Beatles '64

Beatles ’64, il documentario prodotto da Scorsese su Disney+: la recensione

Beatles ’64, il documentario prodotto da Martin Scorsese per ricordare la prima volta che il mitico gruppo di Liverpool suonò negli USA, è disponibile dal 29 novembre su Disney+. Diretto da David Tedeschi, raccoglie rari filmati girati dai primi documentaristi Albert e David Maysles. Inoltre, alcune performance dal vivo, la memorabile partecipazione al Ed Sullivan Show e alcune interviste più recenti a Paul McCartney e Ringo Starr.

Beatles '64
Beatles ’64 – locandina

Beatles ’64

É il 7 febbraio 1964. Sono passati giusto pochi mesi dallo scioccante omicidio del presidente Kennedy quando sbarcano per la prima volta negli States i Beatles. Forse anche in reazione a quel periodo grigio di disillusione, l’accoglienza che i giovani riservano al gruppo britannico è a dir poco entusiasta. La loro esibizione al popolare programma televisivo condotto da Ed Sullivan conquista i ben 73 milioni di spettatori che la seguono da casa. Un record di audience ineguagliato per l’epoca.

Scatta la cosiddetta Beatlemania: scene di isterismo, merchandising di ogni genere e tipo, fan ululanti che li seguono in ogni dove… I Fab 4 inanellano una serie di concerti trionfali. Al Washington Colisseum, al Carnagie Hall e poi in Florida per una seconda apparizione allo show tv che registra altri 70 milioni di spettatori.

Oltre ai filmati d’epoca, possiamo goderci dietro le quinte inediti. Alcuni stralci di interviste realizzate in periodi successivi a George Harrison e a John Lennon (in una con la mano intrecciata a quella di Yoko Ono). Nonché altre, recentissime, a Ringo Starr e Paul McCartney (entrambi coproduttori del documentario).

Beatles ’64 – official trailer

Un amarcord imperdibile per i fan e molto interessante anche per i non fan (ma esiste qualcuno che non è fan dei Beatles?)

Beatles ’64 è un tuffo nel passato. Nel bianco e nero dei filmati e nel bianco e bianco delle persone assiepate davanti all’hotel. All’auto. A qualsiasi luogo dove passassero il “favolosi quattro”.

Fa impressione per molte cose.

Prima di tutto, fa impressione vedere i Beatles così giovani. Così scanzonati, divertenti, leggeri. Anche se da subito professionali, con la battuta pronta, ma con un’attitudine che hai solo da così giovane. Quella di prendere le cose non “così” seriamente, come se non avessero “così” tanta importanza.

George, Ringo, John e Paul sembrano perfettamente a loro agio. Rispondono a tono e in modo scherzoso alle interviste, leggono il giornale (presumibilmente, gli articoli su di loro) fumando stravaccati nella suite dell’hotel. Quando gli chiedono in conferenza stampa se possono cantargli qualcosa, loro rispondo “No” in coro. E, a chi tenta di provocarli con un “Perché non sapete cantare?”, replicano ridendo “No, è perché vogliamo prima essere pagati”. Detto da Lennon. Alla Linda Evangelista senza per questo venir poi crocifisso come Linda Evangelista.

Beatles '64 _ arrival
George Harrison, Ringo Starr, John Lenon e Paul Mccartney arrivano all’aeroporto JFK Photo Courtesy of Apple Corps, Ltd. All Rights Reserved.

I fantastici quattro hanno i problemi comuni alle celebrities della loro età, in ogni tempo. Troppa gente ovunque, troppi assalti appena si muovono, sono in tour ma confinati in una camera. Fanno ciò che, potendo, farebbero le celebrities di quell’età. Chiamano i pochi (le poche, nella fattispecie, le Ronettes) che conoscono. Scappano di nascosto in un posto dove nessuno o quasi li calcola (a Harlem, in questo caso). Per poi trascorrere la serata beandosi di passare inosservati dopo tutto l’impegno messo per diventare qualcuno che non passa inosservato.

