Continuiamo la nostra carrellata sui migliori cortometraggi in concorso al BIF&ST 2013 presentandone oggi uno molto originale: God’s Got His Head in the Clouds del regista Gianluca Sodaro.
Gianluca Sodaro è nato in Sicilia, alla vigilia di Natale. Laureato all’Accademia di Belle Arti e Design di Milano, lavora nel cinema e nella pubblicità. Ha già diretto, nel 2000, il suo primo lungometraggio, Cuore scatenato presentato in anteprima al Miami International Film Festival ed ha ricevuto il premio come “Miglior Fotografia” all’International Independent Film and Video Festival (NYIIFVF) di New York. I suoi cortometraggi hanno vinto premi in numerosi festival tra cui Uppsala, Tampere, Palm Springs, Annecy, Huesca, Metz, Brisbane, Locarno, Stoccolma, Torino e Berlino, per citarne solo alcuni. Gianluca ha ache lavorato nel reparto creativo di Fox Channels Italia per tre anni, vincendo, anche qui numerosi premi. Tiene a precisare che adora il suono delle cicale.
God’s Got His Head in the Clouds
In una piccola cappella di campagna un sacerdote è in ginocchio in preghiera, quando all’improvviso si trova alle spalle una ragazzina di 11 anni, Angelina, che, con sguardo inquisitorio, inizia a fargli domande che riescono a metterlo in difficoltà. Ma chi è questa bambina e perché è lì?
God’s Got His Head in the Clouds è un cortometraggio davvero originale. Girato in un curato bianco e nero e privilegiando i primi piani che esaltano i visi molto particolari e le espressioni dei protagonisti, segue con ritmo incalzante il dialogo tra questo prete ed una ragazzina intraprendente che ha deciso di ‘denunciare Dio’. Ottima la sceneggiatura, interpretata in modo pungente e vivace da Franco Pistoni e dalla piccola Silvia Sodaro, che incuriosisce lo spettatore e lo diverte fino al colpo di scena finale.
Le domande al regista
Ciao Gianluca, benvenuto su cinemio. Parliamo di ‘God’s Got His Head in the Clouds’, dal tema veramente particolare, di cui sei anche sceneggiatore. Come sei arrivato all’idea del corto?
Prima di scrivere la storia, la prima idea è stata quella di produrmi un cortometraggio di cui avessi il controllo totale, senza dover rendere conto a nessuno. Avendo a disposizione un low budget, mi sono imposto da subito dei limiti: una location, due attori, due giorni di riprese. E così sono partito. Quando nasci e cresci in un piccolo paese dell’entroterra siciliano fortemente impregnato di secolari tradizioni religiose miste a ritualità profane, è quasi inevitabile porsi certi interrogativi riguardanti il rapporto tra Dio e l’Uomo.
A ciò si aggiungono la mia curiosità e la mia passione per l’Individuo, inteso come essere assurdo e paradossale. La storia, che racconto nel mio film, affronta tematiche teologiche e filosofiche ma nel modo più semplice e lineare. È per questa ragione che l’ho affidata al punto di vista di una ragazzina: dalla sua incosciente ingenuità scaturisce il dramma di Fede vacillante del prete.
Il corto ha solo due protagonisti: Franco Pistoni e la piccola Silvia Sodaro. Come li hai scelti e come hai collaborato con loro nella definizione dei rispettivi personaggi? In particolare qual è stato il lavoro fatto con la piccola protagonista?
Franco Pistoni è un attore straordinario con un lungo, solido e intenso percorso teatrale e cinematografico alle spalle. Oltre alle qualità umane e recitative, di solito guardo con particolare attenzione alle “facce” degli attori in modo che siano funzionali alla storia che sto per narrare. E la faccia di Franco era da tempo custodita nel mio immaginario. Così l’ho scelto. E lui ha aderito al progetto con grande entusiasmo.
Silvia Sodaro è mia cugina. Da quando aveva quattro anni si è sempre fatta notare per la sua insolita e curiosa brillantezza. Ha conservato questa qualità nel tempo e, quando l’ho rivista ormai divenuta ragazzina, non è stato difficile sceglierla. Direi che l’ho proprio riconosciuta. Ero certo che le sue qualità sarebbero venute fuori. Abbiamo lavorato insieme sul personaggio con leggerezza. Non a caso, da parte sua, non c’è mai stato un capriccio, un segno di stanchezza.
