Il paradiso probabilmente come sarebbe piaciuto a Chaplin e Keaton

Il paradiso probabilmente come sarebbe piaciuto a Chaplin e Keaton: il paradiso del quotidiano, solo a saperlo guardare come il primo spettatore di questo film, Elia Suleiman.

Il Paradiso Probabilmente
Il Paradiso Probabilmente

di Cristiano Salmaso

Il Paradiso Probabilmente

Prima ancora del suo solitario protagonista ad entrare in scena è il tipico umorismo yiddish, quello che al cinema ci è tanto familiare grazie ai film più spiccatamente comici (ma non solo) di Woody Allen, quello che su di me ha una fortissima presa, ma senza esagerare grazie.

Dopo il primo quarto d’ora il film sembra non aver ancora ingranato ma io ho già deciso che mi piace: nonostante succeda poco, si capisca meno e non si rida ancora, mi abbandono al film lasciandomi prendere dalle inquadrature composte, dalle belle luci, dal ritmo con il quale si entra presto in sintonia.

Sono tre i luoghi nei quali il film è ambientato: si parte da Nazareth in Palestina, dove un curioso personaggio osserva dei poliziotti che spiano con il binocolo un tizio che fa pipì davanti a loro, un vicino che si prende cura del suo albero di limoni (e glieli ruba), un altro che gli racconta di un serpente che gli ha gonfiato la ruota della macchina; si prosegue nel centro di una Parigi deserta  e meravigliosa dove il protagonista assiste al passaggio di un carrarmato, all’inseguimento di un ladro di fiori, all’accaparramento delle sedie ai giardini del Port Royal; si finisce per vederlo a New York in mezzo alle gente che fa la spesa armata fino ai denti, dietro la polizia che insegue una donna angelo, da un cartomante che gli predice: “Ci sarà sempre una Palestina ma qualcosa accadrà…ma né io né te vivremo abbastanza per scoprire cosa!”

Il trailer del film

https://www.youtube.com/watch?v=H9FVhuJ7uDA

L’eleganza del muto

Come un novello Charlie Chaplin o Buster Keaton, Elia Suleiman dirige se stesso mettendo in scena il proprio personaggio (un regista palestinese che propone il suo film, dedicato alla Palestina come scritto nei titoli di coda); un personaggio che ci fa ridere ma anche provarne compassione perché è solo, lontano da casa ed invisibile agli altri (ma non al tizio in metro che lo fissa o ai due turisti giapponesi che gli chiedono “Sei tu Brigitte?”), che ha un incedere buffo e sembra lui stesso danzare insieme agli altri (come i poliziotti in monopattino o l’uccellino sul tavolo) e che rimane muto per tutto il film (eccetto col taxista che gli chiede da dove viene).

Elia Suleiman ci accompagna dentro un film fatto di una serie di episodi assurdi – ma comicamente verosimili – che potrebbero moltiplicarsi oltre i cento minuti della sua durata; attraverso una pellicola intelligente, originale e cinematograficamente compatta e riuscita pur nella sua episodicità, Suleiman ironizza sull’autorità, le armi, la guerra (come nel leggendario Il grande dittatore) ma anche sulla religione, su se stesso e su di noi (come nel capolavoro di Allen Hannah e le sue sorelle).

Il paradiso probabilmente è un film pieno di comicità, leggerezza e voglia di vivere che, insieme ai clichè su parigini e newyorkesi, deride anche i luoghi comuni sulla questione palestinese. Il protagonista, sempre al centro dell’inquadratura, si aggira come una specie di alieno che si ritrova lontano da casa e spaesato ma che scopre un mondo nel profondo del tutto simile al suo, con gli stessi desideri e le stesse paure. Il segreto, in fondo, è riderci sopra.

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