Quinta autrice in concorso al Sudestival 2019 la regista Sandra Vannucchi alla sua opera prima presenta il film La fuga. Nell’articolo l’intervista completa.
Intervista a Sandra Vannucchi
Ciao Sandra, benvenuta su cinemio. Del film sei autrice di soggetto e sceneggiatura. Vuoi raccontarci la genesi? Com’è stato immedesimarsi in una ragazzina con la voglia di indipendenza È vero che il racconto è in parte autobiografico?
Sandra Vannucchi: Questa è una storia abbastanza personale, perché si basa in parte sulla mia infanzia, su fatti realmente accaduti, su cose che io stessa ho fatto. Mia madre soffriva di depressione clinica ed è stata anche ricoverata in clinica alcune volte. Sono realmente scappata di casa all’età di 10 anni, perché volevo vedere Roma, volevo andarci a tutti i costi ed avrei voluto andarci con i miei genitori, ma dopo l’ennesimo rifiuto da parte loro, decisi di prendere un treno da sola dalla cittadina toscana dove abitavo e di andarci per conto mio.
In quel momento non penso di aver riflettuto molto, ero spinta da un desiderio di normalità, di avere una famiglia normale, di fare le cose che gli altri ragazzini della mia età facevano, fare gite con i loro genitori. Naturalmente era un atto di ribellione da parte mia, un “grande gesto” e un desiderio di indipendenza. Immedesimarmi con la voglia di indipendenza di Silvia è stata una bella esperienza, (talvolta strana) che mi ha portato a rivivere un passato che forse in qualche modo sto ancora rielaborando.
La differenza principale tra la storia del film e la vita reale è che nella vita reale i miei zii romani erano ad aspettarmi all’arrivo del treno, perché mio padre aveva capito ciò che avevo fatto e li aveva contattati in tempo prima che il treno arrivasse a destinazione, per cui fui immediatamente “acciuffata” dagli zii appena scesi dal treno. E feci una brutta figura con la signora del treno alla quale avevo detto che “i miei genitori erano
molto moderni e mi lasciavano libera di viaggiare da sola”!
La parte del film che non si basa su un’esperienza personale, è la parte in cui Silvia incontra Emina e si ritrova a vivere un’avventura nel suo campo Rom. Infatti volevo esplorare la relazione che può nascere tra due ragazzine di culture diverse, che hanno in comune problemi in famiglia e che in un certo senso rappresentano il “diverso”. Silvia rappresenta il diverso perché fa parte di una famiglia in cui c’è una malattia, che rende comunque diversi. Mentre Emina fa parte di una comunità che è spesso emarginata e considerata diversa.
Il film è nato originariamente come un corto in sceneggiatura, poi l’ho trasformato in un lungometraggio. Ci sono state varie stesure fatte prima da sola ed in seguito insieme a Michael King, il co-sceneggiatore. Io e Michael abbiamo trascorso lunghi periodi all’interno di vari campi Rom di Roma per fare ricerca, durante il periodo delle varie stesure della sceneggiatura.
Come mai l’idea di raccontare parte della storia in un vero campo Rom?
Sandra Vannucchi: Ho insistito fin dall’inizio per girare il film in un vero campo Rom, perché per me era fondamentale avere un risultato di autenticità, che altrimenti non avremmo avuto. Mi era stato ripetutamente suggerito dalla produzione di usare delle roulotte in un campo, perché erano preoccupati dall’idea di filmare in un vero campo Rom, ma mi sono
rifiutata, perché sarebbe venuto fuori un film finto.
Ho lavorato per molti anni con David Chase il creatore e ideatore di “Sopranos” e se c’è una cosa che ho imparato da lui è di rispettare sempre l’autenticità, anche quando si parla di locations. Inoltre avendo trovato la ragazzina Rom per il ruolo di Emina in uno dei campi ho deciso che avremmo filmato lì e che avremmo trovato all’interno di quello stesso campo la maggior parte degli attori Rom, e così è stato.
