Anticipazioni: Salvatore Mereu, “Tabajone”

Di Salvatore Mereu ricordo vagamente di avere visto il suo quasi-esordio “Ballo a tre passi”, nel 2003: ma se devo essere sincero, del film in sé ricordo ben poco. Comunque il film fu accolto alla grande dalla Mostra del Cinema di Venezia, dove addirittura vinse il premio della “Settimana Internazionale della Critica”. Da allora però sono passati ben sette anni, intervallati da “Sonetàula” (2008) che però credo non sia stato visto da nessuno. Per il resto di Salvatore Mereu si sa che è abbastanza giovane (classe 1965), si è laureato al DAMS di Bologna ed è sardo fino al midollo. E tra pochi giorni presenterà la sua nuova pellicola a Venezia, “Tabajone”, della quale ha parlato ieri su Radiotre ad Hollywood Party: e la particolarità della sua genesi sembra la premessa per un’opera di notevole interesse. mereu Tutto è iniziato quando Mereu si è messo a collaborare con una scuola di Cagliari, in uno di quei progetti di educazione all’immagine che sono spesso un’ancora di salvezza economica per i registi disoccupati. Mereu si è dunque preso in carico un gruppetto di tredicenni particolarmente (come si dice in questi casi) “disagiati”; facendo la gioia dei rispettivi professori, che li consideravano dei buoni a nulla e non vedevano l’ora di levarseli dai piedi. Con questi ragazzini, Mereu si è limitato in una prima fase a parlare di cinema; quindi ha fatto sì che essi raccontassero le loro storie, trasformandole in una sceneggiatura per un cortometraggio finale. Ma alla fine, il regista ha trovato così stimolante la loro creatività che il corto è diventato un lungometraggio: se l’è finanziato di tasca propria (10.000, quasi un record di basso budget) e adesso eccolo addirittura alla Mostra del Cinema. Tutta questa storia non sembra solo una (vera) favola a lieto fine, specie per il riscatto personale di questi ragazzi emarginati da tutti ed ora diventati di colpo coautori di un’opera da festival senza passare dal via. E’ anche una risposta creativa alla crisi dell’industria cinematografica, che dimostra come – se vengono fuori delle idee fresche – il cinema possa sbucare fuori anche nelle condizioni economiche e sociali più insospettabili. Chiunque probabilmente (e Mereu stesso) preferirebbe farsi parare la schiena da Medusa o Raicinema, ma spesso le opere d’arte più spontanee sono quelle che nascono in modo spontaneo. Vedremo poi se il film sarà all’altezza della sua genesi…

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