Quando il cinema si fa poetico: Bright Star

Pura poesia. Le immagini si mescolano alle parole per un connubio perfetto: nasce così una fulgida stella, Bright Star, l’ultimo lavoro della regista Jane Campion che rende omaggio al grande poeta John Keats.

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Jane Campion in questo film rasenta la maniacalità, esaltando la bellezza: ogni dettaglio, dall’ondeggiare delle vesti al movimento delle mani, è reso sublime dalla macchina da presa che si muove omaggiando la poesia della narrazione

La trama

Il film racconta la vita di John Keats, il celeberrimo poeta inglese che morì prematuramente a causa della tubercolosi. La sua esistenza è stata segnata dal folle amore per Fanny Brownie, la sua “bright star”, che rinunciò a tutto per lui e restò al suo fianco nonostante le avversità, nonostante le convenzioni sociali del tempo (siamo nel 1818). Jane Campion scandaglia il sentimento travolgente e dimostra come l’amore sia fonte di vita, di ispirazione e, in alcuni casi, sia talmente forte da far pensare alla morte.

Il film

La regista affida le sorti del suo lavoro a due attori pressoché emergenti, Ben Wishaw e Abbie Cornish: il primo aveva guà vestito i panni di Jean-Baptiste Grenouille in “Profumo. Storia di un assassino“, mentre la seconda la si ricorderà nella parte della cuginetta di Russell Crowe in “Un’ottima annata“. In Bright Star i due attori sono perfetti: lei, una sarta che scopre l’amore per la poesia insieme all’amore devastante per il poeta, lui che non può resistere un attimo senza vederla, sua musa ispiratrice e suo unico, grande, fatale amore.

Bright Star non si limita a raccontare la vita e la storia d’amore contrastata di un uomo e di una donna; il film è pervaso totalmente dalla poesia: la troviamo preponderante nei dialoghi, nei gesti, nelle immagini.

Mi ero ripromessa di vederlo; direi che ne è proprio valsa la pena.

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