Registi emergenti: l’intervista a Niccolò Castelli, autore di ‘Tutti giù’

Continuiamo l’intervista al regista Niccolò Castelli dopo aver presentato e recensito il suo primo lungometraggio Tutti giù, presentato in numerosi festival nazionali ed internazionali ma ancora non distribuito in Italia.

Le domande a Niccolò Castelli

Ciao Niccolò, bentornato su cinemio. Continuiamo a parlare di ‘Tutti giù’. Sempre riguardo la storia del film, quanto c’è, se c’è, di autobiografico?

A dire il vero c’è abbastanza e in parte l’ho scoperto poco a poco, mentre scrivevo il film. Io stesso ho sempre avuto molte passioni: ho una band, lavoro in radio dall’età di 15 anni, amo la fotografia e tanto altro. E il rapporto con ciò che sono, con una sorta di “identità” è sempre stato relativamente conflittuale. Credo che fare questo film mi abbia anche dato molte risposte. Inoltre, un aspetto di grandissima importanza è che il film racconta storie ispirate da amici con i quali sono cresciuto e che in parte, purtroppo, ho perso.

Tutti Giù racconta di una città, Lugano, nella quale sono cresciuto, in cui tutti si conoscono. Il film è girato nei luoghi che vivo tutt’ora: il club è quello dove mettevo dischi in passato, l’ospedale è quello dove lavora mio padre, la scuola quella dove ho conseguito la maturità… insomma, Tutti giù è impregnato del mio passato e di quello dei tanti che hanno partecipato alle riprese, come molti attori non professionisti che come me conoscevano bene le persone che hanno ispirato la storia.

Il protagonista Nicola Perot

Il film mette ben in evidenza i rapporti di amicizia e il dover superare le prove della vita in due e mai da soli. In alcune scene sembra quasi di assistere ad un documentario: è una scelta voluta?

In parte ho appena risposto alla domanda. Sì, è una scelta direi condivisa a tutto il team che ha lavorato al film, dalla scenografia ai costumi. Ho avuto la fortuna di vivere molti set come aiuto regista e avevo spesso la sensazione che davanti alla camera mancasse della vita. Spesso film che hanno temi universali cercano di raccontare in modo universale, uscendo da realtà ben definite e rendendo anonimo il mondo che raccontano. Può essere un’ottima scelta, ma non per questo film.

L’idea di base in Tutti Giù è stata l’opposto: rimanere vicini e fedeli a ciò che ho sperimentato nei primi 30 anni della mia vita e in questo modo cercare di essere genuini, leali con la vita, lasciando che fosse essa stessa ad esprimersi. Anche a livello di luci non abbiamo praticamente utilizzato nulla di artificiale, solo dei neon e delle lampade acquistate in normali negozi. Le comparse, gli attori, sono tutte persone di Lugano, la loro amicizia arriva prima del film e sono felicissimo quando il pubblico la sente attraverso lo schermo e sente che senza quel legame fra i protagonisti si è anonimi, si è soli.

Devo molto a chi ha partecipato al film perché è come se un gruppo, una generazione di persone, si fosse messa a nudo senza paura e con il sorriso per il film che ho scritto. Un enorme regalo per me. Penso ad esempio a Yari Copt, che nel film interpreta il proprietario dello Skate Shop, il mentore del protagonista Jullo: beh, Yari è il vero Jullo, colui che ha vissuto (in parte) la storia del protagonista e l’ha ispirata. Avere lui sul set ha influenzato, consciamente e inconsciamente, tutti gli altri. Idem per Lara.

Il protagonista Yanick Cohades

Parliamo dei protagonisti, tutti giovani attori alla loro prima esperienza in un lungometraggio. Come sei arrivato a loro? In particolare, Lara Gut, che interpreta Chiara, è davvero una campionessa di sci. Come ha affrontato la sua prima esperienza cinematografica?

La ricerca di ogni protagonista è stata differente, e ogni volta lo scopo era quello di trovare un giovane che avesse sperimentato e conoscesse il conflitto interiore del personaggio che avrebbero dovuto interpretare. A mio parere, a 24-25 anni non c’è tecnica in grado di supplire alle esperienze di vita proprio perché ogni attore, anche di grande talento, non ha vissuto abbastanza per conoscere conflitti e dubbi interni nel suo profondo. Così con Cinédokké, che si è occupata del lungo casting, abbiamo viaggiato per tutta la Svizzera alla ricerca di giovani che sentissero il personaggio, che ne capissero i bisogni. È stato un viaggio appassionante.

