L’Attimo Fuggente: è online il numero di L’Inganno del Lenzuolo dedicato al film capolavoro di Peter Weir

Disponibile online dal 16 giugno, il numero de L’Inganno del Lenzuolo interamente dedicato a L’attimo Fuggente del regista Peter Weir (Witness, Un anno vissuto pericolosamente), unico nell’essere stato in grado di dare forma e voce a quella tipica passionalità che solo l’arte anticonformista è sempre stata capace di trascinare e ispirare. Un salutare inno alla rivolta e al carpe diem, significativamente collocato un anno prima dei fatidici anni sessanta.

L'attimo fuggente

La copertina del #6 del 16/06/2025

L’Attimo Fuggente

Un gran successo, consolidato dall’enfasi melodrammatica di Robin Williams, per lo stesso Oscar dato alla sceneggiatura di Tom Schulman. Al di là delle qualità artistiche, il film ha comunque il grande merito di aver scatenato l’immaginario di una generazione costretta a subire i rigidi canoni di un’epoca, ancora attuale nella sua originalità. Weir confeziona a dovere un film che non è solo un monito al libero arbitrio, ma una verosimile dimostrazione che i principi educativi possono riflettersi in quella prospettica lente di analisi che filtra dal cuore dell’insegnante, nei pregi e nei suoi difetti. Ebbene, tutto per poter rinsavire in quel“barbarico YAWP!” che teniamo dentro di noi, increduli nel dare forza e spirito a quella salutare voglia di vita che non dobbiamo mai dimenticare, soprattutto per un Carpe Diem che vogliamo gridare dal profondo del nostro cuore.

L’Attimo Fuggente – il numero monografico de L’Inganno del Lenzuolo

“O capitano, mio capitano…” e non c’è da aggiungere nulla al mito del professore più amato e desiderato, creato da Peter Weir nel 1989 per quel piccolo gioiello di recitazione drammatica e visiva proposta nel suo L’Attimo Fuggente. John Keating ha il volto di un insuperabile Robin Williams, in quella caratterizzazione dove la mimica cede il posto alla stessa passionalità dell’attore, per questo osannato e immolato a quegli ideali poetici impastati abilmente dal regista e consacrati dallo stesso attore. John Keating, insegnante di letteratura inglese, arriva nel 1959 alla Welton Academy dove regnano Onore, Disciplina, Tradizione e ne sconvolge l’ordine insegnando ai ragazzi, attraverso la poesia, la forza creativa della libertà e dell’anticonformismo.

Coraggioso nella scelta tematica, discutibile nella sua poco critica esaltazione dell’individualismo e con qualche forzatura retorica, L’Attimo Fuggente è una macchina narrativa perfettamente oliata che non perde un colpo sino al finale che scalda il cuore, inumidisce gli occhi e strappa l’applauso. Un cast corale di giovani attori che possono diventare il simbolo di quella viscerale voglia di assaporare la vita. Quella stessa vita fatta di ingenuità e misticismo, emulazione e irriverenza. Non a caso lo stesso regista ha voluto ricreare quella miscela di autentica immedesimazione, facendo vivere sulla propria pelle le ansie adolescenziali nel tipico clima collegiale a quel gruppo di giovani attori in ascesa, anche se R. S. Leonard e E. Hawke sono gli unici ad avere avuto migliore carriera.

La Storia

Vermont. Estate del 1959. Al Collegio maschile di Welton, un nuovo professore di letteratura si presta a diventare il mentore di un gruppo di ragazzi che si affacciano alla vita. John Keating comincerà una sorta di iniziazione scolastica a quei valori letterari che lo hanno plasmato nella propria gioventù, nel nome di un “Carpe Diem” che sembra coinvolgere di entusiasmo i sogni e le ambizioni dei propri studenti. Uno tra tutti sembra prestare maggiore attenzione a quei motti così ispiratori, al punto di abbracciare una passione così coinvolgente e totalitaria come la recitazione. Neil Perry diventa così lo studente trascinatore dei propri compagni ed amici, riportando in vita quel circolo ellenico che aveva creato lo stesso Keating nella propria adolescenza scolastica: la setta dei Poeti estinti.

