Un omaggio ai tanti caduti durante la Prima Guerra Mondiale che dal 1914 al 1918 ha mietuto milioni di morti. Questo è Torneranno i prati, l’ultimo lavoro del maestro Ermanno Olmi, chiamato da Rai Cinema a rinverdire la memoria storica dei più, in occasione dei cento anni dall’inizio di questa sciagurata pagina delle nostra storia. E, a detta del regista stesso, non c’è stata nessuna titubanza alla richiesta.
Torneranno i prati
Il film è ambientato nell’altopiano dei sette comuni, ad Asiago (VI), a 1800 metri di altezza. Tutto ciò che viene narrato e rievocato è, purtroppo, realmente accaduto. Ci troviamo sul fronte Nord-Est, subito dopo gli ultimi cruenti scontri del 1917 su quegli stessi altipiani. Gran parte del racconto è ambientato in una trincea sepolta dalla neve. E quanta neve. Metri e metri di manto nevoso che hanno infossato non solo la trincea ma tutto il resto del paesaggio, ormai diventato un tappeto bianco. Da questo spartano rifugio, seguiremo le vicende di un gruppo di soldati, qui tagliati dal mondo ed isolati. E le tribolazioni a cui saranno vessati, come l’insostenibile freddo e le malattie, li decimeranno sempre più. A guidare la truppa ci sarà il maggiore interpretato da Claudio Santamaria. Con lui i giovanissimi Alessandro Sperduti, nei panni del tenentino, e Francesco Formichetti, in quelli del capitano.
I colori della pellicola (perché proprio della classica pellicola Kodak qui si tratta, scelta a discapito del digitale affinché possa rimanere tangibile e più longevo l’eccellente lavoro fatto) rispecchiano proprio l’anima del film. La correzione usata ha tolto tutta la vivacità delle tinte, a volte sembra che le scene siano in bianco e nero per quanto siano stati resi così freddi i colori. Proprio come il paesaggio in cui ci troviamo, un ambiente arido e gelido. Ma ciò che più gela gli animi non è l’evidente condizione climatica avversa ma il gelo che si respira nella trincea. Un funereo silenzio interrotto solamente dalle esplosioni dei cannoni nemici. La lucidità dei soldati messa a dura prova in un contesto così alienante, tanto per alcuni da implorare la morte.
Un lavoro estremamente didattico, forse un po’ prosaico, di indubbia utilità per tutti ma soprattutto per le giovani generazioni, coloro che saranno il nostro futuro. Perché tutti devono sapere e ricordare ciò che è successo allora, a quali danni può portare un’umanità (che di umano avrebbe ben poco) sconsiderata e accecata dalla smania del potere. Affinché ciò non si debba ripetere più. Illuminanti le parole di Olmi in merito. “Quando mi è stato chiesto di realizzare il film il pensiero è andato subito a mio padre e alla sua vita di soldato durante la Guerra del ’15-’18. Al tempo avevo dei suoi racconti una percezione “da bambino”. Ma poi ho pensato che il compito da assolvere fosse quello di raccontare il grande tradimento fatto nei confronti di quelle persone che sono morte e non hanno mai saputo perché. A loro bisognerebbe chiedere scusa. I loro veri nemici non erano nella trincea di fronte a loro, ma in chi ha perseguito sempre la stessa logica: il potere e la ricchezza sempre per pochi. Come diceva Camus, se vuoi che un pensiero cambi il mondo prima devi cambiare te stesso.”
Il 4 Novembre Torneranno i prati”è stato proiettato in circa cento paesi, per una proiezione organizzata con Ambasciate, Consolati e Istituti di Cultura italiani all’estero. Una campagna unica nel suo genere, che abbraccerà il mondo intero. Proprio come la grande guerra. Il film è dedicato al padre, soldato proprio come i protagonisti di questa storia.
Meravigliosa pagina di storia vera e crudele riguardo il comportamento patriottico delle nostre aristocrazie risorgimentali.
Grazie mille per il tuo commento Antonio! Aspettiamo la risposta dell’autore della recensione 🙂