Registi emergenti: ‘Tutti giù’ di Niccolò Castelli

Oggi abbiamo il piacere di avere come nostro ospite il giovane regista svizzero Niccolò Castelli che ci parla della sua opera prima purtroppo ancora non distribuita il Italia: Tutti giù.

Niccolò Castelli è nato a Lugano, in Svizzera nel 1982. Giovanissimo inizia a collaborare ad una radio come animatore radiofonico. Intanto inizia a realizzare cortometraggi, reportage, spot televisivi e video-clip musicali. Nel 2006 si è laureato in Lettere e Filosofia, indirizzo DAMS Cinema a Bologna e ha poi frequentato il Master in Realizzazione Cinematografica presso la Zurich University of the Arts ZHdK. Come assistente alla regia ha collaborato alla realizzazione di numerosi lungometraggi. Tutti Giù, il suo primo lungometraggio, è stato presentato in anteprima al Festival Internazionale del Film di Locarno del 2012 e ha partecipato a numerosi altri festival nazionali ed internazionali nei quali ha sempre ottenuto un buon successo. Da segnalare l’ultima partecipazione al 8th Panorama of the European Film al Cairo insieme ad alcune delle migliori pellicole europee dell’anno.

Un'immagine del film

Tutti giù

di Francesca Napola

Tutti giù è il primo lungometraggio di Niccolò Castelli, un delicato film sul passaggio dall’adolescenza all’età adulta. Il regista, come lui stesso ha dichiarato, decide di esplorare la realtà dove è cresciuto, il Canton Ticino, e lo fa attraverso le tre storie, i tre gruppi, i tre protagonisti della pellicola, le cui esistenze si incroceranno e raggiungeranno un epilogo non sempre dei migliori. Sono tre vite che appaiono oppresse dalle vicende del destino, sconvolte da pensieri negativi, dalla voglia di gettare la spugna ma che alla fine si danno una mossa e hanno voglia di riemergere attraverso la forza interiore che ognuno ha e che spesso, soprattutto gli adolescenti, si dimenticano di avere.

Nella parte iniziale del film ci vengono presentati piccoli frammenti, a ritmo rock, delle vite dei tre protagonisti, Chiara, Jullo ed Edo. Finalmente questo puzzle scenico, dopo poco tempo, si compone e il ritmo della narrazione diventa più disteso e intreccia le storie dei tre protagonisti. Chia­ra è una gio­va­ne cam­pio­nes­sa di sci al­pi­no che deve con­vi­ve­re con una madre che vuole sfrut­ta­re la sua im­ma­gi­ne per ga­ran­ti­re un red­di­to mi­glio­re alla fa­mi­glia e un fu­tu­ro più roseo alla fi­glia. Jullo la­vo­ra in un ne­go­zio di ska­te­board, ag­giu­stan­do le ta­vo­le e de­di­can­do­si nel tempo li­be­ro alle corse in skate. Pur­trop­po la sua vita sarà scon­vol­ta da una ca­du­ta e dalla sco­per­ta di avere una mal­for­ma­zio­ne al cuore che lo co­strin­ge­rà al tra­pian­to. Edo in­ve­ce è un so­li­ta­rio. Spen­de il tempo di­se­gnan­do e fa­cen­do graf­fi­ti sui muri della sua città. Il con­tat­to e l’a­mo­re per la coe­ta­nea Giada lo cam­bie­rà e lo por­te­rà a so­cia­liz­za­re, non chiu­den­do­si più solo nelle mura di casa. Anche lui dovrà fare i conti con il mondo e con la vio­len­za.

I protagonisti Nicole Lechmann e Nicola Perot

A questo punto la storia sta per chiudersi con la morte di uno dei protagonisti, e così il ritmo della narrazione si fa di nuovo mesto, le ansie prendono nuovamente il sopravvento ma esiste una via di uscita. L’amore appena sbocciato, la rivelazione che la vita non è solo nera ma che esiste una tavolozza di colori che portano alla salvezza personale. E così che scende in campo il ricordo dell’adolescenza del regista descrivendo con maestìa il desiderio di non subire, da parte della società, imposizioni o pressioni e soprattutto il bisogno inconscio di sentirsi amati sia dagli amici che in coppia. Morale: è più facile affrontare le difficoltà in due che in solitudine! L’unione fa la forza!

Niccolò Castelli ha raccontato una storia semplice ma che nello stesso tempo è affascinante. Una storia di introspezione, un film vero, fatto di verità e finzione, come Castelli ha dichiarato. Infatti gli amici di Jullo sono Skaters professionisti; Lara Gut, Chiara, è qui alla sua prima esperienza cinematografica con alle spalle un passato simile a quello del suo personaggio; Edo è interpretato da una giovane promessa italo-svizzera, Nicola Perot, il quale è riuscito a rendere con verosimiglianza il carattere di Edo e la sua solitudine esistenziale e la sua socio – fobia. E infine c’è Jullo, interpretato da Yanick Cohades, che dà una grande prova attoriale.

La fotografia gioca su inquadrature insolite e sulla camera in movimento a seguire la discesa sugli sci di Chiara o le corse in skate di Jullo e della sua banda. Un montaggio di scene che assomiglia in alcuni tratti ad un documentario, vista la formazione del regista. Anche perché lui stesso ha dichiarato di averci messo in questo suo primo lungometraggio molto di se stesso, dove le storie raccontate corrispondono in parte alla realtà vissuta in Canton Ticino.

Un'immagine del film

Da notare la colonna sonora del gruppo ticinese KOVLO, molto bella e sorprendente. Un film da consigliare…

Le domande al regista

Ciao Niccolò, benvenuto su cinemio.it. Oltre alla regia sono tuoi anche il soggetto e la sceneggiatura. Ci racconti la genesi del film? In particolare come mai un film che parla di adolescenti così diversi da quelli italiani, adolescenti cresciuti che nonostante la giovane età vivono soli?

Il film parla di quel momento della vita in cui devi iniziare a decidere per te stesso, decidere ciò che vuoi farne della tua vita. Le tre storie sono ispirate a alcune vicende accadute ad amici miei, e avevano in comune la voglia di vivere una vita per se stessi, originale, messa in crisi da elementi interni ed esterni. Ogni storia cerca di raccontare una faccia diversa di questo momento che segna l’inizio di una vita in cui se ci credi e lavori a fondo puoi essere ciò che vuoi.

È un momento in cui ci si sente molto soli e per questo ho deciso di isolarli, di “escludere” il mondo degli adulti in questa presa di coscienza e di lasciare che questo “viaggio” fosse compiuto dai giovani stessi, da chi si sente solo e deve condividere ciò che lo tormenta con i suoi coetanei se vuole uscirne, consegnando a loro le responsabilità. È un film sui giovani, sulla forte amicizia che scaturisce dalla solitudine e dalla paura e dall’onestà nel condividerla. Inoltre, va detto che qui in Svizzera è assai raro che dopo i 20 anni si rimanga a casa dei genitori a vivere. Finite le scuole secondarie è consuetudine che si inizi un’avventura propria. Io stesso, ad esempio, vivo fuori di casa da quando ho raggiunto la maggiore età, e non perché ci sia stato un conflitto con i miei genitori. In Svizzera l’indipendenza, lo sviluppo dei propri talenti sulle proprie gambe (nel bene e nel male) è un valore molto diffuso.

Il regista Niccolò Castelli

Termina qui la prima parte dell’intervista a Niccolò Castelli. Continua a leggere la seconda ed ultima parte.

 

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