Massimo Cappelli, regista e sceneggiatore del film Non c’è 2 senza te, è per tutto il lungometraggio, alla spasmodica ricerca della gag a tutti i costi. La scelta di questa cifra stilistica e narrativa però fa perdere forza comica anche alle trovate più riuscite.
Non c’è 2 senza te
di Daniela Guarnaccia @Percorsi Up Arte
La commedia Non c’è 2 senza te racconta la lunga storia d’amore di Alfonso (Dino Abbrescia) e Moreno (Fabio Troiano) minata da un crescendo di avvenimenti che turbano il bizzarro e simpatico equilibrio della coppia. La prima minaccia arriva da una invadente vicina di casa (Tosca D’Aquino) scontrosa e omofoba e continua con l’ingresso in scena del nipotino di Alfonso, Niccolò (Samuel Troiano), dinanzi al quale i due inscenano un mal riuscito teatrino di eterosessualità. Il colpo di grazia alla relazione arriva poi dall’irrompere nella loro vita della bella Laura (Belen Rodriguez) di cui Moreno inaspettatamente s’innamora.
Commedia o stereotipi?
Tutti i personaggi di questa commedia sono costruiti su stereotipi. Pur di assicurarsi la risata, i protagonisti diventano delle macchiette che esasperano la loro omosessualità rappresentandola attraverso i più ovvi luoghi comuni. Moltissime le occasioni mancate per riscattarsi da questa spessa coltre di superficialità. Ad esempio la difficile condizione di Moreno, che, con l’arrivo di Laura, perde tutte le sue certezze e che deve mettere in discussione la sua intera vita, è mirabilmente elusa per mezzo della totale assenza di introspezione del personaggio.
Stesso discorso vale per il dolore di Alfonso in seguito all’abbandono del compagno, anche in questo caso infatti la rappresentazione dei sentimenti è lontana da una descrizione anche solo vagamente realistica.
Nonostante il supporto dato dall’ottima interpretazione degli attori, i personaggi rimangono vuoti e il film si rivela solo un susseguirsi di gag banali e stantie. Nel finale si può intravedere un accenno di crescita di alcuni dei personaggi: l’omofobia della vicina di casa si svela come un sentimento d’invidia nei confronti della felicità di coppia di Alfonso e Moreno che arriva ad ammetterlo e sorriderne.
Ma tale crescita non è da attribuire ad un percorso pensato per l’evoluzione dei personaggi bensì, al termine del repertorio dei cliché e delle facili battute, c’è una volontà del regista di correre di fretta verso l’ovvio lieto fine.
Un’ ultima considerazione: conoscendo i limiti culturali del nostro Paese rispetto al tema dei diritti civili è realmente utile continuare a stereotipare gli omosessuali e il loro mondo, sociale e culturale, estremizzando ogni tipo di aspetto delle loro vite?
Cappelli afferma che “si deve ridere di certi temi” (coppie di fatto, adozioni da parte di coppie gay e matrimoni omosessuali). Continua dicendo che “è doveroso provare ad affrontare questi temi, illustrarli, al fine di poterci ragionare sopra”.
La realtà però è che in Non c’è 2 senza te non c’è nessuno spunto serio per ragionare su tali temi, dato che la scelta del soggetto è solo un pretesto, non è affatto approfondita e non rappresenta neppure lontanamente una relazione con la vita vera.
Se il 5 febbraio non volete pensare a nulla, disimpegnarvi, sorridere senza ragione davanti alla caricatura forzata degli omosessuali (ammesso che sia divertente), Non c’è 2 senza te è il film giusto.
E’ un peccato perché il regista Massimo Cappelli era stato nostro ospite nella rubrica dei registi emergenti per un suo interessante cortometraggio.