Parlaci del cast del film: si va dai bravissimi Donatella Finocchiaro e Filippo Nigro alle giovani Lisa Andreozzi ed Emina Amatovic. Come li hai scelti e come hai lavorato con loro per la definizione del personaggio?
Sandra Vannucchi: Donatella Finoccharo era la mia prima scelta, ero rimasta molto colpita dalla sua interpretazione in “Angela” ed ho avuto l’enorme fortuna che lei abbia accettato così generosamente di interpretare il ruolo di Giulia dando un immenso contributo al nostro film. Il ruolo era complesso, abbiamo parlato molto del personaggio e di come avremmo affrontato alcune scene. Non era semplice spingersi nei meandri oscuri di una persona che soffre di depressione ma Donatella è stata molto coraggiosa, si è abbandonata al personaggio e non ha avuto paura di vivere sensazioni di ansia e di sofferenza acuta.
La madre di Silvia, infatti, è sotto cura farmacologica a causa della depressione e Donatella ha dovuto dar voce ad un personaggio che ha affrontato la cura, il cambiamento di farmaci, i periodi di degenza in strutture ospedaliere con diversi livelli di successo. Donatella interpreta il ruolo così bene da non farci neppure pensare quali difficoltà si celino nella recitazione di un tale personaggio.
Filippo Nigro mi è stato suggerito dalla mia casting director, Cristina Raffaeli e, anche in questo caso, sono stata molto fortunata che lui abbia accettato il ruolo e che gli sia piaciuta la sceneggiatura. Non avrebbe potuto esserci una scelta migliore. Infatti, grazie alla sua interpretazione si riescono a vedere tutte le emozioni e l’anima nascosta dietro ad una facciata di padre vecchio stile, nel personaggio di Pietro. Con Filippo abbiamo lavorato molto sull’incapacità del personaggio di esteriorizzare i suoi sentimenti. Come ho detto precedentemente questa è una storia molto personale che ho vissuto da bambina e quindi posso dire che per me è stata un’esperienza molto potente essere dietro la cinepresa con due attori come Donatella e Filippo, che erano così autentici, talmente veritieri nelle loro recitazioni che mi hanno fatto rivivere la mia infanzia.
Lisa Andreozzi è stata scelta durante una selezione di casting a Firenze. Abbiamo visto più di 400 ragazzine sia a Roma che a Firenze e lei si è davvero distinta tra tutte loro. Sapevo di aver bisogno di un’attrice estremamente forte perché doveva portare avanti tutto il film e Lisa, che è estremamente dedita e recita da quando aveva 4 anni, ha dimostrato di esserne più che capace ed ha fatto un lavoro fantastico. Abbiamo lavorato molto sulla sceneggiatura, leggendola insieme, chiarendo tutti i punti del personaggio che le rimanevano più difficili perché diversi dalla sua vita reale. Abbiamo fatto spesso delle prove con diverse improvvisazioni prima del film, anche con Emina.
Per Emina Amatovic, il processo di ricerca è stato diverso, siamo stati noi ad andare da lei e non lei a venire da noi. Quando facevamo ricerca nei campi Rom, tenevo sempre gli occhi aperti per provare a trovare una ragazzina Rom per il ruolo di Emina, ma senza ottenere risultati in quanto nessuno riusciva a convincermi e stavo iniziando a preoccuparmi. Una sera, dopo una lunga giornata di lavoro, andammo a visitare una famiglia in uno dei campi (il campo in cui alla fine abbiamo girato) ed Emina mi colpì: ricordo ancora l’aspetto intenso di quella ragazza in un angolo della stanza. Non ci disse molto quella sera, forse perché era arrabbiata con i suoi genitori, ma non dimenticherò mai i suoi occhi e quel suo sguardo profondo. Capii immediatamente che avrebbe potuto recitare la parte, ma non avevo idea se avrebbe funzionato o meno.
