CICLO ALBERTO SORDI-Il vedovo:una manciata di black humour

Il film di  Alberto Sordi “Il vedovo”, è un concentrato di umor nero all’ennesima potenza e c’è anche una strepitosa Franca Valeri…

Sordi superstar

Siamo nel 1959 e Alberto Sordi , alla soglia degli “anta” è un attore consolidato e popolare che ha già interpreto decine di pellicole spesso anche uscite a poca distanza l’una dall’altra, come spesso capitava all’epoca, periodo d’oro del cinema italiano che abbondava in produzioni di qualità diffuse persino all’estero, con successo di critica e di pubblico. Le interpretazioni dell’attore romano ,che sempre  ammiccano neanche tanto velatamente ai numerosi  vizi pubblici e privati dell’italica società ,suscitano da un lato interesse e dall’altro anche scalpore, per le sue sempre più pungenti prese in giro. Ne “Il  vedovo” ,Sordi ,magnificamente diretto da Dino Risi, contemporaneamente ironizza sui cattivi rapporti matrimoniali ,tematica ahimè secolare visto che molti vincoli erano contratti più per convenzione e convenienza piuttosto che per convinzione spinta da un amore sincero,  ma anche sull’Italia del boom economico che aveva  ormai travolto il nostro paese dalle Alpi alle Madonie.

Un uomo “vessato”

Alberto Sordi  in questa pellicola è un imprenditore fallito di origine romana, trasferitosi in Lombardia dopo le nozze. L’uomo campa grazie ai pochi soldi che la moglie meneghina ( una Franca Valeri in gran forma) ,ricca donna d’affari cinica e intelligente, ma poco avvenente e femminile e  che non manca mai di denigrarlo perché conscia delle sue scarse doti imprenditoriali,gli  concede graziosamente più per una forma di egoismo che per affetto o solidarietà. Sordi, circondato da uno sparuto gruppo di “fedelissimi” : lo zio, un tecnico tedesco  fuori di testa e un conte decaduto un po’ sui generis, si convince di essere un uomo di gran talento, che non riesce a raggiungere fama e successo solo perché vessato dalla consorte, ma in realtà l’uomo  è chiaramente  un mediocre,  che riesce a sopravvivere soltanto  perché il vincolo matrimoniale è indissolubile all’epoca della storia e quindi le unioni erano destinate a durare usque mortem per necessità.

Trionfo della mediocritas

La storia è il trionfo della mediocrità che a discapito di quanto affermavano i nostri padri latini, non è affatto aurea. Alberto, pur avendo propositi smisurati  di fama e successo ,di fatto non riesce neanche  a retribuire gli sfortunati  e esigui operai  della sua scalcagnata  ditta di ascensori.Contemporaneamente,  la sua giovane  amante e  la sua stravagante famiglia tutta al femminile ,credono o fingono di credere alle sue affermazioni, perché sperano intimamente che la ragazza possa riuscire in qualche modo ad entrare  nel mondo dello spettacolo, malgrado l’unica dote della suddetta sia esclusivamente quella fisica.Altresì ,lo zio ingenuo e rustico  di Alberto e il timido  conte, sperano anche loro in una rivalsa sociale ,mentre infine,  la moglie ricca e scaltra, è anch’essa una donna  mediocre, poichè se da un lato  si diverte a punzecchiare continuamente  il consorte socialmente e mentalmente a lei inferiore,  di fatto lo ha sposato però ,per conquistare , lei ,bruttina di rango, quello  status di donna coniugata, sicuramente conditio sine qua non per una persona di sesso femminile dell’epoca, anche a causa della legislazione ancora fermamente vincolata al diritto romano e alla supremazia dell’uomo,  malgrado si fosse a metà del XX secolo .

Il delitto imperfetto

Gran parte della pellicola è dedicata alla diabolica  realizzazione di quel progetto delittuoso che avrebbe portato il protagonista a cambiare stato civile, trasformandosi appunto da coniugato a vedovo  . Il film è un crescendo di black humour all’inglese, all’epoca del tutto nuovo in un film commedia italiano. Esito pienamente positivo con grande successo di pubblico e critica, citazioni in pellicole successive anche straniere ,e remake con Fabio De Luigi e Luciana Littizzetto in progress…

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