Per quanto riguarda Lara, beh, lei all’inizio l’ho coinvolta solo per la scrittura del film. Ma più andavo avanti più mi rendevo conto che era impossibile trovare un’attrice che a 20 anni avesse vissuto solo il 10% di ciò che ha vissuto Lara. E allora le ho chiesto di partecipare. All’inizio non voleva, credeva di non esserne all’altezza e lei è una ragazza che o fa bene una cosa o la fa bene, nessuna eccezione. Ma dopo un provino siamo riusciti a convincerla, dimostrandole che grazie al suo vissuto sarebbe stata all’altezza. Devo molto a lei e a tutti gli altri protagonisti, perché hanno avuto il coraggio di mostrarmi le loro paure davanti alla cinepresa.

La protagonista Lara Gut

Le scene della discesa sono riprese oppure sono immagini di repertorio?

Qui entra in gioco la magia del montaggio e la bravura di Claudio Cea, il montatore. Le sequenze di sci sono spesso un mix straordinario di immagini girate in vari luoghi. Durante il periodo di scrittura del film, durato più o meno 2 anni, spesso accompagnavo Lara Gut alle gare. Ho fatto molte riprese con una mia cinepresa, e alcune di queste inquadrature sono finite nel film. Mi riferisco a immagini di pubblico, sponsor, tabelloni, avversarie…

Quindi, durante i suoi allenamenti a Sestrière, abbiamo girato tutti i dettagli, che durante una vera gara sono impossibili da realizzare perché tecnicamente difficili e perché bisogna piazzarsi con la cinepresa in mezzo alla pista. E poi, sempre con una mini crew, siamo andati a filmare alcune gare di sci dove Lara ha gareggiato con la vecchia tuta apposta per noi. Infine, le due cadute presenti nel film: quelle ovviamente sono immagini d’archivio, non potevamo rischiare che una campionessa di sci si infortunasse per le riprese di un film… eh eh. Insomma, un’insalata di immagini che una volta incollate assieme paiono una sequenza unica. Anche questo è il bello del cinema.

Il protagonista Kevin Blaser

Il film è stato presentato in molti festival ed ultimamente anche a Bari. Vuoi raccontarci qual è stato il riscontro del pubblico?

Il risconto dei selezionatori ai festival e del pubblico è stato veramente al di sopra delle mie aspettative. Ciò che mi rende particolarmente felice è che il pubblico ha la tendenza a fare suo il film, a voler sapere di più e parlarne dopo la proiezione. Mi capita spesso, e Bari è un ottimo esempio in questo senso, di esaurire il tempo a disposizione per domande e chiacchiere dopo il film. E non credo sia merito mio, o del film, ma del pubblico, che ha sete e voglia di immergersi nella propria vita attraverso quella di chi si muove sullo schermo. Si tende a dire che il pubblico è passivo, che bisogna spiegar loro il film e svagar la sua testa perché non è in grado di leggere i “sotto-livelli” di una narrazione. Non è assolutamente vero, il pubblico è molto più avanti di quel che certi “esperti” pensano.

A Bari è stato bello perché ho incontrato vari ragazzi dell’età dei protagonisti del film, e benché la Svizzera sia abbastanza diversa, sopratutto a quell’età, ci siamo resi conto che i bisogni e la voglia di vivere è la stessa. Idem per gli adulti, tante mamme che vivono oggi i loro figli con conflitto e dubbi, come è normale che sia, mi hanno parlato, durante e dopo la discussione seguita al film e le loro testimonianze sono state assai interessanti anche per me.

Il regista Niccolò Castelli

E per concludere uno sguardo al futuro. Quali sono i tuoi prossimi progetti? C’è un nuovo lungometraggio nel cassetto?

Il 2013 per me è stato un anno particolare, in costante viaggio per presentare Tutti Giù e nella realizzazione di un documentario per la TV Svizzera girato in Afghanistan. Una splendida esperienza per me. Ora sono tornato a scrivere. Sto sviluppando un progetto da un paio di anni e ora sono entrato nella fase principale della scrittura, quando da ricerca, appunti e note lentamente diventa film, con personaggi e dialoghi. Anche questa è una storia ispirata a dei fatti accaduti molto vicino a me. Ma la protagonista, perché questa volta è solo una, è un po’ più grande, una giovane donna, e l’ambiente in cui si muove più ampio. Non solo Lugano, ma anche la montagna, una mia grande passione che volevo fissare in pellicola.

Il regista Niccolò Castelli

Ringrazio Niccolò Castelli per la disponibilità augurandomi di averlo nuovamente ospite della rubrica per un nuovo interessante progetto.

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