Raffa, la docuserie sulla Carrà dal 27 dicembre su Disney+: la recensione

Arriva su Disney+ dal 27 dicembre Raffa, la docuserie in tre episodi di un’ora che ripercorre le tappe principali della carriera e della vita della mitica Carrà. Diretta da Daniele Luchetti, scritta da Cristiana Farina con Barbara Boncompagni, è disponibile dal 27 dicembre sulla piattaforma streaming, a due anni e mezzo circa dalla data della prematura dipartita di una delle icone pop internazionali degli ultimi cinquant’anni.

Raffa - locandina
Raffa – locandina

Raffa

Il documentario parte dai primi passi nel mondo dello spettacolo di quella che ancor era, come all’anagrafe, Raffaella Pelloni e traccia un ritratto in parte contrastante delle sue due personalità, quella privata e quella pubblica, ben presto ribattezzata Carrà.

Molti filmati d’epoca, qualche testimonianza –  tra cui quelle di collaboratrici, colleghi e, forse la più toccante, ex “figliocce” come Barbara Boncompagni – e una manciata di interviste in vari momenti della sua carriera: Raffa ci fa conoscere la versatilità e la forza di questa cantante-attrice-ballerina-showgirl-presentatrice, e chi più ne ha più ne metta.

Ci riporta indietro nel tempo – per chi c’era – o ci trasporta in un’epoca lontana ma per molti versi quasi più avanti della nostra – per chi ancora non era nato o era troppo piccolo per ricordarsi. Ci dice molto. Ma non ci dice tutto. Perché i veri miti, per rimanere tali, hanno bisogno di un po’ di mistero. Come la presenza emblematica e sfuggente di uno dei suoi compagni di vita, Sergio Japino, pare evocare.

Raffa – official trailer

Docuserie interessante per riscoprire una grande artista italiana conosciuta in tutto il mondo

Raffa è senza dubbio una serie interessante. Anche da vedere in famiglia, se avete bambini sufficientemente grandi o teenager.

È interessante perché ci immerge in un passato prossimo, ormai abbastanza lontano da rischiare di essere perduto. E lo fa con spezzoni d’epoca, che a volte ci fanno sorridere per la loro ingenuità, altre ci sorprendono per il loro essere quasi più avanti di tanta televisione trash attuale.

Raffa - Ma che sera
Raffa da “Ma che sera”

Lei ci sorprende. Per la sua forza, per la sua capacità di provocare, per quel suo tono intelligente e fermo di parlare di sé. Per la lucidità delle sue scelte professionali e di vita. Perché sembra un po’ la versione nostrana di una Cher che risponde alla madre quando le suggerisce di sposarsi un uomo ricco la celeberrima frase: “Mamma, io sono un uomo ricco”.

E la Raffa nostrana è un uomo ricco. È una donna forte che non si piega alle convenzioni dell’epoca. Che se ne va da Hollywood perché per lei “non è cosa”. Anche se sua madre ci si trasferirebbe a vita. Che sta con un uomo divorziato, più grande di undici anni e con tre figlie a carico perché se ne innamora. Ma non ferma la sua carriera per lui. E quando lui non la segue più, lo lascia senza rimpianti. Mantenendo il rapporto professionale perché in fondo lui è sempre Boncompagni e gli scrive sempre le trasmissioni di successo che lei ama fare.

Lei è quella che, quando – anzi prima che – le cose non funzionano più, anche lavorativamente, rimette tutto in gioco. Parte e ricomincia – se non da capo, quasi – in un altro paese. Si porta dietro i suoi ballerini. Parla spagnolo. Parla inglese. Sfonda anche nella Spagna tradizionalista e nazionalista, ancora sotto la dittatura di Franco. E poi in Sudamerica. Con la gente che grida per strada manco fosse i Beatles e i Rolling Stones insieme. O, per le generazioni più giovani, Harry Styles e Taylor Swift.

Raffa è anche quella che si ri-innamora, questa volta di un ballerino, più giovane di lei, che poi vede crescere al suo fianco fino a farlo diventare regista. Japino, appunto. In un tempo in cui non doveva essere così comune non alzare il sopracciglio quando la differenza di età e di potere non era a favore del maschio della coppia.

Raffa da “Canzonissima”

È anche quella che diventa un’icona LGBT, perché alla fine lei è sempre avanti, è sempre libera. È sempre artista, e gli artisti veri sono al di là delle misere e ristrette definizioni in cui si tenta di incasellare le persone per la paura che fa accettarle per come sono. Senza distinzioni.

Insomma, Raffa è una docuserie da guardare. Per tanti motivi. Ma non per quello che ne è la premessa. Penetrare nel mistero Carrà. Scoprire dove iniziava lei e finiva la Pelloni, e viceversa. Capire meglio una donna che è riuscita, al di là della sua celebrità, a mantenere il riserbo sulla sua vita privata.

Finisce un po’ repentinamente, Raffa. Quando ne vorresti ancora. Vorresti sapere di più. Vorresti chiedere, vedere ancora. Immaginarti un seguito, altre puntate.

E invece se ne va via così. Coi costumi di scena che sventolano. Il rimpianto nelle parole della figlia di Boncompagni. E l’ultimo compagno di vita (Japino) che passa senza parlare. Come chi forse sa. Chi era l’una e chi era l’altra. Dove finiva Raffaella e iniziava la Carrà. Ma, anche fosse, non ce lo dirà.

Perché i miti veri non dicono tutto. E continuano a vivere anche per quella parte di mistero.

Raffa - Carrà

Bilancio finale di Raffa

Bello. Non la immaginavo così avanti. Non la pensavo così forte. Né la sapevo così internazionalmente conosciuta. Insomma, non la conoscevo così bene. Raffa. La Carrà.

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