“Pecore in erba” di Alberto Caviglia (2015). Il coraggio di riuscire ad ironizzare su un temi importanti

Pecore in Erba è l’opera prima del regista esordiente Alberto Caviglia ed è stata  una delle poche commedie selezionate quest’anno alla 72esima mostra del cinema di Venezia, in concorso nella sezione Orizzonti, ed uscirà a breve nelle sale.

pecore in erba

Pecore in erba

Pecore in erba

Pecore in erba è uno  di quei  film che sanno far ridere, e al tempo stesso riflettere, su un argomento importante, quale  l’antisemitismo. Il regista, che è di origini ebree, riesce attraverso l’ironia, tipica del suo popolo,  a raccontare un tema attraverso un paradosso, facendo capire l’importanza della libertà di pensiero, anche se in  questo caso si tratta di idee scomode, come l’antisemitismo, raccontata però in maniera anticonvenzionale, creando un mondo parallelo in cui personaggi, interpretati da un ottimo cast, in cui troviamo Omero Antonutti, Lorenza Indovina, Niccolò Senni, Paola Minaccioni, Vinicio Marchioni, Francesco Pannofino e Carolina Crescentini, vengono raccontati in maniera surreale, un misto tra finzione e cronaca reale.

pecore in erba Davide Giordano

Davide Giordano in Pecore in erba

Tutto parte dalla scomparsa di un uomo che abita in zona Trastevere, Tommaso Zurliani, interpretato da Davide Giordano per sei mesi non si hanno sue notizie, e questo avvenimento fa il giro del mondo, tanto che persino il Papa, la Regina D’Inghilterra ed il presidente degli Stati Uniti si chiedono dove fosse sparito. Quest’uomo che è sempre vissuto in questo quartiere di Roma, ed è conosciuto da tutti per il suo odio contro gli ebrei. L’ironia di Pecore in erba sta proprio nel cogliere questo aspetto e stravolgerlo così tanto da prenderlo in giro e avere la capacità di riderci sopra.

Pecore in erba Alberto Caviglia

Alberto Caviglia il regista di Pecore in erba

Pecore in erba è anche una riflessione sui media e come ci vengono raccontate le storie tramite i giornali e la televisione odierna, attraverso interviste di taglio documentaristico, che fanno il verso a trasmissioni tipo “Chi L’ha visto” o “Quinta Colonna” e su come alla fine si capisca che certi meccanismi d’odio si possono trovare anche su altri versanti, tipo fascisti, comunisti, cattolici e così via.

Curiose le scritte razziste che appaiono durante il film, utilizzati come giochi di parole, che alla fine fanno sorridere, proprio a sottolineare la follia e la stupidità dell’uomo in queste situazioni, così come è curiosa anche la scelta del titolo stesso, un po’ il simbolo di una popolazione di persone che seguono il gregge senza riflettere o avere una consapevolezza del perché delle proprie azioni o pensieri.

 

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *