“Four Lions”, si ride con il terrorismo

Diamo il benvenuto, con questo articolo, ad uno special guest della redazione. Lui si chiama Lucio Di Gianni ed è regista, sceneggiatore e cinefilo. Per cinemio è andato a vedere in anteprima il film Four Lions, da venerdì al cinema. Ecco cosa ne pensa.

a cura di Lucio Di Gianni

Four Lions

Certo, «ridere è meglio che uccidere», come sostengono i promoter di Four Lions: e poiché la risata è la conseguenza indotta di precisi meccanismi tecnici e questi vengono spesso ben allestiti dagli sceneggiatori del film, capita che nel corso della visione effettivamente si rida

Salvo poi, in un barlume di autocoscienza, mentre ancora le labbra sono inarcate al sorriso, trovarsi a pensare: un momento, signori, io sto ridendo perché l’icona di un essere umano (non importa se cristiano, musulmano o finanche fondamentalista… non importa se consapevole delle proprie azioni, fanatico o peggio ancora credulone e privo di senso critico) è saltata in aria e di lui non è rimasta che una nuvola di fumo o un numero imprecisato di brandelli ammucchiati in una busta di plastica…

Il regista Chris Morris sul set

Ecco, capita che ci si trovi immersi in tali considerazioni e anche che ci si vergogni di quel momento di divertimento appena vissuto… e subito dopo ci si domandi: ma è veramente lecito – e soprattutto eticamente inappuntabile – ridere proprio di tutto? Si può ridere, ad esempio, di un videomessaggio del terrore solo perché il protagonista imbraccia una piccola arma «vera imitazione» di un kalashnikov, se poi quell’immagine rimanda alle urla disperate di Nicolas Berg mentre veniva sgozzato?

Venendo finalmente al film in sé, non sull’impianto comico/narrativo, peraltro abbastanza lento e ripetitivo nella prima parte, val la pena di meditare, quanto appunto sulla tematica scelta. Nella quale passa in secondo piano il fatto che i quattro protagonisti, cittadini inglesi ma dei quali almeno tre dai chiari tratti somatici arabi, siano sciocchi e imbranati. Per gioco, stoltezza o ideologia, essi vogliono diventare dei combattenti e aderire allo jihadismo.

Il corvo kamikaze

Dopo varie peripezie, che non escludono un imbarazzante periodo di addestramento in Pakistan, decidono di ordire un attentato kamikaze sul territorio britannico, dove nemmeno le forze preposte all’ordine e alla sicurezza ci fanno una gran bella figura. Il tutto all’insegna del buonumore, ovviamente.

«Nel mondo del terrorismo esistono molti lati comici da analizzare» – sostengono gli sceneggiatori del film. Mi permetterei di suggerir loro che è nell’essere umano universalmente inteso che esistono molti lati comici da analizzare; nel terrorismo c’è solo la morte indiscriminata di innocenti, che di comico ha ben poco da offrire.

L’autore dell’articolo

Lucio Di Gianni è nato a Foggia, dove ha mosso i primi passi in ambito documentaristico, pubblicitario e radiotelevisivo, e vive a Roma dal ’95. Collabora con Rai e Mediaset in qualità di autore e regista, con un occhio sempre puntato al cinema, la sua grande passione.

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