Cinemio incontra i registi emergenti: intervista ad Edo Tagliavini – Seconda Parte

Continuiamo la nostra intervista ad Edo Tagliavini con il quale abbiamo iniziato a parlare di Alchimia del Gusto, il cortometraggio del 2008, finanziato e prodotto da Pasta Garofalo. In conclusione, l’opinione sul corto di una delle collaboratrici di cinemio.

Le domande al regista

Com’è stata l’aria sul set? Hai degli aneddoti da raccontarci?

Lavorare con il Blue Back tutto attorno è molto ipnotico: essere al centro di uno spazio blu senza nessun oggetto scenico è a volte stordente, come essere nel mezzo del nulla. Ricordo Alessandro che mi guardava sempre con un sorriso come a dire: “Fa lo stesso effetto anche a te?”. La cosa divertente è che bisogna immaginarsi tutto, avere chiaro in testa la visualizzazione della post produzione, e per chi non ha tutte le informazioni, il trovarsi immersi nella stanza blu crea senz’altro un effetto di smarrimento.

Per fortuna con noi c’era mio fratello Giuseppe e il un suo collega di lavoro David Sudd, rispettivamente il supervisore agli effetti visivi (ora Giuseppe è in Nuova Zelanda a lavorare a Lo Hobbit di Jackson, dopo aver vinto il premio Ves Award nella categoria compositing live scene per Avatar), e l’esperto di parallasse per i movimenti della macchina da presa (in pratica in base ai movimenti di macchina da presa, ricreava una mappatura delle pareti, riempite di crocette nere, in modo da far combaciare la scenografia virtuale ai movimenti reali del dolly e carrello).

Ricordo che la scena della Galleria d’arte doveva essere girata in altro modo, ma il montaggio della camera digitale (una canon 500) sul Jimmy Jeeb (una specie di piccolo Dolly con la testa remotata, che permette alla macchina digitale di muoversi a distanza) aveva portato via molto più del tempo previsto e quindi ho dovuto cambiare tutto in un momento (altrimenti non sarei riuscito a finire la giornata, e non avevamo assolutamente possibilità di recuperi, o di sforature d’orario).

Avevo però da poco visto il divertente e tanto sperimentale Speed Race dei Wachowski e c’era una scena di dialogo molto divertente, giocata con sovraimpressioni di volti. Essendo la mia una scena di “ricordi”, si prestava benissimo a quel tipo di montaggio, cosi, facendo stare fermi Clive e Alessandro in tempi diversi, abbiamo girato la scena “chiave” del cortometraggio nei tempi stabiliti, dandomi devo dire anche una bella soddisfazione nel risultato finale.

Invece una cosa che mi ha tenuto con il fiato sospeso è stato Clive: il giorno delle riprese veniva da Prato (comunque da fuori Roma), e per tutto il giorno, fino a pochi minuti prima di girare, era irreperibile: stavo già facendo il toto per chi avrebbe potuto sostituirlo fra i presenti e le comparse chiamate!

Quali sono invece i tuoi progetti futuri? C’è un nuovo lungometraggio nel cassetto?

Progetti come sempre tanti: in fondo è come essere un pescatore con tante canne da pesca in mare… più ne hai tirate, e più c’è possibilità che qualche pesce abbocchi! Un nuovo lungometraggio indubbiamente, passando però alla commedia: con Francesco Malcom e Daniele Rutigliano abbiamo da poco finito una bella sceneggiatura sul mondo del porno e la crisi dei 40enni (ogni età ha le sue crisi!), poi ho i diritti di un bellissimo libro di Morozzi, Despero, che vorrei portare in immagini assieme a Dario Formisano: un film sugli anni ’80 ma visti dal lato cattivo, quello rock, skate e surf.

Un nuovo cortometraggio sulle identità, che vorrei girare sempre con Alessandro Preziosi, e una storia sui ragazzi che hanno vinto l’Oro a Pechino nel Ju Jidzu. Come dicevo tante cose, tanti progetti, sperando che almeno uno si concretizzi!

Prima di lasciare spazio alla recensione della nostra collaboratrice, ringrazio e saluto Edo Tagliavini in attesa di parlare qui con noi di un suo nuovo progetto.

Il regista Edo Tagliavini

L’opinione

di Francesca Muscella

Questo lavoro fin dall’inizio mette ansia, angoscia, paura, sentimenti dettati anche dalla predominanza del colore nero per tutta la durata del corto e dalla tecnica recitativa adottata da Alessandro Preziosi. Tutta la trama narrativa, tra l’altro molto confusa, si incentra sui ricordi caotici del protagonista e su di un invito, che non si capisce bene a cosa si riferisca…

La confusione della trama viene ad essere quasi dimenticata dalle bellissime tecniche di montaggio, dalla fotografia, dagli effetti, da alcuni scorci prospettici, dal contrasto scenico tra il paesaggio al buio illuminato da una luna prepotentemente bella e protagonista che dona un senso di quiete.

Bellissima ed inquietante la scena dello specchio, dove l’immagine riflessa del protagonista si anima di vita propria, così come è suggestiva l’immagine seguente, dove il protagonista si scontra per strada con se stesso, o ancora le poche scene pervase da bagliori di luce accecante, proprio ad indicare i ricordi che riprendono il loro spazio, ed infine le numerose scene in cui si sovrappongono presente e passato con una carrellata di immagini inerenti ai ricordi che riemergo, con Preziosi in primo piano e i suoi incubi/ricordi che scorrono dietro di lui.

Poi, d’improvviso la narrazione rallenta, sembra che la trama prenda ad essere più logica, forse si comprende il perché dell’invito, rivolto si al protagonista, ma per lavorare come chef ad una cena privata, che si rivelerà una trappola mortale: l’intento era quello di uccidere l’Alchimista del Gusto.

Comunque il protagonista riuscirà a farla franca aiutato da una ragazza giapponese, invitata a questa cena privata. Suggestiva la scena delle macchina, dove si vede lo chef e la ragazza giapponese in fuga per una meta sconosciuta.

Il filo conduttore mostra alcuni punti oscuri: non si capisce lo spazio temporale, non si capisce chi siano queste persone che vogliono la morte del protagonista, da dove nasca tutta questa rabbia nei sui confronti e ancora, chi era quella ragazza giapponese che lo salva da morte certa, dove lo porta…

Se  non fosse per la bravura di Alessandro Preziosi e per gli effetti molto ricercati e ben studiati inseriti in molte scene, il lavoro non presenterebbe punti di forza ed elementi significativi per considerarlo un prodotto riuscito bene.

Edo Tagliavini con Alessandro Preziosi

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