Esce in poche sale il prossimo 8 novembre Malerba, opera prima del regista Simone Corallini e noi di cinemio abbiamo potuto visionare il film in anteprima. Nell’articolo la nostra recensione e l’intervista esclusiva per il blog al regista.
Malerba
di Francesca Barile
In un paesino del centro Italia vivono due fratelli, il maggiore cupo e tenebroso, massiccio nell’aspetto, gestisce la macelleria e si occupa della lavorazione della carne con grande attenzione mentre il secondogenito timido e insicuro è impiegato. Affetti da una malattia della pelle che genera una certa repulsione da parte degli altri, i due fratelli vivono isolati fino a quando il minore comincia a mostrare interesse nei confronti di una giovane collega.
Il clima che si respira è subito oscuro, accompagnato dalla martellante e onnipresente colonna sonora. Lo spettatore percepisce anche in una apparente stasi l’imminente crisi e soprattutto si percepisce l’atteggiamento morboso del giovane macellaio in tutte le sue manifestazioni.
Interessante, quasi antico, nel titolo che riporta nel suffisso all’epiteto che spesso colpiva chi si comportava da disadattato, chi era fuori dagli schemi spesso per dicerie o per i pregiudizi degli altri. Ma anche in certi aspetti ricorda i romanzi naturalisti di Zola come anche riprende il tema dello svelamento con un escamotage denominato ” theatre within the theatre”.
Diretto da Simone Corallini il film esce nelle sale italiane l’8 novembre. Sconsigliata la visione ai minori di anni tredici.
Malerba: intervista a Simone Corallini
Ciao Simone, innanzitutto benvenuto su Cinemio. Perché Malerba come tua opera prima? Ci parli della genesi del film?
La sceneggiatura mi è stata presentata dal produttore circa un anno fa e leggendola sono rimasto incuriosito da come si affrontava il tema della diversità. Ero appena uscito dall’esperienza con il cortometraggio Nkiruka – il meglio deve ancora venire finanziato dal Bando MigrArti 2017 nel quale parlavo di diversità toccando il tema dello ius soli. Sentivo quindi il bisogno di trattare la diversità in modo “diverso” uscendo dal binario comune e percorrendo una strada parallela, metaforica.
E questa storia lo faceva sotto diversi punti di vista, ad esempio trattando un genere poco utilizzato in Italia; oppure per la scelta di mettere in scena una particolare malattia poco conosciuta, la neurofibromatosi; o ancora per l’estremizzare una possibile situazione reale.
Quando parlo di diversità immagino davanti a me due insiemi: una macrosfera in cui troviamo i temi più noti e scottanti, come il colore della pelle, l’orientamento sessuale o religioso; ed una microsfera dove risiedono tutte quelle diversità alle quali diamo meno importanza, che possono andare da una malattia invisibile, ma devastante come la neurofibromatosi, fino alla psoriasi, dal diabete fino a una deformazione del viso.
Si tratta di un messaggio difficile e sottile da far passare e la vera domanda che mi sono posto prima di affrontare le riprese è stata: la diversità dove risiede? In chi guarda e giudica o in chi subisce lo sguardo ed il giudizio?
Come hai scelto i tuoi protagonisti e come hai lavorato con loro per la definizione dei personaggi?
Insieme alla produzione abbiamo fatto diverse giornate di casting tra Ancona e Roma che sono state molto ricche dal punto di vista umano. Non avevamo specificato nulla nel comunicato per quanto riguardava la malattia e la trama, proprio per avere la possibilità di creare l’effetto sorpresa nell’attrice/attore seduto davanti a noi. Grazie all’aiuto del casting director Victor Carlo Vitale, abbiamo avuto la fortuna di trovare Luca Guastini (Gabriele) e Antonio De Matteo (Orazio) che non conoscevo ma che fin dal primo incontro, continuato poi con un call back, avevano catturato la mia attenzione come elettromagneti.
Manuela Parodi (Arianna) la conoscevo da tempo e sicuro delle sue capacità sono stato io a contattarla direttamente. Luca e Antonio erano consapevoli di dover affrontare dei personaggi particolari, quindi da diverse settimane prima delle riprese hanno iniziato a prendere confidenza con la malattia, attaccandosi la protesi al loro volto e passeggiando per le strade di Roma.
Antonio inoltre ha trascorso diverse mattine in una macelleria vicino casa sua per capire le varie tecniche di taglio della carne. Lavorare con loro è stato un piacere e un divertimento immenso. Era la prima volta che avevo la possibilità di avere attori professionisti con i quali creare e, proprio perché adoro la figura dell’attore/attrice, mi sentivo come un bambino a Disneyland.
Malerba è il tuo primo lungometraggio. Come sono andate le riprese? Intoppi, difficoltà, aneddoti?
Abbiamo girato tre settimane nel periodo tra Novembre e Dicembre quindi, a parte un temporale preso in mezzo al bosco e il freddo intenso, le riprese sono andate molto bene. Con alcune persone della troupe ci sono “nato”, nel senso che ci conosciamo fin dai primi cortometraggi e credo sia stata la vera forza di questa squadra.
Un piccolo aneddoto che posso raccontare è successo poco prima di iniziare le riprese. Io e il produttore Fabrizio Saracinelli facevamo l’ennesimo sopralluogo nel paesino di Offagna quando, in pausa caffè, incontriamo un signore che scopriamo essere lo storico proprietario della macelleria del paese (luogo di lavoro di uno dei due protagonisti della storia).
La cosa sorprendente è stata scoprire che questo signore, proprio come il nostro personaggio Orazio, aveva un deformazione in viso. Questo incontro mi ha fatto molto riflettere sul senso e la necessità di raccontare questa storia.
E ora parliamo più nello specifico del film: il fratello più duro ha il viso completamente segnato da pustole mentre l’altro solo un accenno. Influisce proporzionalmente con il loro carattere?
Volevo creare proprio una differenza fisica collegata al carattere dei due fratelli. In fase di preparazione delle protesi, parlando con la capo reparto degli effetti speciali Arianna Semplici, abbiamo scelto di non puntare solo sulla “mostruosità” che poteva generare o un richiamo a grandi film internazionali o portare il sotto testo metaforico della storia verso altre idee.
Purtroppo è nella natura dell’essere umano giudicare e basta poco per farsi etichettare come diverso quindi, per trasmettere questo messaggio, dovevo fare questa scelta visiva. Gli indiani d’America dicevano che nel momento stesso che punti il dito verso qualcuno ne hai tre puntati verso te stesso.
Malerba perché erba cattiva quindi metafora della malattia o perché si rifà alla strana attitudine del fratello maggiore?
Malerba come erbaccia e quindi metafora della malattia.
A un certo punto il fratello minore assiste a una rappresentazione teatrale che sembra quasi riprendere certe sue situazioni di vita. Ti sei per caso ispirato al theatre within the theatre presente ad esempio in Amleto di Shakespeare?
Risposta dello sceneggiatore: Nello scrivere quella scena ho pensato che dovevo andare alla ricerca di un testo teatrale che mi permettesse di creare un parallelo della situazione tra Gabriele ed Orazio, una storia nella storia. Dopo diversi giorni di ricerca, per caso ho trovato sul google il pdf dell’opera teatrale, che conoscevo già attraverso il film, ed ho capito subito che era perfetto per la storia dei miei personaggi.