Registi emergenti: ‘Vivere una favola’ di Alice Tomassini

La protagonista dell’intervista di oggi è Alice Tomassini, una giovane regista al suo primo cortometraggio, Vivere una favola, che ha riscosso successo in numerosi festival nazionali ed internazionali ed era in concorso nell’edizione 2012 del BIF&ST.

Alice Tomassini, poco più che venticinquenne, sta muovendo i suoi primi passi nel campo del cinema. Laureata presso l’Università di Roma Tre in Scienze e Tecnologie delle Arti della Musica e dello spettacolo, e diplomata presso l’Accademia Internazionale del Cinema e della Televisione all’interno degli stabilimenti di Cinecittà con una specializzazione in Regia Cinematografica e Televisiva, ha collaborato al Festival internazionale del film di Roma e lavorato come Video Assist in Father di Pasquale Squittieri ed aiuto operatore nella serie televisiva Distretto di polizia. Vivere una favola è il suo primo cortometraggio.

Vivere una favola

Il dramma della violenza sui minori vista attraverso l’innocenza degli occhi di una bambina, Verna, che come tutte le sue coetanee pensa di essere una principessa e sogna il suo principe azzurro. Con una maestria da professionista, inusuale in un regista al suo primo cortometraggio, Alice Tomassini riesce a creare empatia tra lo spettatore e la piccola e straordinaria protagonista.

Curato nei minimi dettagli, dalla fotografia alle inquadrature, alle musiche, Vivere una favola, nei suoi 14 minuti cattura ed emoziona raccontando un dramma importante con una leggerezza che lo rende adatto anche alla visione dei più piccoli. Da non perdere.

Le domande alla regista

Ciao Alice e benvenuta su cinemio. Di Vivere una favola sei regista e sceneggiatrice. Come sei arrivata all’idea del corto? In particolare come mai la scelta di una bimba Rom come protagonista?

Ho scritto e diretto Vivere una Favola perché ho avuto un’infanzia meravigliosa e questo cortometraggio rappresenta un tentativo di narrazione, per rompere il silenzio su storie di violenza nei confronti dei bambini; l’avvicinarsi a una realtà così terribile costringe ad entrare in contatto con sentimenti che per quanto sconvolgenti quali l’impotenza, la rabbia, il dolore, la paura, la vergogna, sono capaci d’intaccare in modo sorprendente le convinzioni più profonde di qualsiasi individuo che provi a confrontarsi con tale realtà; perciò il più delle volte la reazione che, paradossalmente, sembra inevitabile di fronte a tanto orrore, diventa quella di volersi difendere e mettersi al riparo da questa problematica.

Sembra assurdo che la sofferenza dell’infanzia provochi in noi emozioni tanto forti da spingerci a rifiutare ciò che osserviamo, purtroppo questo non fa altro che favorire il silenzio nel quale si consumano storie di maltrattamento e abuso, un silenzio che però troppe volte punisce le vittime e premia i colpevoli.

L’intento di Vivere una favola nel suo piccolo, è appunto quello mobilitare l’opinione pubblica a favore di un comportamento di consapevolezza e tutela dell’infanzia. Ho scelto di raccontare la storia di Vesna una bambina Rom perché i bambini più esposti sono quelli che vivono in condizioni di trascuratezza che hanno un disperato bisogno di attenzioni ed amore.

Alice Tomassini con la piccola protagonista sul set del film

Come sei arrivato alla scelta dei protagonisti e com’è stato lavorare con loro? Come hai impostato il rapporto con la piccola e bravissima protagonista?

Lavorare con i miei due attori è stata un’esperienza bellissima. Emanuele Vezzoli è un grande professionista, si è prestato ad interpretare un ruolo così difficile con una bravura senza eguali.

Con Gaia è stato tutto molto semplice, si è fidata completamente di me e si è lasciata  andare con l’innocenza e la semplicità di una bambina che sta giocando ad interpretare il ruolo della principessa. E poi grazie al metodo Stanislavskij sono riuscita a stimolare ancor di più la sua immaginazione e far si che riuscisse a  ricreare davanti la macchina da presa quelle stesse emozioni che nella storia stava provando Vesna.

Una scena del film

Com’è andata la fase di preparazione del corto? Ci sono degli aneddoti che ti va di raccontare?

La fase di preparazione è stata abbastanza complicata, soprattutto la parte di ricerca fondi. Diciamo che è stato anche molto difficile inizialmente convincere le diverse realtà a convergere per la realizzazione di un cortometraggio che affrontava una tematica così scomoda.

Oltre alla parte strettamente organizzativa mi sono dedicata in particolar modo alla prove recitative con Gaia, che sono durate diversi mesi; l’aneddoto che racconto ogni volta è quando Gaia il primo giorno di set  ha visto per la prima volta chi interpretava il ruolo del principe azzurro di cui parlavamo da mesi, le sue testuali parole dopo avermi chiesto di parlare due minuti in disparte sono state le seguenti: “Guarda Alice, io sono una professionista seria quindi resto, ma te dopo questo lavoro lascia proprio perdere! Se mi dicevi che non riuscivi a trovare un attore bambino lo chiedevo a compagnetto mio di scuola, cioè quel vecchio come principe non c’entra proprio niente!” Questo momento è stato bellissimo perchè dimostrazione di quanto un bambino con la sua ingenuità riesca sempre guardare oltre.

La piccola protagonista del corto

Questo è il tuo primo cortometraggio. Come hai vissuto e come sono stati i riscontri del pubblico che lo ha visto?

Come primo cortometraggio posso ritenermi davvero soddisfatta per il riscontro che ha avuto. Vivere una Favola ha partecipato a molti festival importanti come Miff Awards, Schermo bianco alle donne, Maremetraggio,  L’Isola del Cinema, Urban Island, Brianza Film Corto Festival,  Nastri d’Argento, BIF&ST.

Dal 2011 supporta tutti i corsi di formazione e i convegni SIAMEG (Società Italiana per l’Aggiornamento Medico di Medicina Generale) Pedofilia, Abuso e maltrattamenti saper riconoscere l’infanzia negata. E grazie ad una bellissima realtà produttiva libera e indipendente Zi&Pa Pictures è stato distribuito gratuitamente in rete.

Ma la più grande soddisfazione quello che ogni volta mi entusiasma e riempie d’orgoglio è leggere l’emozione negli occhi degli spettatori, riuscire ad emozionare è ciò che di più bello si possa desiderare.

Una scena del corto

Cosa pensi della situazione del cinema italiano e cosa ti aspetti considerato che sei anche una donna che cerca di intraprendere un lavoro che è in prevalenza maschile?

Penso di voler rispondere a questa domanda  ricorrendo ad un aforisma di Einstein.. “La struttura alare del calabrone, in relazione al suo peso, non è adatta al volo, ma lui non lo sa e vola lo stesso.

Quali sono i tuoi progetti futuri? Un nuovo cortometraggio nel cassetto?

Il mio prossimo progetto dal titolo Perdersi consiste in un percorso video installativo multisensoriale nel labirinto della demenza senile; un percorso artistico dal forte impatto emozionale, concepito come un’esperienza evocativa diretta con la malattia stessa dell’Alzheimer. Il progetto vede la collaborazione del Centro Sperimentale di Cinematografia  l’Associazione Italiana Malattia di Alzheimer la Società Italiana Geriatri Ospedalieri territoriali Federfarma e Nuova Socialità Onlus.

 
Prima di concludere, saluto e ringrazio Alice Tomassini e le faccio un in bocca al lupo, a nome di tutto lo staff, per la sua carriera da regista.

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