Paterson, il nuovo film di Jim Jarmusch, è stato presentato in concorso all’ultimo Festival di Cannes. Segue la vita di una coppia, nell’arco di sette giorni, in una piccola cittadina dello stato del New Jersey, di nome Paterson, da cui prende il nome anche il protagonista, interpretato da Adam Driver, noto al pubblico italiano per aver recitato nel film Hungry Hearts (2014) di Saverio Costanzo e Star Wars: il risveglio della forza (2015) di J.J. Abrams.
Paterson
Jim Jarmusch è un regista molto eclettico, capace di fare film molto diversi da loro. Soprattutto lo si ricorda per la sua pellicola Daunbailò in cui recitarono Roberto Benigni, Tom Waits e John Laurie, film in bianco e nero, che stravolse un po’ i canoni della regia e del racconto narrativo tradizionale. Il suo ultimo film Paterson è totalmente diverso, parla della routine quotidiana di un guidatore di autobus al quale sostanzialmente non accade nulla di straordinario, ma tutto sta nelle piccole varianti che la vita a volte può regalarti, anche da un incontro casuale, come accade a Paterson.
Non ci sono picchi nella sua relazione di coppia, ma poi nel momento in cui guida ascolta stralci di conversazione interessanti, quando porta a spasso il suo cane incontra personaggi molto particolari, rischiando anche la sua vita, con quel grado di incoscienza di una persona a cui non accade mai nulla di veramente speciale. Mentre la sua compagna Laura (Golshifteh Farahani) ha una vita piuttosto viva, piena di energia e di amore per l’arte e tutti i giorni si inventa qualcosa di nuovo da realizzare.
Ma quello che mantiene vivo lo spirito di Paterson è il suo amore per la moglie e per la poesia, che scrive sopra un piccolo taccuino che conserva gelosamente. E’ un film in cui il regista ha cercato di raccontare la bellezza dei piccoli gesti quotidiani, in cui anche una scatola di cerini, apparentemente insignificanti, possono essere fonte di inspirazione per una poesia. L’intento è davvero meritevole, anche se poi il film, in se un po’ ripetitivo e lento, potrebbe non piacere al grande pubblico abituato a vedere film con ritmi di montaggio molto veloci. Qui il tempo passa lentamente, come nella vita di tutti i giorni, questo tempo che viene definito come la quarta dimensione, in cui le prime tre sono altezza, larghezza e profondità, come ci insegnano a scuola quando si studia la geometria.
Come diceva Cesare Zavattini, la più grande impresa di un regista è quella di riuscire a filmare 24 ore della vita di una persona, nell’arco della sua intera giornata, e questa è in qualche modo il punto di partenza del regista. Non è facile raccontare la quotidianità della vita, perché ai più risulterebbe banale e anche triste, perché ci fa capire quanto a volte il ripetersi delle azioni come alzarsi, andare a lavoro, tornare la sera, cenare, e l’indomani iniziare tutto esattamente nello stesso modo, non sia esaltante. Ma ciò che fa la differenza sono le varianti.
Il film è uscito nelle sale il 22 dicembre 2016 con distribuzione Cinema a Roma, Milano e Torino ed esce oggi in tutte le sale.