Anche quest’anno si ripete il consueto appuntamento con il Sudestival, giunto alla sua settima edizione. Primo lungometraggio in concorso In fondo al Bosco di Stefano Lodovichi. Nell’articolo la recensione del film da parte di un membro della giuria giovani del festival e l’intervista al regista e a Camilla Filippi, protagonista femminile.
In fondo al bosco
In quel di Croce di Fassa, piccolo paesino dell’omonima valle, si consuma una tragedia avvolta dal mistero della tradizione e dalla particolarità dei suoi protagonisti. Folklore vuole che nella notte del Krampus, gli abitanti del paese escano di notte per le strade illuminate dal rosso dei loro artifici, travestiti da diavolo in una situazione che ricorda le cavità infernali e, leggenda narra che un bambino cattivo sarà portato via dal diavolo in persona, mescolatosi in mezzo ai paesani.
Sarà durante questa notte che Linda e Manuel, coppia in crisi, perderanno il loro figlio: Tommy. La disperazione li assale, alla forca ci va Manuel, alcolista, accusato dai suoi concittadini di essere l’assassino di suo figlio e crocifisso dai mass media che, come nella realtà, sfruttano la cronaca nera per fare audience, dimenticandosi il dolore di una persona. La scomparsa del figlio sarà ciò che che farà definitivamente crollare Linda che morirà dentro, straziata dal dolore e dai rimorsi di aver visto la propria vita scomparire lì In fondo al bosco.
Il regista è bravissimo a mantenere viva l’attenzione dello spettatore, riesce con un veloce evolversi degli eventi e colpi di scena a mettere su una storia degna del miglior romanzo giallo, il tutto stupendamente scandito da un sapore di paranormale, tipico di un film dell’orrore. Ancor più bravo a dare profondità alla storia, intendiamoci: la profondità di una storia è la capacità di essa di immergere lo spettatore e Stefano Ludovichi ci riesce a pieno, catturando sempre di più l’attenzione dello spettatore che è spinto in ogni momento a provare ad immaginare l’immediata continuazione della storia, riuscendo quasi sempre a sorprenderci scartando ampiamente la banalità.
In fondo al bosco cattura, sorprende e avvolte spaventa, la trama riesce a rispondere quasi sempre alle domande che lo spettatore si pone, ci si aspetterebbe che nel finale tutto venga risolto e si arrivi alla piena comprensione della trama ma, come ci dice il regista, la verità è solo l’ultimo dei misteri.
NICOLÒ TODISCO, polo liceale “Galileo Galilei” VC liceo scientifico
Intervista al regista Stefano Lodovichi
Ciao Stefano benvenuto su cinemio. Il tema del tuo film è molto originale e unisce tradizioni (la festa dei Krampus) a fatti di cronaca reale legati a sparizioni di bambini. Come sei arrivato al tema del film?
In fondo al bosco parla del lato oscuro delle cose, della verità che si nasconde tra le pieghe del quotidiano, dentro un bosco, in un piccolo paese di montagna, all’interno di una casa – laddove dovremmo sentirci più al sicuro – fino ad annidarsi nello sprofondo dell’animo umano. Così, partendo da una leggenda reale, abbiamo tessuto una fitta tela sulla quale muovere i nostri personaggi. In fondo al bosco non è soltanto un thriller ma molto altro: è un film drammatico che vive di componenti mistery, dove i personaggi sono profondamente umani, tanto nei pregi quanto nei difetti che li caratterizzano.
Come mai proprio questa festa così particolare e poco conosciuta?
La festa dei Krampus è stata la cornice tematica perfetta per raccontare questa storia, perché parla di tradizioni folcloristiche della nostra provincia nelle quali i diavoli (persone che indossano maschere da diavolo) impazzano nei paesi dell’arco alpino terrorizzando i bambini. La nostra cultura vive di tradizioni popolari e quella dei Krampus, sicuramente è una delle meno conosciute, pur avendo un enorme appeal a livello internazionale (è una tradizione molto forte anche in Austria e in Germania).
E cosa ne pensi del modo in cui tragedie come le perdite dei propri cari vengano in un certo senso ‘ strumentalizzate’ dai vari programmi televisivi come ‘Chi l’ha visto?’ o simili?
Credo ci siano due considerazioni da fare, una prima, più oggettiva: da che mondo è mondo la cronaca nera ha sempre suscitato l’interesse delle persone. E più il fatto è cruento più intriga lo spettatore\il lettore\il fruitore di queste storie. Vuoi perché assistendovi ci sentiamo fortunati di non esserne i protagonisti, vuoi perché in questi casi persone comuni diventano importanti, famose, anche se per eventi mostruosi. E anche questo intriga. È come quando in auto passi accanto a un incidente. Rallenti per guardare pur sapendo che non c’è niente da vedere. Credo si tratti di normale curiosità che poi sfocia in morbosità.
L’altra considerazione riguarda i programmi televisivi e, secondo me, c’è da fare una distinzione tra programma e programma. Non sono un grande appassionato di questi programmi ma sono convinto che finché non si leda la privacy personale il diritto di cronaca sia intoccabile. Ovviamente c’è modo e modo di raccontare un fatto di cronaca. E, purtroppo, i confini del rispetto e del buon gusto sono facili da superare. Storicamente, dai tempi di Vermicino, il modo di approcciare la cronaca nera da parte dei media è cambiato fino a nutrire (quindi, educare) le aspettative macabre dello spettatore che, da un momento in poi, ha scelto di diventare attivo e non più passivo fruitore di quei servizi in tv. Ecco quindi l’inizio del “turismo nero” con Cogne, Avetrana, il Concordia al Giglio ecc.
In soldoni, quello che fanno questi programmi è semplice merda. Ma se la fanno – e la fanno con coscienza a maestria – è soltanto perché è ciò che un certo tipo di pubblico, il loro pubblico, vuole.
La sceneggiatura è scritta a sei mani con Isabella Aguilar e Davide Orsini. Com’è andata la fase di stesura e com’è avvenuto il passaggio dal soggetto alla sceneggiatura?
Mi sono imbattuto nella leggenda dei Krampus durante i sopralluoghi del mio primo film, Aquadro. Ero con Davide Orsini a Bolzano e là scoprimmo la tradizione di San Nicolò e del 5 dicembre. Mesi dopo, con Isabella Aguilar e Davide, abbiamo iniziato a scrivere la storia del film partendo proprio da quelle suggestioni.
Termina qui la prima parte dell’articolo dedicato al film In fondo al bosco. Continua a leggere la seconda parte dedicata all’intervista al regista Stefano Lodovichi e all’attrice protagonista Camilla Filippi.
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