Dopo che lasciammo la famiglia quella sera, chiesi di lei alla persona che ci stava accompagnando nei vari campi. E alla fine abbiamo deciso di fare audizioni al suo campo Rom, le abbiamo fatto un’audizione lì e fortunatamente, per noi ed il film, ha accettato di fare la parte ed abbiamo scoperto che poteva davvero recitare molto bene. Non aveva mai recitato prima, quindi ho dovuto trascorrere molto tempo con lei prima delle riprese, per leggere insieme le sue battute e spiegarle cosa avrei voluto che lei facesse. Abbiamo riscritto insieme alcune delle battute perché si sentisse più a suo agio nel suo ruolo ed è stata un’ottima collaboratrice. Abbiamo fatto varie prove insieme per definire il personaggio, prima di ritrovarsi sul set.
Parliamo un po’ della fase delle riprese. Com’è andata? Ci sono aneddoti che ti va di raccontare?
Sandra Vannucchi: È andata molto bene, avevamo un budget limitato ed abbiamo dovuto girare tutto il film in 21 giorni. La cosa più difficile era provare a girare così velocemente, e imparare a non chiedere di più o essere troppo perfezionista, perché se avessi impiegato troppo tempo per perfezionare alcune scene non ci sarebbe stato modo di girare l’intera sceneggiatura. È stata una sfida, ma avevo una troupe meravigliosa e tutti credevano davvero nel film, c’era un’atmosfera fantastica sul set e tutti hanno fatto un ottimo lavoro. Dirigere i giovani attori a volte è stato difficile, perché ovviamente non erano ancora allo stesso livello degli attori adulti professionisti, ma devo dire che ho apprezzato ogni attimo di questa esperienza, perché i giovani attori sono così freschi e sinceri e vedere la loro onestà mi ha dato un sacco di ispirazione creativa, e mi ha aiutato a superare molte delle sfide che si presentavano.
Ci sono state anche altre difficoltà pratiche, come quella che abbiamo perso una delle nostre location principali, la casa della nostra protagonista, la sera prima delle riprese, quindi sono andata a fare scouting di location quella sera alle 22:00 ed ho scelto una nuova casa. Questo ha creato alcune sfide, per tutti, ma le abbiamo superate, e alla fine questa nuova location si è dimostrata essere migliore di quella originale. Inoltre, abbiamo perso tempo a causa della pioggia (ha piovuto per tre giorni durante le riprese), e ci sono stati altri piccoli inconvenienti, come un orribile nido di vespe che è
stato trovato all’ultimo minuto nel camper in cui stavamo girando. Alcuni giorni prima dell’inizio delle riprese, ho portato le due giovani attrici a pranzo per presentarle, ed entrambe sono venute da me separatamente per esprimere i loro dubbi sull’altra ragazza.
Una di loro mi ha detto: “Quella ragazza non ha detto una parola, non lo so, ha un atteggiamento che non mi piace affatto, ma che modo di comportarsi è?” E l’altra è venuta da me e mi ha detto: “Quella ragazza parla troppo per i miei gusti, non so se posso farcela, quanti giorni dobbiamo lavorare insieme?” Ovviamente ero abbastanza preoccupata per le riprese, perché se Silvia ed Emina non fossero sembrate amiche, almeno sullo schermo, il film sarebbe stato un fallimento. E così, per me la parte più eccitante e soddisfacente delle riprese è stata il momento in cui, dopo aver lavorato con le due ragazze durante le prove, hanno iniziato a lavorare insieme sul set ed un giorno è magicamente scattato il feeling fra di loro.
