato Castellitto al protagonista de L’uomo delle stelle di Giuseppe Tornatore?

Sergio Castellitto: Quella è stata un’avventura meravigliosa, abbiamo attraversato la Sicilia da nord a sud, da est a ovest. Sembrava il Far West, filmato in un modo formidabile dal direttore della fotografia Dante Spinotti. Tra l’altro l’ho rivisto poco tempo fa per caso in una visione notturna e anche lì c’è l’idea di un manipolatore, un affabulatore, un venditore di sogni, appunto L’uomo delle stelle. Uno che ti racconta che le cose possono accadere e poi ti lascia con un pugno di mosche fra le mani. Mi ricordo un’esperienza molto faticosa, un film on the road, itinerante, questo tipo che gira con un furgoncino per tutta la Sicilia facendo provini a ragazzi, ragazze ma anche persone adulte. Tutti hanno il diritto di avere un sogno. Mi ricordo personaggi anche anziani che si mettevano di fronte alla cinepresa e recitavano la prima cosa che gli veniva in mente semplicemente per poter essere impressi nella memoria di qualcuno perché il cinema è anche questo.

Sergio Castellitto. Foto di Francesco Guida

‘La stella che non c’è’ di Gianni Amelio

Sergio Castellitto: 80 giorni in Cina, un film che meriterebbe di essere rivalutato, anche questo piuttosto profetico. Un operaio delle acciaierie di Genova che perde il lavoro perché l’acciaieria è stata venduta ai cinesi e lui va lì perché scopre che c’è un pezzo che non hanno consegnato e pensa che se non montano questo pezzo l’acciaieria salta. Così compie questo viaggio per un motivo folle. Ogni paese del mondo è una nazione, la Cina è un pianeta, è come mettere piede la prima volta in un pianeta diverso dal nostro.
Me lo ricordo come un viaggio pazzesco, un grande privilegio perché vai a fare un film e attraverso il cavallo di Troia di questa esperienza entri in un mondo che è di per sé il film.

I film, i figli, il successo

Castellitto è uno di quegli attori e registi che amano rivedersi e che ogni volta che si rivede scopre qualcosa di diverso?

Sergio Castellitto: Non amo rivedermi ma non amo neanche non rivedermi. Spesso ci sono colleghi che affermano ‘detesto rivedermi!‘. A me piace, quando becco il film mi fermo, mi ricordo, ero più giovane, più ragazzino, mi commuovo, mi ricordo quel giorno cosa mi ha fatto incazzare, certe volte mi ricordo cosa ho mangiato quel giorno, quando ho girato quella scena, se l’ho girata all’inizio, alla fine. Quindi c’è un sottofilm, un sottotesto che è soltanto mio. Adesso spererei i miei figli si degnassero ogni tanto di vedere i miei film ma…preferiscono Sorrentino!

Il figlio Pietro Castellitto sta iniziando la carriera dell’attore:

Sergio Castellitto: Ha avuto la mia totale benedizione ma la speranza è che lui scopra di avere davvero il desiderio, il talento per poterlo fare e per fortuna è ancora molto giovane quindi ha tempo per scoprirlo. Però io sono un padre all’antica per cui gli ho detto: ‘vuoi fare l’attore? Laureati! Poi fai l’attore’. Adesso forse si laurea…

Sergio Castellitto. Foto di Francesco Guida

Come si gestisce il successo?

Sergio Castellitto: C’è tanta retorica intorno a questa cosa. Io ho vissuto male solo l’insuccesso, il successo l’ho sempre vissuto benissimo. Mi ha sempre così fatto piacere quando la gente mi ha tirato la giacca, mi ha chiesto l’autografo, mi ha detto grazie per il tuo lavoro, grazie perchè ho visto il tuo film e ho imparato qualcosa della mia vita. E’ uno straordinario privilegio e l’ho sempre vissuto in maniera autentica, diretta, molto serena. Bisogna anche vedere su quali basi lo costruisci il successo. Se lo costruisci su qualcosa che per te ha valore, è onorevole e vale di più, conta di più per te e per gli altri. A volte invece il successo si costruisce anche sull’inettitudine. L’equazione talento uguale successo non è sempre così automatica. Però diciamoci la verità, se una cosa ha successo un motivo da qualche parte c’è.

In ogni caso il successo merita piacere e ti dà piacere quando l’equazione la chiudi col talento, se è il talento che ha prodotto quel successo allora è una cosa di cui devi essere molto fiero. Però il talento è un olio che scivola molto velocemente dalle mani, non è detto che ti assista tutta la vita, lo devi coltivare come una pianta, devi tagliare i rametti secchi, devi controllare la terra, se è abbastanza umida. Il talento, diceva Cechov, è il lavoro, è scrivere una pagina al giorno.

Francesco Totti

Da una citazione della sua biografia: Negli spot Francesco Totti è bravo, ha i tempi giusti per l’ironia. Certo avrebbe bisogno di essere aiutato nella dizione ma per il resto è bravo. Se riuscissi a lavorare per due mesi con lui riuscirei a fargli recitare di tutto ottimamente.

Sergio Castellitto: E’ una grande sfida però la grande recitazione della commedia italiana è dialettale, il cinema italiano non ha parlato italiano ma romano, napoletano, siciliano, veneto, pugliese, ha parlato la lingua delle regioni. Sottoscrivo tutto meno che la dizione perché ognuno ha la dizione che si merita. Totti sarebbe stato un ottimo attore da neorealismo… oltre ad essere un mito perché io sono romanista!

Non ti muovere

com’è venuta l’idea di fare un film dal libro di Margaret Mazzantini? La risposta nei video che seguono, nei  quali il regista parla del suo personaggio Timoteo, di Penelope Cruz, Claudia Gerini, del figlio Pietro e della compagna Margareth Mazzantini

‘Venuto al mondo’ e ‘La bellezza del somaro’

L’esperienza si è ripetuta recentemente con Venuto al mondo. E’ stato diverso ritrovare un altro romanzo della compagna? Nel video la risposta del regista che parla anche del film La bellezza del somaro

Sergio Castellitto: La bellezza del somaro poteva essere anche una commedia teatrale perché ha un palcoscenico unico, una villa di campagna dove in un weekend si consuma tutto. I protagonisti sono una coppia di genitori molto illuminati, aperti e hanno una giovane ragazzina, figlia unica, Rosa, chiamata così in omaggio nientemeno che a Rosa Luxembourg. scoprono l’essere in crisi della figlia, capiscono che c’è un fidanzato, c’è come un’indovina chi viene a cena, le chiedono di portarlo a casa e lei si fa convincere e finalmente porta il nuovo fidanzato in questa magnifica casa in toscana e si presenta uno di 75 anni, Enzo Jannacci! E questi due genitori così illuminati, così aperti, così democratici diventano due bestie (chi è questo che mette le mani addosso a mia figlia?). Il film racconta in maniera divertente e comica un tabù: questa è una società che si apre a tutte le intolleranze ma c’è nei confronti della vecchiaia, nel non essere più produttivi, nel non servire più a niente, ancora un’intolleranza.

Termina qui la seconda parte della lezione di cinema di Sergio Castellitto. Continua a leggere la terza ed ultima parte.

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