Da oggi in sala arriva il nuovo film della DC Extended Universe, il primo con protagonista assoluta un’eroe donna (già presentata lo scorso anno in Batman vs Superman: Dawn of Justice), diretto da Patty Jenkins che, dopo il fortunato esordio con Monster (2003), torna al cinema con Wonder Woman. Anche in 3D.
Wonder Woman
Diana (Gal Gadot; Batman vs Superman, Le spie della porta accanto) è la principessa delle Amazzoni, nata e cresciuta in un’isola protetta dalla cattiveria del mondo e degli uomini. Quando però la spia americana Steve Trevor (Chris Pine; Star Trek Beyond, Hell or High Water) raggiunge l’isola inseguito da militari tedeschi, la giovane donna imbatte nella realtà del mondo e nella crudeltà della grande guerra e decide di andare ad affrontare quel male, andando incontro anche ad una nascosta verità.
Trailer del film “Wonder Woman”:
(SUPER) GIRL POWER
Tre cose erano oggettivamente buone rispetto al personaggio di Wonder Woman in Batman vs Superman: Dawn of Justice (2016, di Zack Snyder): il costume, la bellezza della sua interprete Gal Gadot e il tema musicale che accompagnava la sua entrata nell’universo Dc contemporaneo, composta sapientemente dal maestro Hans Zimmer e Co.
Ed ecco che questi elementi si ritrovano (giustamente) anche nell’opera seconda di Patty Jenkins, regista che nel 2003 aveva portato all’Oscar Charlize Theron in Monster e che qui si dimostra invogliata nell’entrare nell’universo di questa super-eroina per, in realtà, umanizzarla e narrare più semplicemente del rapporto uomo-donna e contestualizzarlo a livello antropologico, storico e quindi sociale riuscendo (da quel punto di vista) ad immettere in un pop-corn movie l’interesse di gender cui anche lei appartiene, rendendo il personaggio stratificato e a-temporale, ampliando quindi il discorso non solo al tempo narrato ma anche ad oggi, alla parità di sesso e a come un tema raccontato in film come Susanna! (1934, di Howard Hawks) siano ancora attuali oggi. Tutto questo inserito chiaramente nel fantasy e nel super hero movie.
UNIVERSO
Si tratta di un film ‘piccolo’: è questo che si percepisce guardando Wonder Woman. Un film senza le ‘scene post-credit’, inserito come in un’ellissi temporale all’interno di uno spazio che gravida durante Batman vs Superman in cui Diana Prince ricorda, grazie alla foto ritrovata da Bruce Wayne che la vede, durante la prima guerra mondiale, in posa accanto ad un gruppo di uomini, tra cui Chris Pine, irriverente e buono uomo medio (o poco sopra la media, come ci tiene a specificare) e che si scontrerà con la cocciutaggine di Diana, nel suo essere sempre cresciuta in un limbo protetto dagli Dei rispetto ad un uomo che si è sempre sporcato le mani e che vive di concretezza e razionalità.
COSA SI COSA NO
Gal Gadot è magnetica, come la fotografia di Matthew Jensen che lascia i toni cupi di Snyder senza per questo discostarsene del tutto e virando ad una saturazione maggiore che riscalda le pelli dei personaggi come i diversi dialoghi “hot” che Diana e Steve avranno durante il film: è un’amore basato anche sull’attrazione sessuale il loro e per questo è divertente vedere come (in un’equilibrio che purtroppo manca) la regista abbia voluto inserire quasi una screwball comedy in un contesto epico e da super hero movie, provando non tanto a rinnovare quanto a cercare una strada diversa.
Quello in cui si pecca è l’ultimo atto del film in riferimento al villain, a come tutto questa costruzione lucida cade per la solita solfa del cattivone da sconfiggere. Peccato per il cast secondario poco risaltato (tra tutti, una Robin Wright apatica) e i (tanti) momenti di slow-motion che faticano ad ingranare con il resto. In ultimo, una durata da 121 minuti rimane eccessiva e sono evidenti alcuni momenti in cui si diluisce una storia che di tanto in tanto sembra frenare per poi tornare a procedere, dentro dialoghi troppo seriosi rispetto ad un clima generale che vuole giocare invece su una sobrietà e leggerezza che sembra ammiccare alla Marvel senza però esserlo davvero.