In Sardegna nei secoli scorsi esisteva uno strano personaggio: la “femina agabbadora“. Su questa donna il nostro regista emergente di oggi, Gianluigi Tarditi, ha tratto un interessante corto: Deu ci sia. Leggiamo tutti i dettagli dalle parole della sua intervista esclusiva a cinemio.it.
Gianluigi Tarditi ha iniziato a lavorare come film editor in una società di post-produzione di Milano. Ha studiato alla NYFA di New York e lì ha lavorato in diverse produzioni indipendenti come assistente operatore, aiuto regista e Line Producer. E’ stato assistente alla regia per Luca Miniero, Paolo Genovese, Lamberto Bava e Abel Ferrara. Deu ci sia è il suo terzo corto.
Deu ci sia
Sardegna, fine Ottocento: al capezzale del capofamiglia morente si riunisce tutta la famiglia. Il rito dell’ammentu (in cui si ricordano le colpe del moribondo per permettergli di pentirsi) diventa un’ottima occasione per dar sfogo a rancori assopiti, sentimenti e pensieri che altrimenti non sarebbero venuti fuori.
Si ricordano amori mai nati, incomprensioni, litigi; e su tutti aleggia la femina agabbadora, misteriosa e strana figura chiamata, in questi casi, per porre fine alla sofferenze dei moribondi.
Davvero un corto ben fatto, questo di Gianluigi Tarditi che riesce, con l’accuratezza delle luci, delle ambientazioni e dei dialoghi ad esprimere nel contempo sia i sentimenti dei protagonisti, sopiti da anni e tutt’a un tratto riemersi, sia il senso di devozione reverenziale che la strana figura della femina agabbadora riesce ad incutere anche solo con la sua presenza.
Perfetta la scelta di lasciar parlare solo questa donna in dialetto sardo quasi a voler mettere ancora di più in risalto l’abisso che la divide dalla vita terrena e di tutti i giorni, strana creatura e Deus ex machina della situazione.
Intervista a Gianluigi Tarditi
Ciao Gianluigi, grazie per aver accettato di rispondere alle mie domande. Come è nata l’idea di Deu ci sia?
Della femina agabbadora me ne ha parlato per la prima volta il produttore Simone Montaldo e sono subito rimasto affascinato da questa figura che accompagnava gli uomini durante il loro percorso dalla nascita alla morte.
Hai fatto particolari ricerche per avere maggiori dettagli sul personaggio della “femina agabbadora”?
A parte la solita ricerca su internet, mi sono letto tutti i libri che parlavano dell’argomento (il più famoso scritto da Michela Murgia e vincitore del Campiello è stato pubblicato circa un anno dopo – lo dico perché molti ci chiedono se la storia si ispiri a tale libro).
Utilissimo è stato Eutanasia ante litteram in Sardegna di Bucarelli e Lubrano. Poi mi sono recato più volte in Sardegna per raccogliere testimonianze e visitare il museo di Luras dov’è conservato il “mazzolu”, il martello di olivastro che sembra essere appartenuto ad una di queste donne e che noi abbiamo usato nel corto.
Quali sono state le difficoltà che hai avuto durante la lavorazione?
Innanzitutto il fatto di girare in Sardegna è stato di per sé un problema in termini logistici. Poi è un film in costume con molti attori e abbiamo dovuto perfino ricostruire il tetto dello stazzo in cui abbiamo girato le scene della famiglia. Cose magari di ordinaria amministrazione per un lungo, ma trattandosi di un corto è stata un’impresa.
Quali sono i riconoscimenti più importanti che ha ricevuto il corto?
Vado molto fiero della partecipazione nella sezione ufficiale del New York Film Festival, il più prestigioso Film Festival non competitivo del mondo. Deu ci sia era l’unico corto italiano sui nove selezionati. Poi abbiamo vinto Capalbio (sezione HD), Corto Dorico, Cortiamo, Dieciminuti Film Festival, una menzione speciale alquanto particolare al Piemonte Movie Glocal Film Festival di Torino per il miglior lungometraggio “corto”.
Award of excellence all’Accolade Competition e altri tra cui il premio per la miglior sceneggiatura a Corto Potere (Bergamo).
Ricordi aneddoti particolari legati al corto?
Nella scena in cui Obrai (interpretato da Mario Olivieri) doveva stare male e veniva caricato sulle spalle dal figlio, forse anche a causa del sole, è stato male sul serio e si è accasciato a terra. La produzione lo ha immediatamente portato in ospedale dove non è stato riscontrato nulla di grave. Di quella scena abbiamo quindi un solo ciak e come si dice: “Buona la prima!”
Quali sono i tuoi progetti futuri?
Parecchi: un documentario sulla stessa figura della femina agabbadora, un lungo sempre da girare in Sardegna con la Ophir Production e un altro lungo più complesso per cui sto cercando l’assetto produttivo più adatto, ma se mi chiedi quali tra questi progetti ha buone possibilità di concretizzarsi tutto si fa più incerto e nebuloso…
Concludo ringraziando ancora Gianluigi Tarditi per la disponibilità e dandogli appuntamento ad una nuova chiacchierata per un suo progetto futuro.