Rabbit Hole di John Cameron Mitchell

Recensione in anteprima del nostro Daniele Meloni: oggi ci parla di Rabbit Hole il film di John Cameron Mitchell con Nicole Kidman e Aaron Eckhart, da domani al cinema.

La locandina del film

Rabbit Hole

Becca (Nicole Kidman) e Howie (Aaron Eckhart) Corbett sono imprigionati dal ricordo di loro figlio che solo otto mesi prima li ha lasciati, vittima di un incidente nella strada proprio davanti alla loro casa. Da tranquilla e felice famiglia americana di provincia si trovano catapultati in una realtà a loro sconosciuta, quella del dolore, che cercano in tutti i modi di metabolizzare con dignità tra rimorsi, sensi di colpa, che si mischiano ai ricordi del piccolo e che sfociano in una rabbia sempre controllata.

Nulla della loro vita è più lo stesso, dai piccoli gesti quotidiani ai rapporti con il mondo, tutto cambia in modo repentino: Becca si riavvicina alla madre e alla sorella, e segretamente cerca di instaurare un dialogo con il ragazzo coinvolto nell’incidente fatale mentre Howie fantastica su una donna che vede negli incontri settimanali di recupero per coppie con gli stessi problemi dei protagonisti. Tutti gli accadimenti del film sembrano appesi ad un filo, eppure questo filo si dimostra molto più resistente del’ apparenza.

Daniele: delicato e profondo

John Cameron Mitchell (il regista del trasgressivo Shortbus) porta sullo schermo la pièce teatrale del premio Pulitzer David Lindsay-Abaire, rispettandone tutta la delicatezza e la profondità, aiutato da due attori come Nicole Kidman, finalmente tornata ai suoi grandi livelli, ed Aaron Eckhart. Il film crea una grande empatia, degna del teatro, tra spettatore e protagonisti, i quali vivono questo sentimento molto diversamente.

Howie non abbandona i ricordi di suoi figlio anzi se ne nutre, guardando per esempio i suoi video sul cellulare, mentre Becca cerca di tagliare, di eliminare tutti i ricordi, dai vestiti alle impronte del bambino sulle porte. Ma è quando si vivono i momenti di coppia che cambia tutta l’ atmosfera, non ci sono sentimentalismi banali e un abuso di lacrime, ma un dolore vissuto con molta discrezione, rispetto e con una visione reale della vita, mai tralasciando un pizzico di sarcasmo che in questo caso non è fuori luogo.

Un film da vedere non perché affronta un tema nuovo, anzi, ma per come lo affronta, e che sembra dirci che la serenità si può ritrovare con l’intelligenza delle persone anche dopo fatti catastrofici: dopo questo film le riflessioni a proposito saranno molte.

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