Michelangelo Antonioni con Zabriskie Point

Due giovani si incontrano  fuori da Los Angeles, in un isolato angolo di deserto chiamato Zabriskie Point, tra i due scoppia una passione travolgente….

La trama del film

Los Angeles, fine degli anni ’60, tempi di ribellione giovanile. Uno studente, annoiato dalle assemblee e dalle sterili discussioni dei suoi coetanei, ferisce a morte un poliziotto. Data la situazione, si dà alla fuga e scappa a bordo di un areoplano temerariamente rubato. Una ragazza, invece, lavora per una società che però odia profondamente. I due giovani si incontrano proprio fuori dalla metropoli californiana, in un isolato angolo di deserto chiamato Zabriskie Point. Tra i due scoppia una passione travolgente che si consuma in uno scenario mozzafiato. Infine il film si scinde tra reale e onirico, i due livelli che rappresentano il rispettivo destino dei due protagonisti.

Pensiero ed azione

Oltre che indagare senza fronzoli i sentimenti e l’incomunicabilità fra gli uomini e i generi, come sempre ha fatto, in questo film Antonioni trasferisce la sua visione del cinema verso l’ambito più prettamente socio-politico.

Il protagonista disprezza la critica sociale fine a se stessa e decide di passare direttamente all’azione.

I dialoghi scarni favoriscono l’accresciuto valore estetico delle immagini, un aspetto tipico del cinema di Antonioni. Zabriskie Point diventa un simbolo di estraniamento, un’illusoria isola felice rispetto ad una società oppressiva; addirittura la nostra protagonista immagina una gigantesca esplosione nella villa dove si trova il suo capo con donne e uomini di fiducia. La sequenza in questione, ripetuta numerose volte e accompagnata dalla visionaria colonna sonora dei Pink Floyd, è spettacolosa e rimane impressa nella mente dello spettatore.

La scena dell’esplosione

Critica e impressioni

Antonioni è stato spesso criticato per una certa presunzione mostrata nella realizzazione di questo film: per un verso nel merito dei temi trattati, per la spavalderia e il pragmatismo con cui li ha risolti; per l’altro verso è stata sottolineata la distanza tra le origini provinciali del regista e la grandeur dell’ambientazione e della storia. Eppure la critica non ebbe molto da ridire anni dopo, quando il regista ferrarese diresse (magistralmente) Jack Nicholson e Maria Schneider in Professione Reporter. I due film, seppur diversi, hanno molti tratti comuni: raccontano entrambi di fuga e ribellione individuale, Antonioni li ha realizzati con la stessa convinzione intellettuale. Senza dimenticare che entrambe le pellicole hanno quel respiro internazionale, lontano dal provincialismo spesso in voga tra i cineasti di casa nostra. La particolarità di Professione Reporter sta nel prevalere di una inquietudine esistenziale, solo abbozzata in Zabriskie Point.

In sostanza questo film interpreta un sentimento distante dall’impegno politico, ma ad ogni modo, umanamente partecipe.

Come già si diceva, ci sono sequenze che a livello filmico impressionano per visionarietà ma anche per le splendide scelte operate a livello fotografico/scenografico; Antonioni inizia una nuova fase della sua poetica senza distruggere quanto fatto fino ad allora, anzi ricercando i diversi modi con cui integrarne motivi e temi di fondo.

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