Creature nella Notte: il macabro dagli occhi di Tim Burton – Frankenstein

Benvenuto, lettore. Prima di iniziare vorrei dirti subito cosa leggerai in queste settimane estive all’interno di questa rubrica. Partirò dai film, dalla vita, dallo stile del grande regista visionario Tim Burton per andare indietro nel tempo alla ricerca di quelle pellicole, quegli attori, quegli stili di regia che tanto lo hanno affascinato nella sua giovinezza da trasformare Tim Burton… in Tim Burton.

Ecco che allora queste pagine sono rivolte tanto a coloro che amano questo regista quanto a coloro che vogliono conoscerlo ed apprezzarlo di più, riscoprendo attraverso lui piccole o grandi perle del passato dimenticate o vivide ancora nella mente di ogni cinefilo. Se pensi che questo è quello che cercavi, possiamo iniziare. Pronti… partenza… via!

Frankenstein

Se c’è un personaggio, una creatura, che più di tutte ha impressionato, ossessionato ed affascinato il nostro regista sin da quando era un ragazzino, quella di certo è il mostro di Frankenstein.

Questa creatura nacque dalla penna della scrittrice Mary Shelley  tra il 1816 e il 1817 e sin dalla sua prima pubblicazione (1818) divenne uno dei libri più amati e di maggior fascino di sempre poiché dai contenuti eterni. Fascino che non tardò a farsi notare neanche dalle major hollywoodiane. La Universal comprò i diritti dell’opera e nel 1931 produsse il primo lungometraggio sulla storia, diretto da James Whale.

La trama

La storia è oggettivamente semplice: il dottor Henry Frankenstein (Colin Clive) va alla ricerca nei cimiteri di parti del corpo di defunti per la sua folle creazione di un corpo a cui dare la vita.

La sua fidanzata, intanto, preoccupata da questo suo folle progetto chiede aiuto al miglior amico di Henry ed ad un suo docente, per farlo tornare alla ragione, ma invano. L’esperimento riesce e la creatura (mirabilmente interpretata da Boris Karloff) vive. Con l’unico errore di avere innestato il cervello di un criminale omicida.

A questo punto la follia alla vista del fuoco lo porta ad aggredire chiunque e nel paese nascerà il panico. Con conseguenze inevitabili.

In profondità

Ciò che più rimane impresso in un film come questo è, invece, il ruolo che gioca la bestia e i concetti sociali, psicologici, filosofici e religiosi che vi stanno attorno.  L’idea dell’uomo di volersi avvicinare a Dio, l’idea di poter creare dal nulla una vita, i pregiudizi su una creatura ritenuta cattiva a priori per il suo aspetto e i motivi della sua creazione.

Emblematica in ciò è la scena in cui il “mostro” si avvicina ad una bambina che, nella sua innocenza e purezza, inizia a giocare con lui. Ma la creatura non sa nulla della vita, delle emozioni, del gioco… e giunge l’inevitabile. Ciò che solo una persona innocente o malvagia può arrivare a fare. Il caso vuole che, però, in questo caso, la gente creda che sia un folle omicida.

Che sia una bestia. E debba essere abbattuto. Lui è diverso da tutti, non può omologarsi, non può vivere tra gli altri perché è una creatura malvagia già solo per la natura della sua nascita. Il villaggio deve tornare alla sua quiete. Devo ritrovare la stabilità.

La moglie di Frankenstein

Se hai già visto il film del 1931, devi necessariamente completare la storia con la visione de “La moglie di Frankenstein”, sempre dello stesso James Whale, del 1935. Anche qui, la trama è tanto semplice quanto il titolo. La storia riprende esattamente alla fine del primo episodio.

Henry Frankenstein (sempre Colin Clive) giura alla moglie che non riprenderà mai più i suoi folli esperimenti ma un suo vecchio insegnante, Pretorius, lo convince a creare una nuova razza di esseri donando una donna al mostro. L’incontro finale tra il mostro e la sua “compagna” (Elsa Lanchester) è l’emblema che ha reso il film una perla, seconda imprescindibile parte del primo episodio.

La creatura

In questa seconda parte della storia, l’approfondimento psicologico del mostro è maggiormente sviluppato e reso in modo sublime rispetto all’accenno del primo film.

All’idea cruda umana di usare e servirsi del mostro per creare una nuova razza “creata dagli umani” si accosta una sempre maggiore umanità che la bestia riesce a sviluppare a contatto con la natura e con un uomo reso cieco che, non potendolo vedere, riesce ad apprezzare la sua anima.

Il mostro lentamente riesce a parlare ma poco importa perché i suoi sguardi e proprio i momenti di totale silenzio assolvono ancor più il compito del regista e della sceneggiatura nel mostrare una creatura dall’animo umano che, conscia ormai di essere “diversa”, si sente sola e sa che il suo destino è inevitabilmente quello (ancora una volta strabiliante l’interpretazione di Boris Karloff).

Oltre all’emblematica scena finale, la domanda che più sorge spontanea alla visione è chi, tra il mostro e gli uomini che tentano di “usarlo” sia il più cattivo. Allo spettatore l’ardua sentenza.

Derivazioni Burtoniane

Chi conosce anche superficialmente Burton, già solo dopo questa lettura intuisce quanto la storia della “creatura” possa averlo professionalmente (e non solo) influenzato. Già nel 1984 dirige un cortometraggio, Frankenweenie, che sin da subito pone l’accento sulla storia di Mary Shelley.

Il corto narra di un bambino, Victor Frankenstein appunto che, a seguito della morte prematura del suo cane, decide in modo bizzarro ed inusuale di riportarlo in vita. E proprio il prossimo Ottobre (almeno negli USA) uscirà una nuova versione della storia, dal titolo omonimo, in versione stop-motion e 3D, prodotta dalla Walt Disney e ovviamente firmata da Burton.

Frankenweenie (1984)

Trailer del remake in stop-motion 3D (2012):

Ma se in questa pelliola  il richiamo alla storia della Shelley è esplicita, molto più elaborato e vicino anche nello stile gotico, quasi espressionista, è invece la favola nera che tutti abbiamo visto almeno una volta nella vita “Edward mani di forbice”, con Johnny Depp nei panni della creatura e Vincent Price in quelli del creatore.

Trailer “Edward mani di forbice” (1990):

Frankenstein e La moglie di Frankenstein, rimangono ad oggi i film che più hanno colpito l’immaginario gotico, dark, favolistico e soprattutto sempre approfondito non solo visivamente ma anche emotivamente e psicologicamente del nostro regista e che io oggi vi suggerisco di vedere, se non lo avete già fatto, o di rivedere non tanto per l’elemento horror (che non risiede nella visività quanto nelle scelte e conseguenze dell’agire umano) quanto per quello drammatico ed iconografico.

Ti aspetto allora questo Sabato per trovare un nuovo film amato da Tim Burton di cui parlare insieme per scoprirlo o ri-scoprirlo, amarlo o odiarlo.

…e nel frattempo, ti auguro i sogni più oscuri e macabri!

 

2 Comments

  1. burton98

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