La scena è agghiacciante. Siamo a bordo di un aereo militare, da cui partono delle raffiche di artiglieria. Davanti alla telecamera, il pilota a bordo commenta soddisfatto: “E’ quando riusciamo a stanarli dai loro buchi che possiamo veramente colpirli. E’ formidabile beccarli allo scoperto. Non capita certo tutti i giorni!”.
Non è Apocalypse Now, ma uno degli incredibili filmati raccolti nel documentario “Le fond de l’air est rouge”…
… di Chris Marker (1977): un collage di testimonianze che compongono un quadro, assai drammatico, di quel periodo passato alla storia come “La Contestazione”. Quel volgere di anni in cui, specie tra il 1966 ed il 1969, si accavallarono la guerra del Vietnam (dove era stato ripreso il pilota di cui sopra), l’esplosione dei movimenti giovanili in Europa e negli Usa, la rivoluzione a Cuba, Che Guevara, la Primavera di Praga, la Cina di Mao, e più in generale un’ansia di rivoluzione. Per chi come me è cresciuto negli anni Ottanta, questi eventi sono un ricordo molto indiretto – non essendo stati vissuti in prima persona (perché si erano già conclusi) né studiati a scuola (perché erano ancora troppo recenti).
E devo dire che l’impatto di questo documentario è davvero notevole. Non so nemmeno se chiamarlo “documentario”, per la verità, visto che è un’opera abbastanza a sé: nessun intervento del regista, nemmeno la voce fuori campo, in “Le fond de l’air est rouge” ci sono soltanto immagini e voci che oggi sembrano lontanissime. Spettri di un’epoca di grandi ideali, certo, ma purtroppo anche molte altre cose: guerre, violenze, estremismi, politicizzazione talmente esasperata da calpestare lo stesso valore della vita umana.
Probabilmente se il documentario dà questa impressione, ciò è dovuto anche al fatto che il regista stesso nel 1993 l’ha riveduto e corretto (evidentemente alla luce di quanto avvenuto nel frattempo, con la fine della guerra fredda).
Ora “Le fond de l’air est rouge” è stato trasmesso qualche notte fa, su Raitre nell’ambito di Fuori Orario, ed avrei veramente voluto segnalarvelo prima: purtroppo non conoscevo nulla quest’opera né il suo autore, che a dispetto del nome era francese (infatti è lo pseudonimo di Christian François Bouche-Villeneuve). Se vi capita di recuperarlo, merita senz’altro la visione. Magari però un po’ alla volta, perché non è fra i più leggeri e dura tre belle ore piene.
La scena cui accennavo all’inizio si può vedere (in lingua originale) su Youtube.