Nel nome di quell’insegnamento, le stesse vite di Know Overstreet e Todd Anderson sembrano aprirsi a quelle prospettive che fanno diventare liberatorie e autentiche le proprie passioni, divise tra l’amore coinvolgente per una ragazza (per Knox) e l’ispirazione autentica della passionalità poetica per Todd. Uno tra tutti sembra sempre ammonire, con distacco, il coinvolgimento dei compagni, cercando di riportarli alla razionale presa di coscienza dei propri doveri di studenti: Richard Cameron. Nel corso della preparazione di una recita teatrale, senza dire nulla ai propri genitori, Neil falsificherà il consenso del padre per poter diventare attore della rappresentazione shakespearina de “Il sogno di una notte di mezza estate”, creando non pochi dissensi nella propria rigidità famigliare.

Sarà il padre, quindi, a proibire allo stesso figlio di perseverare nei suoi sogni di recitazione, sottraendolo da quella compagnia teatrale la stessa sera della rappresentazione. Ma quella delusione così drastica, causerà uno sconforto così drammatico che porterà Neil al suicidio. Di conseguenza, la famiglia chiederà un provvedimento disciplinare condotto dallo stesso preside del collegio, il professor Nolan, il quale sostituirà lo stesso Keating, accusato di essere il responsabile della morte del ragazzo. Firmando una lettera di ammissione, ammoniti dallo stesso Cameron, ogni ragazzo acconsentirà l’espulsione dell’insegnante, costretti dal rigido protocollo formale del collegio.

Ma la consapevolezza dell’autenticità dei valori impartiti da Keating, diventa quella presa di coscienza che spingerà tutti gli allievi a riconoscere quei limiti di intolleranza che hanno causato la vera morte del loro amico, liberandosi di quella ipocrisia formale e di contenuto che ha deliberatamente causato il suicidio di Neil.

Mentre il professor Nolan sta riprendendo le lezioni laddove Keating aveva lasciato, ogni studente disobbedisce ai richiami del preside, per dare il saluto più appropriato a quel loro professore che li ha aiutati a scoprire il libero arbitrio alla profonda scoperta di se stessi. Così, lasciando l’aula, ogni ragazzo sale sul proprio banco, volgendo il proprio saluto nel nome di “O Capitano, mio capitano”, sotto il tacito consenso di un Keating che ringrazierà i propri allievi, in un momento di tacito consenso.

Quell’attimo fuggevole impregnato nel tempo e nel sangue

Robin WIlliams

In questo numero, l’autrice Rossella Luongo (LUOGHIDICINEMA), affronta una approfondita analisi delle tematiche del film nel suo articolo:

Il senso della vita nel conformismo di una educazione stravolta dalla poesia.

Questo singolare docente di lettere invita a respirare il mondo con curiosità, dedizione, passione ma tenendo salda e costante la consapevolezza che ogni istante è unico nel suo genere e perciò prezioso. Il segreto della sua ideologia si rinviene nella speranza e nella motivazione costanti che il perso è andato e bisogna lasciarlo andare chè, se si aspetta di recuperarlo, si rischia di restare perennemente in attesa di una guerra da combattere che non avverrà mai, come il nucleo dell’attesa nel romanzo capolavoro di Buzzati, “Il deserto dei Tartari,” in cui il militare Drogo resta chiuso in attese, indugi e paure sprecando tutta la sua vita per una possibilità che non diventerà mai realtà.”

LE RUBRICHE DEL MAGAZINE

Completano il numero, gli articoli di Sebastiana Savoca per la rubrica PAROLEDICINEMA (una approfondita e accurata analisi del verbo espresso dalla titolazione), Antonella Molinaro per la rubrica NONSOLOCINEMA e Roberto Cannavò per la rubrica I CINEMISTI.

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