Non dirò nulla di originale, ma è in qualche modo obbligatorio ricordare anche qui un personaggio che ha segnato la storia del cinema (e non solo italiano) come pochi altri. Dino De Laurentiis, che di vero nome faceva Agostino, era nato a Torre Annunziata e se n’è andato – alla bella età di 91 anni – nella sua villa di Beverly Hills. E già nello scarto fra questi due luoghi… … è contenuto in miniatura un percorso biografico che, effettivamente, sembra a sua volta un film hollywoodiano. De Laurentiis era davvero l’ultimo superstite della generazione epica dei produttori italiani (Ponti, Cristaldi, Bini solo per citare i più noti); ed oltretutto, l’unico produttore a cui sia stato dedicato un libro degno di tale nome: “Dino” di Tullio Kezich ed Alessandra Levantesi (Feltrinelli).
E’ fra le altre cose il produttore – insieme a Carlo Ponti – de “La Grande Guerra” di Monicelli, che oltre ad essere un capolavoro, ha scardinato nel 1959 (dunque parecchio prima della moda pacifista) la retorica patriottarda allora dominante nelle narrazioni belliche. Affidando il ruolo degli eroi ai “due lavativi” Sordi e Gassmann, che quasi senza volerlo diventavano eroi veri, “La Grande Guerra” riusciva ad essere al tempo stesso un ritratto impietoso dei difetti italici ed una celebrazione altissima della nostra dignità nazionale. Andreotti non fu contento, e le associazioni dei reduci di guerra neanche. Ma il film ebbe un successo enorme. E certo che ce n’è voluto di coraggio per finanziare una sfida del genere, e questo la dice lunga sulla pasta di cui erano fatti De Laurentiis e Ponti: grandi personalità ai limiti dell’autoritarismo, ma in compenso capaci di fregarsene di convenzioni e poteri forti. Sempre guidati, è bene chiarirlo, da un insuperabile intuito per gli affari.
Se mi è consentito un pistolotto nostalgico, il fatto è che De Laurentiis appartiene ad un’era in cui era possibile avere un intuito – anche commerciale – che prevalesse sulle semplici indagini di mercato ed i focus group, insomma in qualche modo era possibile che l’uomo contraddicesse i diagrammi ed avesse ragione. Naturalmente c’erano anche i lati negativi di una personalità così ingombrante: avere un film prodotto da De Laurentiis significava che era lui (e non il regista) a stabilire la forma e la lunghezza del film. Potevi anche chiamarti Vittorio De Sica, ma dovevi inchinarti alle sue decisioni.
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