La Grande Bellezza: Director’s Cut

In un momento così ‘caldo’ per Roma e appena in tempo per la festa dei Santi Patroni Pietro e Paolo, torna nelle sale per soli tre giorni La Grande Bellezza, il film che ha donato a Paolo Sorrentino il Premio Oscar accanto al suo attore-feticcio Toni Servillo: grazie a Indigo Film, Medusa Film e Nexo Digital, torna in sala il 27-28-29 Giugno.

La grande bellezza versione integrale

La grande bellezza versione integrale

La grande bellezza: angoli nascosti

Era il Maggio 2013, il film riscuoteva un discreto successo nelle sale e iniziò a far discutere come pochi altri film italiani degli ultimi anni. Era il risultato di un Sorrentino diverso dai precedenti film, come L’uomo in più (2001) o il quasi documentaristico Il divo (2008). Un Sorrentino che compone un’estetica elegante e classica, lontana dal pulp ingrigito che dava ritmo a Le conseguenze dell’amore (2004). La maschera raccontata da Toni Servillo, quella di Jep Gambardella, diventa l’archetipo che racconta il vuoto prodotto dal vivere in una società decadente, aggrappata ad ideali vuoti, in una metropoli come la Capitale, frenetica e notturna, claustrofobica quanto meravigliosa e ricca di mistero.

Jep fugge all’amore e per questo si perde indossando una maschera a cui scoprirà di non appartenere. Sorrentino lo identifica come spettro di un regista che deve forse ricercare l’essenza del suo essere e del raccontare e compone, grazie anche alla fotografia di Luca Bigazzi, un gioiello visivo grammaticalmente vicino alle opere americane ma intriso di maschere e personaggi assolutamente nostrani e quotidiani, seppur racchiusi in una società altoborghese che spesso può apparir difficile alla visione di un pubblico eterogeneo.

La grande bellezza

Una scena del film La grande bellezza

La Grande Bellezza è di certo un film ‘intellettuale’, corroso di un silenzioso respiro di riflessione e autocelebrazione che non cerca la comprensione perché esso stesso è strumento di ricerca. Sorrentino, che ha curato anche il soggetto, compone un’opera sul vuoto dell’anima, a tratti grottesca, a tratti intrisa di humour o riflessione, attuale quanto a-temporale proprio perché non racconta (solo) di Roma quanto di Noi, stereotipando ed esasperando le marionette che dirige ma mantenendo salda l’idea, anche nelle scene più lente e dilatate, di giungere sempre e comunque ad una conclusione: il tempo è inesorabile e le scelte che facciamo (o non facciamo) condizioneranno per sempre la nostra vita, il nostro essere e il nostro percorso passato, presente e futuro.

Estesa

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In questa preziosissima versione estesa di trenta minuti (172 minuti complessivi) riusciamo a prendere un respiro maggiore sin dal prologo: tutti i personaggi di contorno a Jep adesso sono raccontati attraverso un arco narrativo che nella versione precedente appariva incompleto e che qui dà loro uno spessore ed un’esemplificazione ad un pubblico ampio ben maggiore rispetto a prima.

I cammei poi di Giulio Brogi nei panni di un vecchio regista e Fiammetta Baralla (morta nel 2013) nei panni di una (bucolica) madre di Sabrina Ferilli, ci dimostrano quanto elementare sia nei dialoghi e nei temi una storia che il regista ha poi voluto rendere ‘contorta’ nella grammatica e nella drammaturgia, soggettiva visione e scelta che può poi piacere o meno ma che è apprezzabile, al di là dell’Oscar o dei Golden Globe, perché riesce ad essere un omaggio ai film e registi che l’hanno resa possibile quanto al pubblico che rappresenta: ognuno di noi.

Trailer della versione estesa:

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