Poi, fa impressione vedere il pubblico che grida davanti agli hotel, così poco eterogeneo. Praticamente solo ragazze bianche in tailleur e con taglio di capelli a carré. Molto wasp, molto medio-alta borghesia che si lascia andare un attimo alla “trasgressione”. Leggi, stazionare nei luoghi dove i Fab 4 transitano e tentare di acquistare tutto ciò che hanno toccato, compresi gli asciugamani della stanza. Fa impressione e fa pensare che, almeno in questo, siamo migliorati.

Beatles '64 _ fan
Policmen trattengono i fan – Disney’s BEATLES ’64. © 2024 Apple Corps, Ltd. All Rights Reserved.

Fa quasi tenerezza sentire cosa le “fan” compravano da offrire ai loro beniamini: una ragazza parla di aver acquistato dei “libri di scienza” da regalargli. Certo, un po’ diverso dai reggiseni tirati dalle groupies anni ’80 e ’90. E decisamente diverso dalla nuova moda attuale, di tirare oggetti contundenti contro i propri artisti preferiti. In questo, invece, direi che siamo decisamente peggiorati.

E fa un po’ specie vedere i Beatles esibirsi sul palco, in giacca, cravatta e quel taglio improbabile. Francamente parecchio simile a quello a scodella che facevo ai miei poveri figli da piccoli, la prossima volta che me lo rinfacciano gli dirò che era ispirato ai Fab 4! Paiono impiegati di banca, molto perbene, giusto la testa mossa a ritmo di musica tradisce il loro status di pop star. Quella di John in particolare, al concerto al Carnegie Hall pareva doversi svitare per come la scuoteva.

D’altronde qualcuno (la figlia di Bernstein, forse) lo dice chiaramente, nel corso del documentario: i Beatles avevano qualcosa che “spaventava” meno, rispetto a Elvis. Più “bravi ragazzi”, meno apertamente sessualizzati (non per niente, sono inglesi). Capaci di riprendere e portare al successo brani di cantanti afroamericani – vedi Tutti Frutti, in origine di Little Richard, o You Really Got A Hand On Me, dei The Miracles. Che forse avevano bisogno di passare prima attraverso lo sbiancamento della loro pronuncia British per poter essere apprezzate senza problemi.

I fab four

In ogni caso, pur se più “soft” (“più fluidi”, dice Jamie Bernstein, con buona pace di quelli che pensano sia un argomento nato col movimento woke), spaventavano comunque gli adulti del tempo. Forse perché con la loro leggerezza, con la loro musica spensierata, coi loro sorrisi spazzavano un po’ via quel clima di terrore e di ansia in cui gli Usa erano immersi. (Com’è vero che a volte gli anni passano ma tutto resta uguale).

Un clima percepito anche da loro. Lo stesso Paul afferma, in modo molto lucido: “Pensavamo che l’America fosse la terra della libertà. Una volta arrivati, abbiamo scoperto tutt’altro”. E fa venire i brividi sentire John affermare di essere preoccupato per la violenza che caratterizzava gli USA (palpabile, a pochi mesi dall’assassinio di Kennedy). Sapendo noi come le cose sono andate a finire, le sue parole paiono frutto di un brutto sogno premonitore.

John Lennon
John Lenon in Disney’s BEATLES ’64. © 2024 Apple Corps, Ltd. All Rights Reserved.

Bilancio finale di Beatles ’64

Beatles ’64, in conclusione, suscita un sacco di emozioni. E di riflessioni. Qualche risata. E un po’ di nostalgia. Per alcuni, forse, ricordi. Per altri, la scoperta di un fenomeno che ha, a prescindere, segnato il corso della musica contemporanea. Potete vederlo con i vostri figli. Io lo consiglierò a mio padre, beatlesiano della prima ora. Noi, grazie a Cinemio, ce lo siamo gustati in anteprima in famiglia, e poi ne abbiamo parlato. Bello vedere un documentario che poi ti fa parlare. C’è tanto bisogno di parole.

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