E’ uscito lo scorso 11 novembre nella rete di Distribuzione Indipendente, Sagràscia, opera prima del regista sardo Bonifacio Angius. Noi vi proponiamo due recensioni. Un invito a non fermarsi ai soliti film?
Il bel cinema senza risorse
di Antonella Molinaro
Una foto in bianco e nero di un bimbo con un saio e la testa fasciata, le indagini del regista e la scoperta che quel bimbo era in realtà suo padre e che per una caduta avrebbe potuto morire. Ma è sopravvissuto e c’è chi dice che a salvarlo sia stata la grazia di un santo. Così quel bimbo si trova volente o nolente a fare un pellegrinaggio verso la chiesa del santo per ringraziarlo.
Comincia così Sagràscia di Bonifacio Angius, con la caduta di Antoneddu e poi i preparativi per questo viaggio verso la chiesa di Sant’Antonio. Ma l’aspetto autobiografico si ferma qui: dalla partenza di Antoneddu in poi è tutto un gioco di incontri/scontri con personaggi strambi, buffi, teneri.
La foto ritrovata diventa così solo uno spunto per catapultare lo spettatore nel mondo immaginifico del piccolo Antoneddu. Inizialmente si è portati a chiedersi ‘Ma cos’è? Un sogno o è realtà?‘, poi man mano che il film va avanti ci si lascia trasportare dalla bellezza delle immagini, dai suoni (a volte incomprensibili), dalle musiche dai giochi e si ha l’impressione di percepirne persino gli odori.
Davvero straordinario il piccolo Giuseppe Mezzettieri, che interpreta Antoneddu: da menzionare sicuramente la scena in cui si ritrova a camminare solo e si arrabbia con tutti quelli che lo hanno abbandonato. Ma non è da meno il resto del cast, in particolare Francesca Niedda (Angela) che riesce, con uno sguardo che buca lo schermo, ad esprimere tutta la forza e l’ingenuità del suo personaggio.
Splendida poi la fotografia: dai caldi paesaggi Sardi (così diversi da quelli a cui siamo abituati) agli intensi primi piani dei protagonisti, tutto sembra orchestrato alla perfezione per stupire e ammaliare lo spettatore, fotogramma dopo fotogramma.
Insomma, Sagràscia è davvero un piccolo gioiellino indipendente che mostra come, per fare del bel cinema non si ha necessariamente bisogno di grandi nomi o grandi risorse.
Una ventata di aria fresca
di Davide Cinfrignini
Lungo le strade di una Sardegna “fuori dal tempo“, Antoneddu, banbino di dieci anni che dopo essere caduto dalle scale si è salvato miracolosamente , compie un lungo viaggio per recarsi in chiesa e ringraziare Sant’Antonio.
Sagràscia è indubbiamente una ventata di aria fresca nel panorama cinematografico italiano, grazie al coraggio di un autore che dirige un’opera completamente autoriale, priva dalle restrizioni dovute a vincoli di mercato e intimamente voluta, necessaria, viva come dovrebbe essere ogni opera prima di un “vero” regista.
Il film è infatti onestamente un prodotto difficilmente vendibile, un piccolo gioiello che si priva dei dettami della narrazione classica, dove lo spettatore non viene accompagnato per mano ma viene lasciato solo in un mondo logicamente incomprensibile, senza gli strumenti per poter dare alla vicenda una lettura razionale ed univoca.
Il lungo viaggio del giovane Antoneddu avviene in un tempo dilatato in maniera spropositata e antirealistica e in non-luoghi governati da figure ancestrali, personaggi mitologici che nascono dalla terra e con essa dialogano attraverso lingue sospese dal/nel tempo.
La trasfigurazione del reale permette a Bonifacio Angius di scrivere un lungometraggio con dei tratti autobiografici, senza però la necessità di soddisfare necessariamente il proprio ego, non volendo rivelare parti di sè stesso ma figure sfocate del suo stato mentale. Un film adatto ad un pubblico di “nicchia“, raccontato però attraverso un linguaggio universale.
Voto : 8
Se queste recensioni ti sono piaciute leggi l’intervista al regista Bonifacio Angius.