Registi emergenti: Tanabata di Riccardo Bolo

In questo articolo parliamo di un altro cortometraggio in concorso al BIF&ST 2014 e che ha riscosso un buon successo di pubblico: Tanabata di Riccardo Bolo. Segue l’intervista al regista che ci racconta la genesi e la lavorazione del corto.

Tanabata Riccardo Bolo

Tanabata di Riccardo Bolo

Tanabata di Riccardo Bolo

Una favola, una storia d’amore, il cui significato, che non svelo, si comprende solo alla fine: questo è Tanabata, il cortometraggio di Riccardo Bolo che riesce, con grande maestria, a fondere gioco di stile e significati profondi. Si, perchè il primo aspetto dal quale si viene subito conquistati è l’accuratezza e la bellezza di costumi e scenografie, ma pian piano l’attenzione si sposta sulla storia, sulla dolcezza di questi due personaggi alla ricerca l’uno dell’altro. Bravissimi i protagonisti, soprattutto Camilla Lonzi attorno ai cui movimenti ed espressioni, curati con meticolosa precisione, si fonda la storia. Davvero un’ottimo lavoro, considerato anche che è il film di diploma del regista del I biennio della Scuola Provinciale d’Arte Cinematografica Gian Maria Volonté.

L’intervista al regista Riccardo Bolo

Ciao Riccardo, benvenuto su cinemio.it. Cominciamo dal tema e dal titolo del corto. Come mai ‘Tanabata’?

Il titolo Tanabata è nato per caso durante l’ultimo giorno di post-produzione del film. Durante una pausa dalla lavorazione stavo leggendo Kitchen di Banana Yoshimoto, quando è spuntato fuori questo termine giapponese dall’etimologia piuttosto complessa e che fa riferimento a una leggenda cinese, poi successivamente importata in Giappone, che narra di due amanti separati in eterno e costretti a vivere sulle sponde opposte di un fiume, con la possibilità di incontrarsi in un solo giorno dell’anno. Nel nostro film questa separazione è dovuta ad impedimenti oggettivi, ma credo che il concetto di base possa essere esteso alla totalità delle relazioni di coppia. La nostra è in fondo una storia d’amore.

tanabata 3

Come hai lavorato con la sceneggiatrice per la realizzazione del corto?

Doralice aveva scritto un racconto in forma di fiaba che mi fece leggere prima di presentarlo a scuola come possibile soggetto del corto di diploma e che io trovai da subito molto suggestivo. Decidemmo di lavorare assieme alla stesura della sceneggiatura apportando alcune modifiche ma lasciandone inalterato l’intreccio originale. Ovviamente nel processo di messinscena molte cose sono state filtrate dalla mia interpretazione e sensibilità, ma siamo sempre riusciti a tenere a fuoco quello che era il nucleo forte del racconto di Doralice, la sua suggestione originaria.

La lavorazione del corto

La lavorazione del corto

Grandi protagonisti del tuo cortometraggio sono sicuramente scenografia, costumi e trucco, curati davvero nei minimi dettagli. Vuoi raccontarci un po’ i retroscena di questo lavoro?

Con la scenografa e la costumista abbiamo da subito cercato di lavorare alla definizione di una visione unitaria, lavorando molto sulla ricerca iconografica, che spaziava dalla storia dell’arte – dal Seicento a Rothko – alla botanica, dalle invenzioni di Miyazaki al design industriale, cercando di far convivere elementi apparentemente molto distanti tra loro. Con Sabina (la scenografa), ad esempio, abbiamo lavorato sulla definizione degli alberi, fondendo assieme una lampada Tiffany e il cappello di un Phallus Indusiatus che è un fungo tropicale, per dare un senso di ibridazione tra organico e inorganico. Con Claudia (la costumista) abbiamo lavorato a lungo sui temi della carta e del metallo nella creazione dei due personaggi e nella loro integrazione con l’ambiente scenografico. Per il personaggio maschile l’ideazione del costume è stata molto difficile, proprio a causa dei materiali non tradizionali con cui avevamo a che fare, poi però Claudia ha avuto un’intuizione – la carica a molla – che ha cambiato l’essenza stessa del personaggio, portandoci a ripensare l’intera sequenza centrale del film e contribuendo in maniera decisiva al ritmo del racconto. Per quel che riguarda il trucco vale lo stesso discorso che ho fatto per costume e scenografia. Data la natura particolare del film non abbiamo mai lavorato in maniera settoriale, ma sempre cercando di contaminare le parti per giungere a un’immagine unitaria. Basti pensare al personaggio femminile dove il trucco è diventato estensione del costume e dell’ambiente, per giungere ad una organicità finale in cui l’elemento della carta non è più solo indossato o abitato, ma è l’essenza stessa del personaggio.

La lavorazione del corto

La lavorazione del corto

Che puoi dirci invece dei protagonisti? Come hai lavorato con loro per la definizione dei loro personaggi?

Con Liben e Camilla abbiamo fatto un percorso lungo e complesso. Siamo stati aiutati dalla coreografa Sarah Silvagni che ci ha sostenuti e ispirati nella costruzione dei personaggi, lavorando sulla postura, sul movimento e sulla percezione dello spazio. Avendo poi deciso di lavorare con la tecnica della pixillation, che è una sorta di stop-motion per attori in carne e ossa, abbiamo dovuto sperimentarne l’efficacia – di gesti e sguardi – nella resa finale, facendo molte prove filmate e rianalizzandole assieme. Al di là del risultato, sono convinto di aver imparato qualcosa sulle potenzialità del corpo nel cinema.

Il corto è davvero molto particolare. Considerato che è il tuo saggio di diploma, una vera e propria prova per te, quali sono state le maggiori difficoltà che hai avuto durante la lavorazione? Ci sono degli aneddoti che puoi raccontarci?

La difficoltà maggiore è stata quella di tradurre un film che avrebbe avuto bisogno di mezzi di gran lunga superiori, all’interno delle possibilità di budget e tempi di una scuola. Avevamo a disposizione solo tre giorni per girare tutte le scene e abbiamo dovuto lottare non poco per farcene concedere altri tre da dedicare unicamente alle riprese sul plastico. Abbiamo cercato in ogni momento di trovare soluzioni dettate dall’emergenza, facendo in modo che i limiti della nostra produzione ne diventassero la sua forza. Gli alberi che abbiamo usato nel modellino sono stati costruiti con della carta igienica sottratta ai bagni della scuola, la carta da parati l’abbiamo trovata, in quantità molto inferiore a quella che ci sarebbe occorsa, in un magazzino polveroso, cosa che ci ha portato a fare delle scelte narrative molto precise, come la variazione cromatica dal bianco al rosso all’interno della prima sequenza, che hanno decisamente arricchito il film. Ma le difficoltà più grandi forse le abbiamo avute durante la post-produzione, avendo dovuto lavorare in parallelo tra montaggio e vfx per ultimare il lavoro in tempo, peraltro avendo a che fare con singole fotografie che sono state montate e lavorate una ad una. Nella stanza/laboratorio dove abbiamo preparato Tanabata avevamo appeso un cartello che recitava, citando Rick Wakeman, “Il successo è sepolto nel giardino del fallimento”: durante tutta la lavorazione del film, il nostro più grande impegno è stato quello di trasformare i problemi in risorse e sono del tutto convinto che se avessimo avuto a disposizione più mezzi il risultato sarebbe stato, forse più preciso, ma sicuramente meno intenso. Ed è stato meglio così.

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Il tuo corto ha girato molto per festival. Qual è stato il riscontro di pubblico che hai ottenuto? E il complimento più bello che hai ricevuto?

Siamo stati in concorso al Bif&st di Bari, al BiFF di Bibbiena e al Corti senza frontiere di Marino, vincendo anche alcuni premi. Inoltre il film è stato proiettato fuori concorso al Kurzfilmwoche di Ratisbona e prossimamente saremo in concorso anche a Roma, al festival Arcipelago. Abbiamo ricevuto molti apprezzamenti ma la cosa più bella l’ho sentita durante la proiezione di Bibbiena, dove un signore anziano seduto accanto a me, senza sapere che io fossi il regista, ha sussurrato alla moglie dopo pochi fotogrammi dall’inizio del film: “Questo sembra Fritz Lang!”. Non so bene cosa ci abbia visto e il paragone mi sembra del tutto fuori luogo, ma non posso negare di aver voluto bene a quella coppia di sconosciuti.

Come dicevamo, Tanabata è il tuo saggio di diploma. E ora cosa ti aspetta? C’è già un nuovo progetto nel cassetto?

Al momento sono concentrato sulle necessità di sopravvivenza che purtroppo rubano tempo alla scrittura, ma nel frattempo sto lavorando a una serie comedy per il web ispirata ai Peanuts e a un riadattamento della fiaba di Hamelin, dai toni decisamente più cupi. Vedremo cosa ne uscirà fuori.

Il regista Riccardo Bolo

Il regista Riccardo Bolo

Ringrazio il regista per l’intervista e gli faccio un grande in bocca al lupo per questo nuovo progetto. Nel frattempo, per chi avesse voglia di vedere Tanabata di Riccardo Bolo segnaliamo le date delle prossime proiezioni:

  • Roma: 7-11/10/2014 ARCIPELAGO, Festival Internazionale di Cortometraggi e Nuove Immagini
  • Modica: 25/10/2014 SE77IMA, Giornata di Cinema e altre arti @ Nuovo Cineteatro Aurora

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