Lacrime di sangue: l’arte visiva di Hélène Cattet e Bruno Forzani

Lacrime di sangue (L’etrange couleur des larmes de ton corps) è un film del 2013 diretto da Hélène Cattet e Bruno Forzani. In veste di protagonista figura Klaus Tange, attore danese che ha partecipato a diversi progetti televisivi e cinematografici.

Lacrime di sangue
La locandina ufficiale di Lacrime di sangue

Dopo aver ottenuto un ottimo successo di critica al festival di Locarno, il lungometraggio ha conquistato il premio per la miglior fotografia al 5th Magritte Awards. In Italia, lo stesso è stato distribuito direttamente in home video (doppio blu-ray che presenta anche Amer) dalla midnightfactory.

Lacrime di sangue

La scomparsa di una donna porta il marito a indagare sulle dinamiche dell’accaduto. Le ricerche proseguono incerte e un velo di mistero sembra occultare le tracce, ma ciò che pare annebbiare la psiche del protagonista si riflette concretamente sul corpo, costituendo un incubo ad occhi aperti.

Il trailer ufficiale di Lacrime di sangue

Non aprite quella porta

L’oscurità cela ogni anfratto dell’edificio, custodendo gelosamente i segreti d’ignari condòmini. Lo spazio si fa malleabile, i corridoi s’intersecano e le planimetrie mutano man mano che i personaggi perdono lucidità. Eppure, gli stessi vengono morbosamente reclamati dagli androni dello stabile, risucchiati da un vortice che rasenta l’astrattismo: tanto nebuloso concettualmente quanto materico a livello stilistico. La sensazione è di ritrovarsi ad ammirare un luogo in perenne trasformazione, in grado d’inglobare i malcapitati e capace di condurne le gesta: Dan viene suggestionato a più riprese, influenzato nel profondo come fosse sotto ipnosi. E non potrebbe essere altrimenti! A fomentare l’atmosfera dall’aria sinistra incorre l’Art Nouveau della dimora: linee sinuose e dinamiche rinunciano a un ordine prestabilito, raggiungendo le vetrate e riflettendo la luce fino a un’hall centrale. La scelta si rivela azzeccata, poiché il moto ondulato dell’architettura richiama inevitabilmente l’onirico.

Lacrime di sangue
Luci e ombre…

Anni 70 e oltre…

I colori primari scandiscono il proseguire delle sequenze; rosso verde e blu dipingono le inquadrature esprimendo al meglio la visceralità dei personaggi, o dello spettatore. Ognuno dei toni citati si riversa in dettagli di vitale importanza, sotto mentite spoglie volutamente valorizzate dai cineasti. La palette cromatica stordisce e sbalordisce, conquista. Si, perché godere di tali gradazioni è d’obbligo se si è affezionati al Darione nazionale o al compianto Lucio Fulci.

Il verde in un frame della pellicola

Ma non solo, il tutto è rivisitato in salsa postmoderna, frammentato da un lavoro di montaggio a tratti ipercinetico che frastorna il fruitore: il decoupage estremizza il ritmo mediante ricorrenti split screen e dettagli che sembrano voler scavare all’interno dell’animo dei soggetti. Immagini caleidoscopiche e stanze grandangolari restituiscono una visione d’insieme ampia e corposa, lacerata all’istante da incursioni claustrofobiche e disturbanti. L’incubo di Dan è tramortito da tinte allucinogene, ma anche da segmenti in bianco e nero o persino da sequenze in stop-motion; registri visivi che testimoniano la padronanza tecnica del mezzo.

Kronos et Eros

Non c’è via di scampo. Inizio, fine e durata perdono di consistenza di fronte a una narrazione scarna ed abbozzata. Il canovaccio è il MacGuffin, la cosiddetta scusa al fine di mostrare in realtà qualcos’altro: la forma che si fa sostanza. Il tempo diviene unità effimera e solo di rado riacquista senso attraverso il rapporto causa-effetto: distorto ulteriormente da flashback disorientanti o da vicende che si svolgono (forse) parallelamente a quelle del protagonista. Un limbo incorporeo e allo stesso tempo carnale, una dimensione reale e contemporaneamente onirica.

Realtà o immaginazione?

È proprio in tal contesto che il confine tra dolore e piacere diviene fumoso. Punto focale del “racconto” è il rapporto tra uomo e donna, caratterizzato da impossibilità di comunicazione (non a caso pochi i dialoghi del progetto) e da morbosa carica erotica. Nello specifico, il corpo esplicita per mezzo di ciò che secerne, ancor meglio della parola. Un gemito di sofferenza o di delizia? Spesso non è dato saperlo, ma quel che colpisce sono le continue misture tra plasma e ferite che a una prima occhiata scambiamo per vagine…o viceversa. Numerose in tal senso le correlazioni tra falli e lame acuminate, subdole nel lisciare i capezzoli della vittima per poi tentare una penetrazione. Qui si consuma l’atto sessuale tramite meccanismi d’associazione e percezioni sensoriali, rendendo il contatto qualcosa di ambiguo.

Lacrime di sangue
Dolore e piacere

Lacrime di sangue: il cinema

Per concludere, la seconda fatica dei registi scuote brutalmente chi guarda. Il genere viene destrutturato, tirato a lustro e reso essenziale nonostante l’estro visivo dei nostri. Il giallo all’italiana sancisce l’avvio di trama, ma non bisogna ricercarne una linearità, bensì godere degli stessi stilemi riproposti in chiave moderna. La sceneggiatura mette in luce/ombra le turbe di una mente ossessionata, di una psiche sconvolta dagli eventi. Dell’uomo vengono descritte dottamente le perversioni, i primordiali istinti, fino alle repulsioni che tramutano in desiderio. Il combinato dei reparti è lodevole e totalmente slegato dal tempo: scenografie, colonna sonora, riprese, fotografia e montaggio fortemente evocativi. Chiaro il messaggio! Il cinema è forma che veicola contenuto…e in questo caso, la sostanza viene comunicata in maniera eccezionale.

Grazie per l’attenzione! Continua a leggere gli articoli della Rubrica horror da me curata.

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