Mi è capitato altre volte, all’interno di questa rubrica di parlare di progetti di crowdfunding. Questa settimana ne propongo un altro molto interessante. E’ un documentario su Enzo Del Re, lo straordinario musicista, amato da Dario Fo e Vinicio Capossela, scomparso lo scorso 6 giugno. A parlarcene è il regista Angelo Amoroso d’Aragona.
foto di Annalisa Colucci
Io e la mia sedia
Questo è il titolo del documentario di Angelo Amoroso d’Aragona che per due anni, dal 2009 fino alla sua scomparsa lo scorso 6 giugno, ha seguito il cantante Enzo Del Re sia nella sua vita privata che negli eventi ufficiali. Il documentario, nato in edizione limitata su commissione della Biblioteca del Consiglio Regionale Puglia sarà, grazie a questo progetto di crowdfunding, corredato di nuove interviste (con Dario Fo, Moni Ovadia, Pino Masi, Sergio Martin, Piero Nissim e tanti altri) e reso commercializzabile.
Tutti i dettagli sono disponibili sulla pagina dell’iniziativa di crowdfunding o sulla pagina del blog del documentario.
Le domande al regista
Angelo, vuoi raccontarmi come sei arrivato a questo documentario?
E’ stata la Biblioteca del Consiglio Regionale Puglia, detta anche Teca del Mediterraneo, allora diretta da Waldemaro Morgese, a chiedermi di realizzare un documentario su Enzo Del Re. Non sono mai stato un appassionato di canzone politica o di canto popolare e quindi non ho accettato subito.
Ho posto come condizione di non dover consegnare un prodotto istituzionale ma qualcosa di assolutamente personale, magari più sulla figura umana che non sul personaggio storico. Con mia sorpresa il Direttore della Teca ha non solo accettato, ma rilanciato invitandomi a essere il più autoriale possibile. Infatti, oltre a me sono stati messi al lavoro, su diversi progetti, altri autori come Paolo De Falco, Davide Barletti e Mariangela Barbanente.
Finalmente un’istituzione che capisce che il prodotto filmico ha senso se si rispetta la sua autonomia e il suo valore in se e non come prodotto di scambio e di mera rappresentanza. C’era dunque un progetto editoriale e io potevo essere del tutto autonomo dal punto di vista creativo. Avendo rinunciato da tempo al lavoro su commissione questa si presentava come un’occasione unica.
Vorrei sottolineare che da noi, al Sud e in Puglia in particolare, ci sono rarissime occasioni del genere. Non ci sono case editrici che producano video autoriali, non ci sono distributori, non ci sono istituzioni, come fondazioni ecc. che aprano la loro linea editoriale al vero prodotto filmico e non al mero prodotto multimediale e quindi promozionale. Spero che la Teca del Mediterrano con la nuova Direttrice continui invece su questa strada.
Com’è stato girare seguendo il cantante Enzo Del Re?
Una volta chiarita la mia posizione con il committente, non mi restava che conoscere Enzo e chiedere a lui se era disposto ad essere “pedinato” nella sua vita quotidiana. Non è così semplice fare una richiesta del genere e temevo un rifiuto.
Lui invece mi ha fatto l’elenco delle sue abitudini: il “baffiere” una volta al mese, la domenica a pranzo dalla sorella, due volte al mese al Mercato ecc. Così abbiamo organizzato la prima uscita. Per me restava un personaggio ancora da scoprire.Ma il primo giorno di riprese me ne sono innamorato: davanti alla macchina da presa Enzo non solo era di una indifferenza totale, ma aveva una vera posizione “etica”.
Lui da una parte si limitava ad “entrare in scena” come può accadere sul palco del musicista ma alla mia prima richiesta di ripetere una inquadratura si è voltato netto verso di me e mi ha detto “no, io non sono un attore, sono un cantante. E quindi non recito”. Perfetto! Ho pensato che fare un documentario con chi ha questa chiarezza d’idee era la sfida giusta e da allora non ho avuto più dubbi su questo lavoro.
Quanto tempo sei stato fianco a fianco con lui?
Due anni, da marzo 2009 alla sua scomparsa il giugno scorso. Il lavoro l’ho chiuso in realtà nell’agosto del 2010, ma ho continuato anche dopo sia ad accompagnare Enzo sia a girare altre interviste. Enzo era in dialisi intensiva e aveva bisogno di essere accompagnato. Il documentario paradossalmente ha semplificato le cose. Noi eravamo interessati a riprendere i suoi concerti e ci siamo occupati di accompagnarlo risolvendo un problema non da poco.
Abbiamo finito per diventare la sua squadra: io mi occupavo di chiamare il Policlinico di Bari e l’ospedale di riferimento per la dialisi in trasferta; qualcuno della troupe riceveva l’incarico da Enzo di fare bancarella per la vendita delle sue cassette audio; non ultimo, davamo istruzioni precise agli organizzatori sulla dieta di Enzo rigorosamente basata su tre elementi, il risotto di mare al pomodoro, il polpo e la birra analcolica.
Enzo era capace di rimanere digiuno se non trovava questo da mangiare e nei percorsi più lunghi dovevamo uscire dall’autostrada perché non sono cose da Autogrill. Per esempio, a documentario terminato, lo abbiamo comunque accompagnato al Premio Tenco, a Sanremo.
È stato un viaggio difficile per Enzo ma gli ho regalato una pausa con sorpresa: una visita al suo vecchio amico Piero Nissim e compagna, in un piccolo paese dell’appennino toscano. Un momento molto commovente in cui abbiamo anche scoperto un brano di Enzo: “la compagna”.
Scritto da ragazzo ma rimasto inedito perché non ha mai trovato la donna della sua vita. Così l’aveva portata come dono al matrimonio dei Nissim e loro per anni l’hanno fatta ascoltare alle figlie come ninna nanna. Ora è un repertorio prezioso. Questo e altri materiali, come l’intervista a Dario Fo e Pino Masi, potranno vedere la luce in una nuova versione del documentario.
Termina qui la prima parte dell’interessante intervista ad Angelo Amoroso d’Aragona. Appuntamento a venerdì per la seconda ed ultima parte.