Il regno del pianeta delle scimmie è film del 2024 diretto da Wes Ball. Rappresenta il quarto capitolo della saga reboot, basata sul romanzo del 1963 di Pierre Boulle, iniziata nel lontano 2011 da Rupert Wyatt e portata avanti con i sequel del 2014 e del 2017 da Matt Reeves.
La pellicola distribuita da 20th Century Studios uscirà a partire dall’8 maggio.
Il regno del pianeta delle scimmie
Sono passati 300 anni dalla morte di Cesare e dalla sua colonia sono nati diversi clan poi sviluppatosi per conto loro, arrivando addirittura a creare gruppi di scimmie che ne ignorano l’esistenza. In uno di questi vive Noa, un giovane scimpanzé.
La sua vita verrà sconvolta dall’incursione e il conseguente rapimento di tutto il suo clan da parte di altre scimmie. Il film seguirà l’avventura di Noa alla ricerca dei suoi cari che lo porterà alla maturazione.
Il trailer del film
L’analisi del fanatismo religioso
Dopo il successo di pubblico e critica degli ultimi due film della saga, l’acclamato Matt Reeves abbandona la regia per lasciarla all’autore dei tre Maze Runner, Wess Ball. Regista per il quale questo film rappresenta l’uscita dalla zona di comfort avendo fino ad adesso diretto solo la trilogia citata prima.
In questa pellicola Ball decide di affrontare una tematica già vista nei film precedenti. La classica dicotomia tra umani e scimmie e la domanda che ci si fa da sempre riguardante la loro convivenza. Tema trattato in modo estremamente superficiale tramite un personaggio umano privo di caratterizzazione. Al contrario Ball esplora molto bene una tematiche nuova, il concetto di religione vero fulcro del film.
Qui Cesare, protagonista storico, è morto e viene elevato a vero e proprio Dio con tutti i pro e i contro che può avere la cosa. Attraverso questo espediente narrativo molto interessante viene analizzata la religione da vari punti di vista, dagli atei ai fanatici. Ogni personaggio primario ha un legame di diverso tipo con Cesare, a partire dal protagonista Noa che tramite il classico viaggio dell’eroe passa da ignorare la sua esistenza a diventarne il messia compiendo una sorta di esodo come fece egli nel terzo capitolo. Fino ad arrivare al suo contraltare Proximus fanatico che ha completamente distorto il verbo di Cesare utilizzandolo per governare sulle scimmie con il pugno di ferro. Due personaggi che però hanno solo questo tratto interessante, per il resto ricalcano gli stilemi del buono ed il cattivo classici finendo per risultare bidimensionali e dimenticabili. Decisamente un passo indietro rispetto al pluricitato Cesare e lo storico antagonista Koba.
Il regno del pianeta delle scimmie: cosa ci ha convinto meno
Il passo indietro non viene fatto solo dal punto di vista dei protagonisti ma anche da quello tecnico. La regia di Ball è acerba, si nota che per lui è praticamente un esordio, ci sono tante buone idee ma confuse. Le scene d’azione sono poche e caotiche, in particolare sul finale. Nonostante ci provi in continuazione non riesce mai a donare quell’epicità che Reeves dava ad ogni singola inquadratura, eccetto per la risoluzione del cattivo verso la fine nella quale riesce a dare il meglio di se regalandoci l’unica sequenza memorabile. Una scena da mitologia greca carica di epicità, senza dubbio il punto più alto del film.
Anche la sceneggiatura di Josh Friedman è insufficiente, troppo pretestuosa e ricalca pedissequamente lo schema classico di ogni film di questo genere rendendo il tutto sempre banale e prevedibile, oltre al fatto che sul finale si hanno delle falle logiche nella narrazione abbastanza gravi.
Il mondo in cui avviene ciò è bello da vedere, per quanto pure qui post apocalittico classico funziona abbastanza bene grazie ad una buona fotografia. La computer grafica è spaventosa priva di sbavature, le scimmie sono cariche di espressività come nei precedenti capitoli.
Il regno del pianeta delle scimmie purtroppo non riesce ad essere all’altezza dei due capolavori di genere diretti da Reeves, ma comunque resta una pellicola interessante soprattutto per come analizza la religione, penalizzata ahimè dall’inglorioso paragone con i precedenti capitoli inarrivabili.