Stavamo girando dentro al camper, era un caldo pazzesco, e quando ho chiesto loro di rifare una scena un’altra volta, perché non ero soddisfatta, si sono guardate ed hanno entrambe alzato gli occhi al cielo allo stesso tempo, poi si son dette l’un l’altra: “Facciamola altrimenti ci farà restare qui tutto il giorno“. Quindi anche se era quasi una situazione in cui ero io contro di loro ero felice perché sapevo che si erano unite e diventate amiche. È stato un enorme sollievo e una forte soddisfazione! Sono diventate amiche, proprio come nella sceneggiatura. Lo stesso si potrebbe dire per i personaggi di madre e padre: è stato così soddisfacente vedere come hanno lavorato insieme nelle loro scene. Vorrei anche aggiungere che girare nel campo Rom si è rivelata un’esperienza molto eccitante: anche se il tempo per fare il lavoro che dovevamo fare era veramente pochissimo, c’era un’energia meravigliosa e stimolante che mi ha aiutato a trovare modi creativi per fare le riprese.
Non nego che l’ultimo giorno di riprese al campo, quando è arrivato il momento di salutare le persone, molti di noi avevano le lacrime agli occhi. Alcuni componenti della troupe del film erano preoccupati per le riprese in un campo Rom, in particolare alcuni membri della nostra produzione romana che facevano parte della squadra organizzatrice, e quindi quando tutto è andato per il meglio, dopo vari giorni di riprese, penso ci sia stato un vero senso di sollievo, ma anche un vero sentimento di affetto per le persone al campo e, mi sento di affermare, che fosse un sentimento reciproco. Quasi tutti ci hanno aiutato, con uno spirito di cordialità e professionalità tali da rendere l’esperienza decisamente positiva. È stata una situazione davvero unica che penso ci ricorderemo per il resto delle nostre vite. Abbiamo alcune meravigliose foto del backstage e video delle riprese del campo, che sarebbero un piccolo film di per se’.
Il film ha anche un titolo in inglese e ha girato il mondo. Qual è stata il riscontro di pubblico e critica? C’è un complimento che ti è rimasto più nel cuore?
Sandra Vannucchi: Il film che è nato come un film indipendente, ha riscosso molto successo, è stato candidato dall’European Film Academy per il Youth Audience Award, ha ricevuto vari premi tra cui il Premio come Miglior Film Straniero al Woodstock Film Festival di New York e Lisa Andreozzi ha ricevuto una Menzione Speciale per il suo eccezionale debutto alla recitazione. Donatella Finocchiaro ha ricevuto il Premio di Migliore Attrice dalla Federazione Italiana dei Cinema d’Essai, per la sua interpretazione e Filippo Nigro ha ricevuto il premio di Migliore Attore al Minsk International Film Festival.
Il pubblico giovane era molto interessato sia alla vicenda familiare che al personaggio di Emina e molto curioso riguardo alla comunità Rom di cui fa parte. L’entusiasmo del pubblico è stato tanto fino ad adesso, penso grazie alle emozioni che il film evoca e alla sua autenticità e ci auguriamo che continui adesso che sta per uscire nelle sale. Ci sono due complimenti che, devo dire, mi hanno commossa: uno era di una signora che è venuta ad abbracciarmi ringraziandomi dopo il film. Anche lei aveva avuto una
madre che soffriva di depressione e secondo lei il mio film era stupendo, veramente onesto e ha aggiunto che era felicissima di vedersi in qualche modo rappresentata e di vedere come la protagonista del film aveva superato questi momenti difficili.
Un altro è stato un complimento di un signore che mi ha ringraziata perché non solo il film gli era piaciuto tantissimo ma, essendo lui medico di professione ed impegnatissimo, trascurava i figli e grazie al mio film si era reso conto di quanto sia importante il dialogo con i figli e mi disse che da quel momento in poi avrebbe cambiato atteggiamento.
Per concludere parliamo un po’ di te. La fuga è la tua opera prima ed è del 2017. Hai già nuovo progetto nel cassetto? Ti va di parlarcene?
Sandra Vannucchi: Sto ancora lavorando alla mia prossima sceneggiatura, quindi non posso dire molto, ma posso anticipare che è una commedia che affronta con occhio femminile e anche con taglio femminista, il tentativo di trovare l’uomo perfetto.
Ringrazio Sandra Vannucchi per la sua disponibilità e gli faccio, a nome della redazione di Cinemio, un in bocca al lupo per il concorso del Sudestival.
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