Un gruppo di under 30 sfida il mercato cinematografico nazionale, con un supernatural thriller all’italiana: Hybris, l’esordio in salsa horror del ventunenne Giuseppe Francesco Maione, sarà nelle sale dal 28 maggio 2015.
Hybris
di Claudia Romito @Percorsi Up Arte
Quattro ragazzi, una casa nel bosco e un passato oscuro, gli ingredienti di base di Hybris. A mescolare i luoghi comuni del genere horror, il giovanissimo sceneggiatore, attore e produttore Tommaso Arnaldi assieme alla sua squadra.
Un gruppo di ragazzi, una piccola casa di produzione e un futuro da costruire, le componenti che hanno dato vita alla pellicola. Elementi narrativi e necessità produttive si intersecano in maniera costante in quest’opera prima, che trae forza dalle difficoltà, volgendole abilmente a proprio favore.
Atmosfere claustrofobiche, illuminate da un giovanissimo direttore della fotografia (Matteo Bruno) che utilizza esclusivamente luci diegetiche, intrappolano la vicenda. Una casa senza finestre, ricostruita in un piccolo teatro di posa è la location centrale, all’interno della quale si costruisce quasi l’intero film. Un omaggio al genere, ma anche un espediente che ha reso le fasi di lavoro e l’intera operazione realizzabile a costi contenuti.
All’interno della casa, amori, rancori e misfatti si intrecciano, mescolando un quotidiano quasi banale a stilemi horror che forzano la storia verso risvolti sovrannaturali. Pur con qualche ingenuità nella costruzione narrativa, i personaggi riescono a coinvolgere lo spettatore, immergendolo in un’atmosfera nota e nuova al tempo stesso.
Marco, Fabio, Alessio e Penelope sono amici di vecchia data. Per rispettare le ultime volontà di un amico raggiungono una vecchia casa nel bosco. La casa finirà con l’imprigionarli, mettendoli forzatamente di fronte a loro stessi, ai loro errori, e alla loro più o meno cosciente malvagità.
Gli elementi caratteristici dell’horror ci sono quasi tutti, ma la motosega, che in un film americano sarebbe stato lo strumento principe per dar vita a un bagno di sangue, è rotta. Un segnale che, a inizio film, già preannuncia la via scelta da regista e sceneggiatore. Più attenzione ai personaggi, ai dialoghi, e sangue solo quel tanto che basta per rendere omaggio al genere.
Dopo le rivisitazioni postmoderne fatte di esasperazioni splatter o parodia, il giovane gruppo di lavoro (quasi tutti provenienti dal mondo del web) predilige un ritorno ad una certa classicità. La telecamera non impazzisce, ma disegna gli ambienti in maniera rigorosa. L’impegno nel costruire un’opera compiuta e fruibile dal grande pubblico è manifesta, e fa perdonare anche alcune piccole cadute di stile.
I personaggi funzionano e gli attori, con una recitazione spontanea, rendono l’atmosfera irreale più familiare. La grande palestra di Youtube, dalla quale provengono gli attori Guglielmo Scilla e Claudia Genolini, dà un’impronta particolare al film. Nonostante il tipo di approccio attoriale sia diverso rispetto alle esperienze precedenti, un senso di vicinanza tra attore e spettatore permane, e contribuisce all’effetto complessivo della pellicola.
Lo spettatore si trova di fronte personaggi quotidiani, ragazzi della porta accanto, inseriti in una cornice tradizionalmente più distante e irreale, alla quale si adattano emulando anche un po’ divi dei film che hanno visto e amato. Gli attori si sono messi alla prove, abbandonando in parte le loro strade consuete, ma senza vestire del tutto i panni degli eroi e dei villain richiesti dal genere.
Nel complesso Hybris è un ottimo prodotto di cassetta. Sarebbe davvero una boccata d’aria fresca per il cinema italiano se tentativi anche un po’ incoscienti come Hybris iniziassero a proliferare, perché il cinema non vive solo di capolavori poetici e commedie più o meno raffinate. Un tentativo interessante che, come i giovani autori ben sanno, potrebbe premiarli per il coraggio o punirli per la loro “tracotanza”.