E’ stato definito un film “buonista” e forse lo è.
Ciò che è certo è che “Invictus”, l’ultima fatica di Cleant Eastwood, è un buon film.
Il regista americano ha scattato una foto su un periodo storico difficile, quello vissuto dai sudafricani durante l’Apartheid, e lo ha fatto magistralmente, senza mai essere eccessivo, con la sobrietà che gli è propria.
Leggi la recensione del film di seguito.
Nelson Mandela (nel film interpretato da un superbo Morgan Freeman, che ha studiato il personaggio in maniera maniacale) fece della squadra di rugby nazionale, gli Springboks, il simbolo della riunificazione, del cambiamento, del superamento di tutte le barriere sociologiche che da sempre hanno diviso bianchi e neri in Sudafrica.
Matt Damon, che qui interpreta il capitano della squadra, si fa portavoce di un personaggio che prova sulla sua pelle, e nel suo io più profondo, la forma del cambiamento, spinto dal suo suovo presidente a rincorrere la vittoria, a raggiungere tutti i traguardi. “Invictus” (in italiano “indomabile”) è infatti il titolo di una poesia di William Ernest Henley, e Mandela leggeva questi versi in prigione, per darsi la forza di continuare a sperare nel futuro.
Gli Springboks faranno sentire i sudafricani orgogliosi di essere un nuovo popolo, unito dai colori verde-oro, che esulta senza distinzioni di razza.
Tutto questo viene raccontato da Clint Eastwood – davvero toccante in “Million Dollar Baby” come pure in “Changeling” e “Gran Torino” – in modo onesto, senza enfasi; il regista ci riporta indietro e ci fa vivere un momento importante della nostra storia. Belle sono le immagini di repertorio, che rendono il film ancora più realistico.
Certo, ci sono momenti in cui il regista rischia di toccare il limite e di spingere in maniera un po’ forzata lo spettatore a versare la “lacrimuccia”, ma sono dettagli superabili se si guarda il risultato dell’intera pellicola.
A chi si ostina a definire “Invictus” un film retorico e forse un po’ “ruffiano”, noi rispondiamo che in un momento sociale come questo, dove impera l’odio e dove salta agli occhi di tutti la mancanza di cultura, Clint Eastwood porta sul grande schermo la storia. E ci sembra doveroso applaudirlo.