Oggi vi presento la recensione in anteprima del film Che fine ha fatto Osama Bin Laden? che sarà nelle nostre sale da domani. A vederlo e recensirlo è Chiara Ricci una nostra fan e collaboratrice, almeno per ora, occasionale.
Che fine ha fatto Osama Bin Laden?
In questa frase, che ognuno di noi si sarà posto almeno una volta dopo l’attacco alle Twin Towers dell’11 settembre 2001, è racchiuso il senso e la trama del film – documentario di Morgan Spurlock.
Tutto ha inizio quando Morgan scopre che sta per diventare padre. Assieme alla gioia per il lieto evento non mancano le preoccupazioni. È spaventato e preoccupato per i pericoli che il nascituro, un giorno, dovrà inevitabilmente affrontare. Su tutti, però, ce n’è uno che incombe: Osama Bin Laden!
Morgan è deciso a scovare il rifugio del terrorista più minaccioso al mondo, un’impresa ancora mai riuscita a nessuno. Così, lascia la sua compagna e parte per il suo viaggio. Lascia New York e arriva ad attraversare l’Egitto, il Marocco, la Palestina, Israele, l’Afghanistan, l’Arabia Saudita.
Si ritrova accanto ai soldati americani e li affianca nelle esercitazioni, e prendendone parte lo si vede sparare con la mitraglia e con un lanciarazzi. Le tracce sembrano portarlo molto vicino al suo uomo per poi decidere di tornare indietro perché rischiare troppo non ne vale la pena per ciò che lo aspetta a casa.
Il viaggio di Spurlock
Ma il suo viaggio non è stato invano. Si può, anzi, affermare con certezza che questa lunga impresa (quasi epica) abbia un duplice senso: da una parte c’è, appunto, la dichiarata caccia all’uomo e quindi la volontà di sradicare dalla faccia della terra il pericolo e ristabilire un certo equilibrio – seppur questo sembri un’utopia – e dall’altra c’è un viaggio per andare a incontrare persone che a detta di tutti dovremmo temere,e che invece, spesso, anche se a lui lontane per usi, tradizioni, cultura, religione, si rivelano tolleranti, democratiche, ospitali più di quanto si possa immaginare, e meno pericolose di quanto ci è stato abituato credere.
Questo di Spurlock è un film da non sottovalutare né per il suo contenuto informativo – divulgativo – documentario né per la sua struttura. Riesce ad affrontare un tema storico così attuale, che viviamo e con cui ci scontriamo quotidianamente e lo fa con molta semplicità, inventiva, e leggerezza, senza mai prendere una nota stonata. Interessante, ad esempio, è la trovata di impostare il film come fosse un video game e ogni suo tentativo di avvicinarsi a Bin Laden diviene un round, una sorta di livello successivo.
Ed è un’idea geniale che lo stesso Bin Laden e lo stesso regista fisicamente divengano personaggi di video game sino a mostrarne un incontro all’ultimo sangue. E con la stessa comicità (amara) presenta, come fossero figurine di una squadra di baseball, gli altri uomini più pericolosi al mondo, coloro che hanno contribuito alla nascita di Al Qaeda.
Perchè vederlo
Credo sia questo il punto forte dell’opera di Morgan Spurlock: trattare un simile, e controverso, argomento, con fare pacato, con giovialità, rivolgendo sempre uno sguardo alla sua vita e al ruolo di padre che sta per assumere. E al termine del film non nasce una sola vita, bensì due: quella fisica – del bimbo – e quella morale, ovvero della consapevolezza che è impossibile ritrovare la Verità assoluta, ma nulla può fermarci dal provare, per quanto è possibile, con le nostre forze, a creare per i nostri figli un mondo di pace.
A nome di cinemio ringrazio Chiara per la sua interessante recensione, sperando di averla presto di nuovo tra i nostri collaboratori.