Lei e Franco Pistoni si sono incontrati per la prima volta sul volo per la Lituania e si sono subito “riconosciuti” e, quando due personaggi che hai creato si riconoscono, per me è motivo di grande soddisfazione. Recitare a due è un po’ come ballare un valzer. In questo caso Franco, avendo l’esperienza e una rara delicatezza umana, è stato colui che ha “portato”, che ha condotto Silvia in questo insolito balletto in chiesa.
Ora un paio di curiosità tecniche. La fotografia è in un curato bianco e nero. Come mai? C’è un significato particolare dietro?
Quando immagino e scrivo una storia, solitamente ho già il colore e il suo sapore in mente. E questa è nata da subito in bianco e nero e così è stata girata. Non credo ci sia dietro un significato particolare. Penso che il bianco e nero fosse la veste più giusta per raccontarla.
Come sei arrivato alla scelta della Lituania come location del corto?
Nonostante non abbia chiesto alcun tipo di finanziamento pubblico e abbia investito i miei soldi, in Italia non sono riuscito comunque a trovare alcun entusiasmo nelle persone che avevo contattato per seguire la produzione esecutiva del film. E a me la gente che si lamenta e basta non mi è mai piaciuta. Positività e qualità umane fanno sempre la differenza. E così ho capito che dovevo emigrare con tutta la mia storia.
Ero già in contatto con questo produttore lituano e avevamo avuto modo di confrontarci qualche anno prima con la promessa che primo o poi avremmo lavorato a un progetto comune. L’ho risentito. Gli è piaciuta tanto la storia e siamo partiti per questo viaggio. E’ stata un’esperienza professionalmente incredibile che mi ha stupito in un certo senso. Voglio dire, la crisi c’è anche in quei Paesi ma l’atteggiamento è di base costruttivo. A volte si lamentano anche loro ma poi si rimboccano le mani. E il risultato credo che si veda.
Le musiche originali del corto sono del grande musicista Angelo Badalamenti. Come sei arrivato a lui e come avete collaborato per la stesura della colonna sonora?
Alcuni anni fa Angelo Badalamenti ebbe l’occasione di vedere il mio film d’esordio Cuore scatenato e alcuni miei cortometraggi. Ne rimase parecchio entusiasta e, in un’email che ancora custodisco gelosamente, mi riempì di complimenti dicendomi anche che avrebbe composto volentieri le musiche originali per un mio futuro progetto cinematografico. Negli anni siamo rimasti in contatto e, appena si è presentata l’occasione, è iniziata la nostra collaborazione a distanza. Ci siamo confrontati, ci siamo trovati sulla stessa lunghezza d’onda e tutto è filato liscio.
Lui è entrato con tutta la sua energia ed entusiasmo nella storia e i due brani che ha composto ne sono il risultato più lampante. Io dico sempre che questa storia è un dialogo a tre: il prete, la ragazzina e la musica. Quando per la prima volta ho ascoltato le sue musiche, ho riconosciuto anche quelle così come avevo riconosciuto i due protagonisti. Credo che questa insolita collaborazione a distanza dimostri che la creatività non ha confini. La cosa curiosa è che fino ad oggi non ci siamo mai incontrati dal vivo. Finalmente ci incontreremo alla fine di maggio in occasione del Berkshire International Film Festival dove insieme presenteremo il corto.
Ed ora uno sguardo al futuro. Hai già un nuovo progetto nel cassetto?
Di progetti nel cassetto ce ne sono diversi. Io sarei pronto a farne partire uno anche domani. La cosa più difficile per un autore italiano nel suo Paese è trovare gli interlocutori. Credo che, dal punto di vista produttivo, si debba tornare a guardare alle idee e alla loro qualità come accadeva nell’epoca d’oro del cinema italiano tanto tempo fa. Per non sbagliarmi, però, butto sempre un occhio all’estero.
Saluto e ringrazio Gianluca Sodaro e lo aspetto per una nuova intervista sul suo prossimo progetto.